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Dom, Dic
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Testimoni - E' sempre Natale all'ospedale di Betlemme

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“L’albero lo abbiamo abbellito con le scatole di antibiotici ritagliate e colorate dai bambini.

Palline di cotone e ovatta per fiocchi di neve. Facciamo festa riciclando quello che c’è”. Lo racconta così il Natale del Caritas Baby Hospital (CBH) di Betlemme, suor Lucia Corradin, francescana elisabettina, dirigente infermieristica presso il CBH, con alle spalle oltre 18 anni trascorsi al servizio dell’unico ospedale pediatrico della Cisgiordania.

Era il Natale del 1952 quando un prete svizzero, di nome Ernst Schnydrig, in visita ai campi profughi di Betlemme  vide, mentre andava a messa nella basilica della Natività, un povero padre seppellire il proprio figlio morto per mancanza di cure. In quel momento nacque il Caritas Baby Hospital.   Da allora decine di migliaia di bambini, di ogni provenienza e religione, sono stati curati nell’ospedale che è gestito dall’associazione svizzera senza scopo di lucro “Aiuto Bambini Betlemme”. Le due stanze prese in affitto da padre Schnydrig si sono trasformate in un nosocomio con oltre 70 posti letto per il ricovero dei piccoli pazienti. La promessa di padre Schnydrig, “noi ci siamo”. Continua suor Lucia: “il Natale a Betlemme si festeggia ogni giorno nelle culle del Charitas Baby Hospital, una ‘grotta sempre aperta nel cuore della Palestina’ perché la vita ha tutto il diritto di esistere! La festa e la gioia devono essere per tutti. Anche adesso con la pandemia”. Abbiamo reso calde le culle per ogni bambino che ne ha avuto bisogno. La culla è una casa che accoglie, scalda, fa crescere, accudisce”.

È una grotta moderna come potrebbe esserlo un’incubatrice, un letto, una stanza dove accogliere la vita nascente o curarla, per un Natale che dura 365 giorni.  “Ho avuto il privilegio di vivere a Betlemme e di prendermi cura di tanti bambini -  racconta la religiosa - In questi anni la presenza di Gesù è stata palpabile, visibile nei loro volti, in quelli delle loro famiglie che, come accadde per Giuseppe e Maria più di 2000 anni fa, qui hanno bussato per chiedere cure, accoglienza e conforto.  Ho visto bambini lottare in modo incredibile contro patologie tremende e che ce l’hanno fatta ed oggi vivono. Una lotta che mostra la grande voglia di vivere, di non arrendersi. Questi bambini mi hanno insegnato cosa vuole dire avere passione per la vita. Stare con fede nella sofferenza la fa diventare leggera”.

Lottare per vivere, ma anche per essere liberi. “Il Natale è una esperienza di rinascita e di liberazione.  Il messaggio è sempre lo stesso: allora come oggi non possiamo ‘catturare’ Gesù.  I segni della povertà e della sottomissione di ieri e di oggi svaniscono davanti al messaggio di liberazione del Natale. Non c’è dominatore che possa toccare, rapire l’anima di ogni creatura. L’oppressione è una realtà visibile, l’onnipotenza di Gesù invece non lo è, perché vissuta nella confidenza in Dio. Non siamo soli con Dio!”

Marcello Aguzzi