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Dom, Dic
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Testimoni della Fede - Alcide Lazzeri

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Alcide Lazzeri nasce a Chitignano nel 1887, non ancora quindicenne sente forte la chiamata alla vita consacrata

ed entra nel convento dei frati minori di La Verna, a 23 anni è ordinato sacerdote. Cappellano nella grande guerra è segnato nel profondo dagli orrori di quel conflitto.  

Don Alcide vuol impegnare ancor di più la propria vita tra la gente e chiede di passare al clero secolare. E’ nominato parroco di Modine, quindi Pozzo della Chiana Salutio, Ponticino e Civitella in Val di Chiana. Lo spirito francescano, acquisito nel monastero, lo ha visto impegnato nella difesa della pace, la fraternità e il rispetto fra gli uomini. Era il 29 giugno 1944 solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo e don Alcide aveva da poco concluso la celebrazione eucaristica delle 7. Rimessi i paramenti sacri era tornato in chiesa per la preghiera del rosario, quando entrarono in chiesa i soldati tedeschi intimando a tutti di uscire. Don Lazzeri aveva capito: era in corso un rastrellamento come rappresaglia dell’uccisione di tre soldati ad opera dei partigiani. I nazisti costrinsero i fedeli ad uscire a gruppi di cinque con in testa il loro sacerdote che insistentemente chiedeva pagare lui il prezzo della rappresaglia e di lasciare liberi i prigionieri. Resosi conto che  quei cuori duri non albergava un briciolo di pietà impartì a tutti l’assoluzione generale e fu la prima vittima. Una carneficina: la divisione Hermann Göring in ritirata uccise 244 persone. L’odio dei nazisti non risparmiò neanche le sacre particole. Aperto il tabernacolo furono gettate a terra e calpestate, come la corona del rosario del seminarista Giuseppe Pasqui anch’egli fucilato. Sono passati oltre 75 anni da quei tragici fatti che coinvolsero altre tre comunità nell’eccidio. Il sacerdote è ricordato come un martire e la chiesa locale ha raccolto la documentazione per iniziare la causa di canonizzazione;  il vescovo Riccardo Fontana, proprio nella chiesa che fu teatro del genocidio, ha aperto il processo super martyrio in ordine alla beatificazione di don Alcide con la costituzione degli officiali dell’inchiesta. Tra i primi a deporre la testimonianza è stato il vescovo emerito di Fiesole che nacque in Civitella epicentro dell’eccidio, il 26 luglio 1934. Ricorda: “Ancora sogno quel che accadde. La sofferenza è sempre la stessa. Ci siamo salvati perché la mamma era a messa, mi prese per mano e fuggimmo nell’orto della canonica. Usciti abbiamo visto i primi cadaveri in strada, ci siamo nascosti dietro le mura che circondano Civitella, nella macchia. Dietro a noi, grida, fischio di proiettili e morte, ricorda il vescovo Luciano. Devo la mia  vocazione sacerdotale a lui. Si dice che il sangue dei martiri porti frutti: ecco, il mio ministero, prima presbiterale poi episcopale, è uno dei frutti della santità eroica del mio arciprete, don Alcide Lazzeri che, che offrì se stesso per salvare la comunità che gli era stata affidata”.

Tra i partecipanti alla cerimonia del processo di beatificazione è intervenuto anche l’ambasciatore della repubblica federale di Germania in Italia, Viktor Elbling: “dopo la terribile strage nazista del 29 giugno 1944, mi inchino davanti alle vittime e ringrazio con profonda commozione i cittadini di Civitella per non aver scelto la strada dell’odio e dell’amarezza, ma quella della riconciliazione, con lo sguardo rivolto al futuro. L’esempio di don Lazzeri ci insegna anche questo”.

Il sangue di questi martiri riscatta molti peccati della Chiesa di ieri e di oggi.   

Magù