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Spazio Utim - Voucher in cambio di diritti: illegittimo baratto

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Da alcuni mesi la Regione sta informando le famiglie piemontesi sul cosiddetto «voucher per l'assistenza» (Dgr 5 luglio 2022, n. 1-5307).

Si tratta di un contributo economico di 600 euro al mese, finanziato con risorse del "Fondo sociale europeo". Un fondo limitato a totali 90 milioni di euro per le persone anziane malate croniche o persone con disabilità, non autosufficienti. La metà di questi Fondi è destinata alla domiciliarità e l'altra metà alla residenzialità ed erogati in base all'ISEE. La domanda si potrà presentare nel 2023 tramite la piattaforma "Scelta sociale" (www.piemontetu.it).

Peccato però che il contributo economico sostituisca prestazioni che di diritto le persone succitate dovrebbero ricevere dalle Asl, come ad esempio la quota sanitaria per il ricovero in Rsa.

La Regione da un lato nega la quota sanitaria a migliaia di anziani malati cronici non autosufficienti che hanno necessità di ricovero in Rsa (1.500 euro al mese, a tempo indefinito), dall'altro eroga l'elemosina dei fondi sociali (600 euro al mese, per due anni) in base all'Isee (quindi a pochi di coloro che sono in lista di attesa).

Siamo al paradosso: la Regione "si fa bella" con un'erogazione discrezionale e non tutelante per i malati, negando la quota sanitaria ovvero un diritto esigibile in base alla legge 833/1978 e ai Lea.

Un illegittimo baratto sulla pelle dei malati non autosufficienti, declassati da utenti del Servizio sanitario a «casi sociali», peraltro con valutazione economica ISEE che nulla ha a che fare con la condizione di bisogno sanitario.

Il voucher è però destinato anche per il domicilio (metà delle risorse del fondo). In questo caso potrebbe essere un aiuto interessante alle famiglie, vista la penuria di prestazioni in questo ambito di cura. Purtuttavia è vero che dal 2010 la Regione Piemonte si è dotata di una valida legge sulle cure domiciliari per i malati non autosufficienti (la legge 10). Essa consentirebbe una presa in carico sanitaria del malato a casa, riconoscendo le sue esigenze globali di cura, anche quelle assicurate da personale informale (badanti) o dai famigliari, ma all'interno della presa in carico dell'Asl. Purtroppo manca l'approvazione di un regolamento attuativo. Per farlo servirebbe una volontà politica di rispondere veramente alle esigenze di migliaia di malati non autosufficienti che, laddove possibile, preferirebbero essere curati a casa.

E i soldi per farlo, come hanno dimostrato i due anni di pandemia appena trascorsi…nonché la corsa agli armamenti, si potrebbero trovare, facendo anche pressione su Parlamento e Governo.

UTIM Nichelino