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Dom, Dic
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Virtual tour in Perù

Società e cultura
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Questo è il primo di una serie di articoli che nasce dall’idea di parlare di alcuni paesi del mondo. L’obiettivo è raccontare qualcosa di originale di questi luoghi sia per noi che non ci siamo stati e sia per chi ora vive a Nichelino, ma proviene da questi paesi lontani.

Donne e uomini in cerca di lavoro e di una vita migliore: è gente che sovente arriva da lontano per assistere i nostri genitori anziani. Cosi, partendo dalla mia esperienza personale, ho deciso di iniziare dal Perù, perché alcune persone con cui ho avuto a che fare e, con le quali sono in ottimi rapporti, provengono da questo grande paese sudamericano.

Partiamo da Lima, la capitale, perché non si può non fare una visita al centro storico della città, dichiarato Patrimonio Culturale dell’Umanità, partendo dalla Plaza de Armas, piazza enorme dove spiccano splendidi palazzi in stile coloniale. Su questa piazza si nota la grande Cattedrale distrutta nel terremoto del 1746 e totalmente ricostruita. L’interno è imponente, con il coro scolpito, di rara bellezza, e il museo religioso nella parte posteriore. Proseguiamo sino al Monasterio de San Francisco, famoso per le catacombe e la bellissima biblioteca con migliaia di testi antichi risalenti al tempo dei conquistadores. A Sin Idro c’è il Museo Larco Herrera che conserva la più grande raccolta di ceramiche (oltre 50.000 vasi), situato nella residenza vicereale settecentesca costruita su una piramide precolombiana.

Poiché non è un itinerario ‘logico’ facciamo un salto a Cuzco, situata a 3326 m. di quota, che è stata la capitale storica dell'Impero Inca dal XIII secolo fino alla conquista spagnola del XVI secolo. Oggi è una città caotica con molto traffico che si regge sul turismo. Il primo posto da visitare è Plaza de Armas che era il cuore inca ed oggi è il centro della città. Portici di epoca coloniale incorniciano la piazza sulla quale si affaccia l’imponente Cattedrale. Sull’altro lato c’è la chiesa dei Gesuiti con la stupenda facciata barocca. La cattedrale, iniziata nel 1559 e terminata dopo 100 anni,  si trova sul luogo dove sorgeva il palazzo dell’imperatore Viracocha Inca. Per costruirla furono usati i blocchi di pietra del sito inca di Sacsayhuaman. La cattedrale ospita una delle più importanti collezioni di opere d’arte della scuola di pittura di Cuzco: è un misto di arte europea con la fantasia degli artisti andini. Un curioso esempio è “L’ultima cena” di Marcos Zapata, dove si vede in primo piano sulla tavola un cuy il porcellino d’India tipico della cucina andina sin dalle epoche arcaiche.  Il luogo più storico della città sono comunque le rovine inca del Tempio di Qorikancha. In lingua quechua significa “cortile d’oro” perché questo tempio in epoca inca era completamente ricoperto d’oro. I resti di queste mura sono veramente impressionanti per la perfezione degli incastri dei blocchi di pietra, le nicchie trapezoidali e le enormi porte. Come d’abitudine c’era anche un osservatorio dove i sacerdoti studiavano i corpi celesti. Gli spagnoli trafugarono tutti i tesori che furono fusi e Pizarro lasciò l’edificio in eredità ai frati domenicani che sono gli attuali proprietari.  Nei dintorni di Cuzco ci sono ben quattro siti archeologici. Il più importante è sicuramente Sacsayhuaman, fortezza a 2 km dal centro di Cuzco con imponenti mura su tre livelli. Doveva essere molto vasta, ma oggi si vede solo il 20% della struttura originaria perché gli spagnoli usarono i blocchi di pietra per costruire le loro case a Cuzco lasciando.

Nel 1536 qui fu combattuta la battaglia più dura della conquista spagnola: l’imperatore Manco Inca si ritirò nella fortezza di Ollantaytambo, ma la maggior parte dei suoi soldati fu uccisa. I cadaveri sparsi attirarono stormi di condor delle Ande e per questo motivo otto condor appaiono oggi sullo stemma di Cuzco.

Q'enqo, a 4 km da Cuzco, è invece una grande roccia calcarea con nicchie, gradini e canali probabilmente utilizzati per i sacrifici, dove scorreva il sangue e la chicha, birra prodotta dal mais fermentato. C’è anche una specie di labirinto scavato nella roccia e una misteriosa grotta sotterranea con altari di pietra.

Nel Perù del sud, tra la città di Nazca e quella di Palpa, c’è un arido altopiano lungo un’ottantina di chilometri. È il deserto di Nazca che è la culla di un mistero: si trovano infatti qui le linee di Nazca, giganteschi geroglifici, visibili dall’alto, composti da oltre 13.000 linee, per un totale di 800 disegni. Raffigurano soprattutto animali stilizzati: condor, colibrì, scimmie, un ragno di 45 metri, una lucertola di 180, pesci, balene. E poi, l’ultimo ad essere scoperto: un animale misterioso col corpo maculato, la lingua penzolante e un enorme numero di zampe. Furono realizzate probabilmente tra il 300 a.C. e il 500 d.C. Per tracciarle, la popolazione del luogo ha rimosso dalla superficie del deserto pietre ricche di ossidi di ferro, in un contrasto col pietrisco più chiaro. A conservarle intatte  è stato il clima della zona, arido, quasi mai ventoso.

Ma a cosa servivano, queste linee? Negli anni sono date diverse interpretazioni. Si suppose fossero una forma di culto con un significato astronomico, una sorta di messaggio per gli dei. Un’altra ipotesi è che alcune di queste linee, soprattutto quelle a zig-zag e quelle meandriformi, servissero proprio a indicare ai pellegrini la via verso la città cerimoniale. Altre, invece, convergono verso le quattro piramidi più celebri dell’area. Ma le linee di Nazca avrebbero anche un’altra funzione, forse ancora più importante. Molte di loro seguono il percorso degli “huaicos”, le tracce di antiche inondazioni fatte di fango e di detriti: è come se – rappresentando un paesaggio fluviale – i Nazca volessero mantenere con gli dei un rapporto armonico, così da scongiurare quelle calamità. Non molto tempo fa son state ritrovate nuove costruzioni risalenti all’antica civiltà: pozzi (o, meglio,  buche a forma di spirale), detti “puquios”. Da qui gli uomini pescavano l’acqua che scorreva nel sottosuolo per poi distribuirla nei terreni circostanti. Le linee di Nazca – coi loro delfini, le orche e i pesci – rimanderebbero proprio all’acqua, che è simbolo di vita e di potere per chi la “possiede”: i Nazca ebbero la capacità di scovarla, 

Giuseppe Odetto