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Bibbia per tutti - Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo

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Dopo la morte di Gesù “Giuseppe d'Arimatèa, che era suo discepolo, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodemo…

E portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di aloe. Essi presero il corpo di Gesù, lo avvolsero con teli insieme agli aromi… Vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo… Là dunque deposero Gesù” (Gv. 19,38-42).

Tutti e quattro i vangeli canonici parlano di questo Giuseppe e del suo sepolcro, ma solo Giovanni menziona la presenza del rabbi Nicodemo e della sua miscela di profumi funebri. Giuseppe era di Arimatea, cioè Rimatim, la patria del profeta Samuele; oggi è conosciuta come Ramalla, città in territorio Palestinese. Matteo nel suo vangelo ricorda che era un uomo “molto ricco” e seppellisce Gesù “nel suo sepolcro nuovo che si era fatto scavare nella roccia, poi rotolata una grande pietra all’entrata se ne andò”.

Il vangelo di Marco annota: “Giuseppe, membro autorevole del sinedrio, con coraggio andò da Pilato”. Lo stesso scrive Luca che lo descrive “buono e giusto, membro del sinedrio, ma non aveva aderito alla decisione degli altri”. Il vangelo apocrifo di Pietro (circa del 150 d.C.) afferma che Giuseppe era un ricco commerciante che viveva a Gerusalemme, aveva molti terreni ed era un grande amico di Pilato. Il Sinedrio (in ebraico Sanhedrin significa consesso-assemblea) era incaricato di dirimere questioni religiose e giudiziarie del popolo ebraico. L’assemblea si teneva di giorno all’interno del Tempio di Gerusalemme nella “sala della pietra tagliata”. Il Sinedrio era composto dal Sommo Sacerdote che lo presiedeva (era eletto ogni anno, Caifa sarà eletto 18 volte) e da 70 membri divisi in tre gruppi:

a) ex sommi sacerdoti, leviti di alto rango, comandanti della polizia del tempio;

b) anziani dell’aristocrazia laica, commercianti e proprietari terreni ricchi (il nostro Giuseppe era di questo gruppo);

c) scribi e rabbi, il gruppo più piccolo, ma formato da esperti della Torah e del libro sacro (come Gamaliele, il maestro di Paolo, e come Nicodemo).

Il testo apocrifo “Narrazione di Giuseppe d’Arimatea” racconta: “poiché avevo chiesto il corpo di Gesù, gli ebrei si adirarono con me e mi rinchiusero in una prigione la sera del sabato. Ma alla sera del primo giorno della settimana Gesù venne da me in prigione… si accese una luce abbagliante, la casa sembrò sollevata dalle fondamenta, si aprì così un passaggio ed io uscii”.

Le leggende cristiane dicono che fu Giuseppe a raccogliere in un calice il sangue che usciva dal costato di Gesù e a tenerlo nascosto, il santo Gral, e che sarà missionario con la Maddalena in Spagna, Francia e Inghilterra, i luoghi poi della ricerca templare del Gral dal Parsifal a Dan Brown.

UN COLLOQUIO NOTTURNO

Insieme a lui troviamo Nicodemo (il nome significa “vincitore del popolo”); nel vangelo di Giovanni apprezza Gesù come rabbi ed ha con lui una conversazione biblica notturna come si usa in Israele nelle scuole della Torah. Al capitolo 7 del vangelo di Giovanni troviamo Nicodemo che difende Gesù salvandolo in quell’occasione dall’arresto. La leggenda dice che fosse nipote di rabbi Gamaliele e inoltre che fosse stato battezzato da Pietro e Giovanni e avesse seppellito il primo martire Stefano. A suo nome c’è un vangelo apocrifo del quinto secolo d.C. che racconta la discesa di Gesù agli inferi e varie apparizioni dopo la resurrezione.

Ma torniamo a questi due ricchi giudei, appartenenti al Sinedrio, che prendono il corpo di Gesù e lo portano al sepolcro nuovo: sono andati da Pilato e si sono contaminati, perché entrano nella casa di uno straniero; toccano, trasportano e ungono un cadavere e si rendono immondi pochi minuti prima del sabato di Pasqua.

Ora i due prendono Gesù sul serio e lo pongono al centro della loro vita. Abbandonano i privilegi (sono del Sinedrio) e si fanno servi; lasciano le certezze, la Torah di Mosè per accogliere la parola di Gesù. Spartiscono le proprie ricchezze: la propria tomba vuota l’uno, trenta chili di unguento l’altro. Trecento grammi di profumi di questo tipo equivalevano ad un anno di vita lavorativa, un anno di stipendio di un servo, trenta chili a cento anni di lavoro (… neanche la Fornero è arrivata a tanto!) Lavano il corpo di Gesù come lui la sera precedente aveva lavato i piedi agli apostoli, l’esempio di come deve comportarsi un vero discepolo verso i fratelli. Gesù aveva detto “quando sarò innalzato attirerò tutti a me”; i primi ad essere attratti dal Cristo sono questi due, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, che subito dopo la sua morte cominciano a vivere come suoi discepoli, presi da Colui che hanno preso. “Essi presero il corpo di Gesù” (Gv. 19,40)

Buona Bibbia a tutti!

Enrico de Leon