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Dom, Dic
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- Bibbia per tutti - Libro di Giuditta (3) - La vittoria del debole sul forte

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Israele è assediato da 34 giorni dall’esercito di Nabucodonosor che ha occupato le sorgenti d’acqua e le vie di rifornimento.

Fame e sete debilitano i giudei; il consiglio degli anziani decide di arrendersi se non interverrà Dio o qualcosa di nuovo a salvarli. Ed è in questo momento che entra in azione Giuditta, una bellissima giovane vedova che, dopo aver pregato a lungo il Dio d’Israele “si alzò da terra, chiamò la sua ancella e discese dal suo appartamento… depose le sue vesti vedovili, unse con un unguento il suo corpo, spartì i capelli e vi pose un diadema, indossò gli abiti da festa, si ricoprì di gioielli… rendendosi molto avvenente tanto da sedurre gli uomini. Prese un otre di vino, olio” e qualche vettovaglia ed usci dalla città.

Poco dopo viene fermata dalle sentinelle assire che la interrogano. Giuditta allora risponde: “sono ebrea e fuggo da loro, perché stanno per consegnarsi a voi. Voglio recarmi alla presenza di Oloferne, vostro comandante, voglio indicargli la via per la quale potrà passare e conquistare senza perdere alcuno dei suoi uomini”.

Subito Giuditta viene portata nella tenda di Oloferne e “tutti rimasero stupiti dalla bellezza del suo volto”. Il comandante assiro ascolta Giuditta; rimane colpito dalla sua determinazione e dalle sue proposte: “se vorrai seguire le parole della tua serva , Dio porterà felicemente a termine la sua impresa… sappi che certamente la morte piomberà su Israele, li ha stretti infatti il peccato col quale provocarono l’ira del loro Dio”. Gli Israeliti, spiega Giuditta, non avevano più da mangiare, si cibano di ciò che la Torah indica come impuro e anche delle offerte che dovevano andare al Tempio. “Per questo sono fuggita da loro – aggiunge – Dio mi ha inviata per compiere con te un’impresa che farà stupire tutta la terra. Resterò con te, ma uscirò di notte fuori dal tuo accampamento. Pregherò il mio Dio che mi rivelerà quando avranno commesso i loro peccati e tornerò a riferirti”.

Oloferne è conquistato dalle parole della donna e accetta il suo piano. Vincere con astuzia era un’azione molto apprezzata nell’antichità (ricordate Ulisse?) e simboleggia il prevalere dell’intelligenza sulla violenza.

UNA MISSIONE IMPOSSIBILE

Giuditta passa tre giorni nell’accampamento nemico come una pia israelita e uscendo di notte per poter pregare: il  campo pagano è considerato terra impura; mangia il cibo che si è portata da casa e si purifica perché ha contatti con i pagani. Quando il tempo sta per scadere per consegnare la città agli assiri, Oloferne decide di conquistare Giuditta e ordina al suo servo: “va, persuadi la donna ebrea a venire qui da me a magiare, perché è disonorevole se lasciamo andare una simile donna senza godere della sua compagnia”. Il vecchio porco ci prova e Giuditta accetta, si fa bella e entra nella tenda di Oloferne lasciando fuori la sua ancella  a controllare di essere  lasciata sola. “Il cuore di Oloferne ne fu estasiato e si agitò preso com’era dall’intensa passione di unirsi a lei, perché fin dal primo giorno che l’aveva vista cercava il momento favorevole per sedurla. Le disse: bevi e datti con noi alla gioia! Oloferne si deliziava della sua presenza e bevve una tal quantità di vino, quanto non ne aveva mai bevuto in un solo giorno da quando era nato”.

Oloferne crolla addormentato “annegato dal vino”.  A questo punto Giuditta “prese  la scimitarra di lui e accostatasi al letto afferrò la sua testa per la chioma… e con tutta la sua forza lo colpì per due volte al collo e ne stacco la testa. Poi fece rotolare il corpo giù dal giaciglio, quindi uscì e consegno la testa di Oloferne alla sua ancella che la mise nella bisaccia dei viveri”.

In città viene accolta da tutto il popolo e Giuditta: “tirata la testa fuori dalla bisaccia la mostrò dicendo – ecco la testa di Oloferne, capo dell’esercito assiro! Dio l’ha colpito per mano di una donna!”

HA ROVESCIATO I POTENTI DAI TRONI

Sono passati 40 giorni dall’assedio e non è un caso: il numero 40 è simbolico di un tempo stabilito da Dio, come in altri racconti della Bibbia. Ozia, il capo degli anziani di Betulia, benedice Giuditta con parole che Luca riprenderà nel suo Vangelo, rivolte a Maria: “benedetta sei tu o figlia da parte dell’Altissimo, più di tutte le donne che sono sulla terra”. Giuditta ordina che la testa di Oloferne sia appesa alle mura della città e che sia ben visibile, segno nell’antichità di grande disprezzo. Intanto nel campo assiro scoppia lo scompiglio...il cadavere di Oloferne è trovato. Gli israeliti escono dalla città e fanno strage di nemici.

Il libro di Giuditta finisce con la vittoria del debole sul forte (“ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato i miseri”) e con una grande festa a Gerusalemme in cui spicca il cantico di Giuditta, una lunga preghiera, simile a un salmo, di lode a Dio liberatore e creatore salvezza di Israele. Giuditta torna a Betulia, “molti se ne invaghirono, ma nessun uomo ebbe rapporti con lei, restò fedele al marito deceduto, invecchiò nella sua casa raggiungendo l’età di 105 anni”. Prima di morire aveva distribuito i beni tra i poveri. Israele fece lutto per 7 giorni.

La tradizione cristiana – come sottolinea il card. Ravasi – ha liberamente interpretato Giuditta come una figura mariana e in contrappunto con la Genesi: la donna bella che schiaccia la testa all’insidioso serpente, antesignana di Maria che con la sua obbedienza a Dio porterà salvezza al suo popolo come meditiamo in Avvento.

Enrico de Leon