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Dom, Dic
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Ecologia, ripartiamo dall'inizio

Etica
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Quando l’uomo vuole a tutti i costi forzare le leggi della natura, non di rado tende a incasinarsi oltre misura.

Succede in materia ambientale e a maggior ragione succede quando in ballo ci sono embrioni umani, pur se qualcuno vorrebbe a priori escluderli da ogni tutela ecologica, come se si stesse parlando d’altro per andare fuori tema.

Il pensiero del mainstream laico, green e apparentemente progressista incorre così in palesi e mastodontiche contraddizioni. Ci si commuove davanti al gabbiano con le zampette fradice di catrame e non si batte ciglio per il cucciolo umano risucchiato dall’aspiratore durante un aborto.

Fino a quando questa “cultura”  riuscirà a far finta di nulla?  

Tanto per dire qualche settimana fa in Italia un tribunale ha dato ragione ad una donna e l’ha autorizzata a scongelare un embrione prodotto un po’ di tempo fa e conservato in cella frigorifera. Lei e il marito avevano insieme deciso di far ricorso ad una tecnica di procreazione medicalmente assistita per avere un figlio e alcuni loro embrioni erano stati congelati in vista di successivi tentativi. La questione è che dopo un po’ di tempo il figlio non è arrivato, anzi i due si sono separati e hanno divorziato. La donna ha fatto causa richiedendo comunque al giudice di sbloccare un embrione congelato di modo che lei potesse iniziare una nuova gravidanza anche contro la volontà dell’ex marito.

La legge prevede che la volontà di diventare genitori attraverso la procreazione medicalmente assistita può essere revocata da ciascuno dei due soggetti interessati, solo fino al momento della fecondazione dell’ovulo. Dunque tempo scaduto. L’avvocato della donna, Gianni Baldini (attivista dell’associazione radicale Luca Coscioni), ha commentato soddisfatto che la recente sentenza  riconosce“il diritto assoluto della donna di utilizzare gli embrioni creati con il coniuge e poi congelati anche dopo la pronuncia della separazione e nonostante la contrarietà dell’ex marito”.

E va beh. Sulla sentenza però anche il laicissimo quotidiano La Stampa ha avuto di che eccepire titolando “Quei figli nati dall’egoismo”.  Nell’articolo Annamaria Bernardini de Pace, nota avvocatessa matrimonialista scrive: “Io ho combattuto perché ci fosse una legge a tutela della libertà di scegliere di abortire e a tutela sanitaria della donna che voglia farlo, ma sono fortemente anti-abortista, perché una volta che la vita respira nella pancia della mamma, trovo dolorosissimo e ingiusto spegnerla. L’ideale, per un bambino, è nascere nella gioia e nello stupore, ma anche nella gratitudine verso la vita, da parte di due genitori che l’hanno fortemente voluto. Peraltro, ci sono anche bambini che nascono nel dolore, bambini che nascono già orfani, bambini mai nati perché crioconservati all’infinito e addirittura bambini uccisi prima di nascere. Tutto è lecito e consentito dalla legge”. 

Già, e allora? Tutto liscio, tutto regolare per i benpensanti dei diritti civili.

Sennonché nel caso della sentenza in questione tra i due litiganti c’è un terzo soggetto, cioè l’embrione,  il quale quanto meno si è ritrovato questa volta con un’inaspettata chanche.

La cosa non è proprio irrilevante: “prima del diritto della coppia ad avere un figlio esiste il diritto del figlio a vivere nella pienezza la sua esistenza – ha fatto osservare Alberto Gambino, giurista dell’associazione Scienza & Vita - Non è corretto chiedersi se prevalga il diritto della donna di accogliere l’embrione contro il parere del coniuge, ma occorre verificare quale sia il miglior interesse del figlio, che certamente quando è in uno stadio embrionale non può che aspirare a proseguire il suo sviluppo biologico fino a realizzare, con la nascita, la piena partecipazione alla società umana”.

Comunque si voglia rigirare la faccenda, non fosse altro che per una questione di logica, sarà sempre più difficile chiudere gli occhi di fronte ai diritti dell’embrione, in quanto se si nega il primo si negano a cascata tutti gli altri. "Credo in coscienza di aver fatto qualcosa di utile per tutte quelle donne nella mia situazione, e per i tanti concepiti in provetta congelati, a cui la legge fino ad oggi non consentiva alternative",  sostiene la donna protagonista della vicenda.

Infatti a questo punto come può una società civile accettare l’idea che ci siano embrioni di serie A ed embrioni di serie B, figli e figliastri?

O forse il fatto è che questa civiltà non è poi così civile. Come diceva il prof. Giorgio Pardi, primario dell’Istituto Mangiagalli di Milano e luminare di ginecologia/ostetricia: “Io sono ateo, ma per ritenere l’aborto un omicidio non serve la fede, basta osservare. Quello è un bambino”.  E così continuava: “non bisogna mischiare le carte. Capisco che possa fare meno impressione l’uccisione di un delinquente armato fino ai denti rispetto a quella di un bambino indifeso. Ma in entrambi i casi si tratta di omicidio”.

In parecchi qualche settimana fa si sono stracciati le vesti per le dichiarazioni via social di un prete siciliano, padre Bruno De Cristofaro. Ha avuto l’ardire di richiamare alla memoria un criterio applicato dal medico nazista dottor Mengele, ‘l’angelo della morte’, che un giorno ad Auschwitz tracciò una linea su un muro, alta 1 metro e 50. Stabilì che coloro che superavano questa linea, bambini e ragazzi, potevano vivere. Quelli al di sotto della linea dovevano andare nelle camere a gas.

Tirare una linea e avere il potere di farlo, come nell’aborto legale. Se sei dopo il terzo mese di gestazione vivi. Altrimenti muori.

Così argomentava l’improvvido prete siciliano, se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato.