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Dom, Dic
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RSA, un nuovo modello è necessario

Etica
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La pandemia che stiamo vivendo ha toccato con drammatici esiti, per numero di morti, i ricoverati delle Rsa, Residenze sanitarie assistenziali, le strutture per anziani non autosufficienti.

L’età media dei decessi per Covid-19 (80 anni) e le patologie già presenti (almeno tre patologie pregresse nei deceduti) coincide proprio con la tipologia dei degenti delle Rsa: persone sempre più anziane, sempre più malate, sempre meno autosufficienti, spesso con Alzheimer o altre forme di demenza. Questa è la nuova realtà con cui si confrontano gli operatori.

Deve essere dunque abbandonato lo stereotipo della “casa di riposo” come luogo in cui l’anziano solo vive, con qualche aiuto ma tutto sommato in salute, gli ultimi anni della sua vita. Anche perché l’anziano “da casa di riposo” oggi vuole stare giustamente a casa sua con la badante, possibilmente con le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie domiciliari attrezzate dall’Asl, e con un contributo economico destinato al familiare che volontariamente fa da caregiver.

Qualora questa strada poi non fosse più praticabile, la Rsa diventa il nuovo luogo di cura. Cura, non badanza.

Ma nelle Rsa odierne purtroppo esiste un modello organizzativo ancora centrato sulla casa di riposo, con standard insufficienti di personale e prestazioni, non adatto per curare gli anziani malati cronici.

Ciò a nostro avviso ha giocato un ruolo importante nelle migliaia di decessi avvenuti nelle Rsa in questi mesi di pandemia.

Occorre pertanto una riflessione che, partendo dal contesto emergenziale, pensi al futuro delle cure per gli anziani malati cronici.

Le Rsa dovrebbero diventare prevalentemente “sanitarie”. Senza una riforma in questa direzione, si riproporranno in futuro i problemi e i molti decessi. Di nuovo per pericoli infettivi (oggi abbiamo il Sars-Cov2, ma negli anni precedenti si sono avute migliaia di morti per Klebsiella e per Clostridium passate per lo più sotto silenzio), ma anche per cure insufficienti rispetto alle necessità dei degenti.

Non basta la presenza di operatori socio-sanitari. Servono in organico infermieri, medici e un Direttore sanitario vero. Una struttura col servizio medico interno (di fatto oggi interviene, quando richiesto e se può, il medico di base del paziente) e con una presenza 24 ore su 24 del servizio infermieristico. Come in una casa di cura. Oggi queste figure non sono presenti in maniera stabile e sufficiente.

A livello nazionale il Ministro Speranza ha avviato una Commissione specifica per la riforma del settore, affidata alla guida di Mons. Paglia. Speriamo che giunga a conclusioni adeguate. Non occorre inventare nulla, ma riconoscere che gli anziani cronici non autosufficienti sono persone malate che hanno pertanto diritto alle cure (in primo luogo a casa) come già previsto dalle principali norme nazionali vigenti, purtroppo spesso disattese. Se invece la Commissione proporrà interventi per “anziani soli” o “da casa di riposo”, il percorso imboccato sarà nella direzione sbagliata.

UTIM Nichelino