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Dom, Dic
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Frontiere che ricompaiono

Società e cultura
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Frontiere che separano e lungo le quali si combatte. Frontiere che poi si aprono, svaniscono e ricompaiono rimettendo in discussione l’idea stessa di Europa.

Questa vecchia Europa, barcollante e dibattuta tra linea della fermezza nella difesa di un confine e risposta umanitaria, probabilmente senza energie e senza valori per perseguire con efficacia sia la prima che la seconda opzione.

Attraversato il Mediterraneo dagli inferni libici, risalita la penisola, poi respinti sugli scogli blindati di Ventimiglia, i migranti che vogliono andare in Francia ora cercano altri varchi tra le montagne. Una di queste nuove rotte alpine passa per i sentieri d’alta quota della conca di Bardonecchia e della Valle Stretta. Sono arrivati qui a frotte anche in pieno inverno per cercare i ripidi tornanti della strada, cancellata da un metro di neve, che conduce al Colle della Scala e scende dall’altra parte. Qualcuno ce l’ha fatta, ma intercettato al fondo della discesa è stato subito riaccompagnato in Italia via Monginevro.

Sono posti che molti nichelinesi conoscono bene, perché da giovani hanno partecipato ai campi della parrocchia, alla casalpina di Chateau Beaulard e al rifugio Maison des Chamois, camminando avanti e indietro sui saliscendi tra Italia e Francia.

Le traversate facevano parte del programma e quelli erano i sentieri che percorrevamo noi da ragazzi – racconta Giampaolo, storico capocampo a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta che ora ha superato la cinquantina - Chi mai allora avrebbe immaginato che quegli stessi sentieri sarebbero diventati la via di fuga per tanti giovani provenienti dall’Africa? Si partiva di buon mattino da Chateau, si saliva al passo dell’Orso, si scendeva nel vallone des Acles. Tutto a piedi e zaino in spalla, nel tardo pomeriggio eravamo già a passeggio per le vie della città vecchia di Briançon. Una volta – era verso la fine di giugno - dovevamo pernottare in cima al passo. Il tempo cambiò all’improvviso: neve, grandine, nebbia, freddo. Restammo praticamente bloccati, quaranta ragazzi stipati nel bivacco, un’ex fortificazione militare, e quattro o cinque animatori accampati alla bell’e meglio sul tetto, mentre una tempesta di fulmini si abbatteva sui picchi della Grand Hoche”.

Si andava e si veniva attraverso le alte vie e raramente c’era bisogno di tirar fuori la carta d’identità per passare il confine.

CONFINE DI STATO

All’epoca al’imbocco della Valle Stretta, al Melezet poco oltre Bardonecchia, c’era ancora una frontiera in piena regola con sbarra, posto di polizia dei due Stati e dogana. Un confine geograficamente anomalo, perché la valle si trova sul versante orografico italiano. Era passata alla Francia nel 1947 con i trattati di pace alla fine del secondo conflitto mondiale. Una cessione non priva di valore simbolico, perché proprio da questa valle (il punto più a ovest dell’Italia) era partita nel giugno del 1940 una linea del proditorio attacco di Mussolini alla Francia, stremata dall’invasione nazista. Pochi giorni di conflitto e fu firmato l’armistizio, l’esercito francese riuscì comunque a bloccare l’avanzata e le “conquiste” italiane si fermarono a una manciata di chilometri dai precedenti confini, tanto però bastò a scavare un solco di risentimento con i cugini d’oltralpe.

Ancora all’inizio degli anni Ottanta – ricorda Giampaolo - numerose postazioni militari sparse per la montagna erano tenute in perfetta efficienza e spesso nelle nostre traversate incrociavamo reparti di soldati francesi in addestramento per la difesa dei confini da potenziali aggressori, cioè da noi italiani”.

La strada carrozzabile del Colle della Scala, meta dei migranti di quest’inverno, è stata realizzata dai francesi alla fine degli anni ’60, perché prima la Vallée Étroite non era raggiungibile via auto direttamente dalla Francia, se non passando dal territorio italiano attraverso i valichi del Monginevro o del Moncenisio e, dacché è stato costruito, dal traforo autostradale del Frejus.

Già trent’anni fa il posto di frontiera di Valle Stretta è stato spostato a monte: un piccolo gabbiotto con turni di guardia e controlli sempre più blandi. Finché con Maastricht e l’Unione Europea le frontiere sono sparite o quanto meno ci siamo illusi che sparissero.

Quello della Scala, a quota 1.700 metri, è il colle alpino più basso che mette in comunicazione Italia e Francia. Forse per questo è ritenuto facile e in effetti nella bella stagione percorrerlo a piedi è una lunga passeggiata, cioè niente per chi è abituato ad attraversare deserti. Ma d’inverno il discorso cambia completamente; la strada da autunno a primavera viene chiusa al traffico; c’è pericolo di valanghe, ghiaccio, quest’anno poi le nevicate sono state abbondanti.

Però, se ci si inerpica a piedi, i passaggi attraverso la montagna sono anche altri. Colli a 2.500 metri: il Thures e il remoto Col du Vallon danno accesso in 4 -5 ore di cammino alla strada tra Nevache e Briançon verso il Delfinato. Sulla destra del massiccio del Thabor attraverso il colle di Valle Stretta si scende verso la stazione sciistica di Valfrejus, Charmaix e si plana su Modane, direzione Savoia e Maurienne.

Paesaggi alpini di rara bellezza, paradiso degli escursionisti ed ora anche tappe della marcia di questo popolo disperato in risalita verso una fragile Europa che sta cercando di ripristinare i confini.

Nell'immagine: Migranti all'imbocco della Valle Sretta tentano di raggiungere il Colle della Scala in pieno inverno (foto Simone Padovani)