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Dom, Dic
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L'inciviltà non può averla vinta

Società e cultura
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- di don Riccardo Robella -
In questi giorni mi veniva alla mente un vecchio film nel quale Peter O’Toole rubava

una statuina preziosa all’interno di un museo usando un boomerang per far attivare l’allarme e costringere i guardiani, esasperati dal continuo suono, a disattivare il sistema, per poi agire indisturbato. Una genialità maligna che però suscitava in me bambino (ed ancora oggi in me adulto) una forma di ammirazione… qualche volta il cattivo, il ladro è talmente bravo che uno potrebbe dire: “eh, nulla…mi avrà fregato, ma merita che gli stringa la mano”.

Allora perché alle persone che in questi giorni hanno funestato la nostra città, le nostre scuole, le case dei nostri morti, non viene proprio voglia di stringere la mano?

Al di là dell’aspetto cinematografico e della finzione, c’è una sostanziale differenza: tutti ammiriamo Robin Hood, perché, rubando ai ricchi per dare ai poveri (e il povero potrebbe essere lui stesso in alcune occasioni), in qualche modo ci racconta del ristabilimento di una sorta di giustizia sociale; ma quando ad essere oggetto di tali attenzioni sono proprio coloro che appartengono alle fasce deboli, che pensare?

Al netto dello sdegno, forse abbiamo il dovere di fermarci a fare qualche riflessione, per evitare di cogliere il solo aspetto emotivo della vicenda (le emozioni passano presto e anche al male, purtroppo, ci si abitua). Il gesto, per quanto si voglia minimizzare nel suo danno monetario ci racconta di un crescente imbarbarimento e di una preoccupante insensibilità verso chi siamo e soprattutto saremo; le scuole sono i luoghi nei quali noi scommettiamo sul futuro.

I nostri bimbi, che oggi sono la fascia più esposta del tessuto sociale, hanno nella scuola il luogo privilegiato per preparare il loro futuro, e di conseguenza il futuro della società di domani; se ricordo i miei trascorsi ormai di quasi 40 anni fa, nelle aule della mia scuola ho sudato, faticato, imparato, stretto amicizie. Insomma, sono cresciuto! Entrare e violare quello che potrebbe essere definito, a buon conto, un luogo sacro della crescita di un bimbo, significa dire che il futuro non interessa, o ancor peggio, lo si spregia!

Gli episodi di vandalismo gratuito e l’attacco becero ai beni collettivi stanno a significare che alcuni parametri fondamentali del vivere sociale sono saltati, quasi in preda ad una smania autodistruttiva.

Un altro capitolo doloroso mi pare riguardi il furto in casa di una defunta. La pietas è una virtù che caratterizza le società civili. Si tratta di quella capacità di porsi un limite persino nel commettere un’azione criminale, una forma di rispetto verso quel momento così duro della vita che è il dolore per la morte di una persona cara; passare quel segno significa fare un salto di qualità nell’inciviltà dal quale risulta poi difficile tornare indietro.

Ma allora è proprio tutto da buttare via? Dobbiamo cedere alla disperazione?

Ma neanche per sogno! Siamo fatti per reagire; le tante attestazioni di solidarietà che ho colto in questi giorni, i tanti segni di disponibilità (“don, dove posso rivolgermi per donare un computer alla scuola in sostituzione di quello rubato?”), le iniziative dei comitati di quartiere ci urlano (sì, è un urlo!) che nella nostra Nichelino c’è tanta di quella bontà da schiantare il male… dobbiamo solo rendercene conto e trasformare i nostri sussurri separati in un unico grande grido…NOI VOGLIAMO VINCERE IL MALE, PER AFFERMARE IL BELLO ED IL BUONO CHE C’È, perché alla fine sarà il bene, quello dei nostri bambini, quello dei nostri cari che ci hanno lasciato che vincerà! Dev’essere così!

Don Riccardo Robella

Parroco a SS. Trinità