L’Utim è da tempo impegnata con altre organizzazioni per ottenere il diritto esigibile ad essere curati al domicilio anche in condizione di non autosufficienza,
perché la maggioranza delle famiglie è volontariamente disponibile a mantenere a casa il più a lungo possibile il proprio congiunto, anche malato di Alzheimer.
Per questo chiediamo l’introduzione del diritto prioritario all’Assegno di cura come parte integrante dell’insieme delle prestazioni sanitarie domiciliari per le persone malate di Alzheimer o con altre forme di demenza senile e per tutti i malati cronici non autosufficienti.
Le prestazioni dell’Assistenza domiciliare integrata (ADI), anche se potenziate in base al PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), non soddisfano tutte le esigenze di prestazioni di accudimento 24 ore su 24 per ogni giorno dell’anno che richiedono questi malati. Pertanto il peso delle cure a casa e i costi economici a cui si deve far fronte, sovente per avvalersi dell’aiuto di un assistente familiare, continuano a ricadere sul malato e sui congiunti che si rendono disponibili volontariamente, anche se la legge attribuisce l’obbligo delle cure in capo al Servizio sanitario nazionale.
Ricordiamo che per i malati cronici non autosufficienti ricoverati presso le strutture sociosanitarie (Rsa) la normativa nazionale (LEA) prevede l’obbligo del Servizio sanitario di garantire un contributo giornaliero pari almeno al 50% della retta. Per contro nessun diritto ad analogo contributo è previsto per i malati di Alzheimer e tutti gli altri malati cronici non autosufficienti che sono curati e accuditi a casa.
Si determina di fatto una discriminazione tra i malati non autosufficienti a seconda del luogo di cura! Con ripercussioni negative per coloro che sono accuditi a domicilio senza la presa in carico dell’ASL, costretti a ricorrere frequentemente al ricovero in ospedale o nelle strutture sanitarie, con evidente aumento della spesa sanitaria, peggioramento delle loro condizioni di salute e impoverimento dei nuclei familiari come il Censis ha più volte documentato.
Anche il contributo del “Fondo per le non autosufficienze” erogato dai Consorzi socio-assistenziali, non è la corretta risposta al problema. Infatti raggiunge una parte dei malati in quanto è erogato anche sulla base della valutazione economica del richiedente (Isee) nonché delle risorse disponibili.
Per questi motivi è importante prevedere, assieme alla predisposizione e l'attuazione di un progetto individualizzato di cura da parte dell’ASL di residenza, il diritto ad un contributo economico mensile (Assegno di cura), quale misura di sostegno dei costi giornalieri di accudimento domiciliare della persona malata non autosufficiente, secondo i principi contenuti nella legge 833/1978 (l’assegno di cura peraltro è già previsto dalla Sanità nell’ambito della psichiatria).
L'Assegno di cura, aggiunto all'erogazione dell'indennità di accompagnamento a cui hanno diritto gli invalidi civili totali in base alle norme vigenti, fornirebbe così un importante garanzia di sostegno a chi sceglie le cure a casa.
Al riguardo segnaliamo che sono già state presentate alcune proposte di legge in Parlamento, affinché sia ripristinato questo diritto.
Inoltre è da poco stata avviata una Petizione popolare online che è importante firmare al seguente indirizzo https://www.change.org/dirittocuredomiciliari.
UTIM Nichelino