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Dom, Dic
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Il primo romanzo di Gaetano Manna

Persone e anniversari
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Da anni ci occupiamo della “Nichelino che scrive”,
dei tanti romanzieri, poeti, narratori, giallisti che si impegnano nell’arte della scrittura. In questo caso l’impegno è stato proprio importante perché scrivere da esordiente un testo di oltre 650 pagine suddivise in 18 capitoli è cosa non da tutti i giorni. Quasi un’opera monumentale. “Beh, spero che questo non spaventi i potenziali lettori. Ma chi ha iniziato a leggerla afferma di trovarla molto interessante. Me lo hanno detto anche mia moglie e i miei figli, ma forse sono lettori di parte, vero?” Sorride e ci scherza sopra Gaetano Manna, classe 1963, psicologo clinico, da sempre impegnato nel sociale in una full immersion tra lavoro e volontariato: “Ho lavorato per anni in una struttura terapeutica per minori con problematiche di tipo sanitarie e sociali e dal 1993 presso l’Assessorato alla Sanità della Regione Piemonte, occupandomi principalmente delle patologie da dipendenza”.

Il suo libro, dal bel titolo “L’aria non può parlare”, uscito per i tipi di Edizioni Esordienti, sia in formato cartaceo che in e-book, presenta le vite intrecciate all’interno di una famiglia: Roberto, dopo la morte di sua madre Angela, si scontra con un’inquietante verità emersa dai contenuti di una lettera lasciatagli dalla stessa madre ovvero l’esistenza di un fantomatico zio di nome Antonio, fratello maggiore di Angela, rinchiuso da lungo tempo dentro un manicomio criminale. La ferma decisione di conoscere il passato dell’anziano zio scatenerà una sequenza impressionante di straordinarie vicissitudini che si ripercuoteranno nelle vite di Roberto, della sua famiglia e dello stesso Antonio, con esiti imprevedibili e inimmaginabili.

Il libro quali tematiche affronta?

“Innanzitutto direi che il libro si compone di due storie, di cui una influenzerà inevitabilmente l’altra, rappresentata dalla vita di una famiglia che vive nella Torino degli anni ‘80. Il libro racconta delle vicende di un uomo di nome Antonio, nato in Sicilia nel 1901 e dotato di una tempra straordinaria. Quest’uomo ha affrontato nell’arco della sua vita esperienze durissime cercando di non farsi sopraffare dall’angoscia, dalla depressione o dal desiderio di togliersi la vita. Racconta tante cose: le condizioni di miseria degli uomini nel periodo successivo al terremoto che ha colpito la città di Messina nel 1908, la vita all’interno di un collegio di gesuiti a Palermo, l’avvento del fascismo, gli anni di reclusione nel carcere dell’Ucciardone e di quelli che lo aspetteranno all’interno del manicomio criminale di Barcellona Pozzo di Gotto”.

Quando è nata la passione per la scrittura?

“Direi che è nata per gioco. Circa cinque anni fa mi ha suscitato molto interesse leggere una raccolta di lettere originali, scritte da internati nei vari manicomi criminali italiani, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. Una lettura che ha suscitato in me forti emozioni, ripercorrendo attraverso quegli scritti le esperienze che migliaia di uomini hanno vissuto, passando gran parte della loro vita rinchiusi dentro posti che nulla avevano da invidiare a quello che noi immaginiamo quando pensiamo all’inferno. Emergeva tra l’altro come moltissimi di loro non erano rinchiusi per aver commesso crimini efferati, ma semplicemente per essere personaggi scomodi del mondo politico o del contesto socio-culturale in cui vivevano. Quando si era rinchiusi nei manicomi criminali la pena effettiva che il giudice aveva loro inflitto veniva sospesa. Solo quando ritornavano in carcere la pena per cui erano stati originariamente condannati iniziava, o riprendeva, ad essere scontata. Una vera tragedia! Ma il racconto parla di uomini e donne coraggiose che, nonostante tutto e tutti, reagiscono e combattono per creare un mondo di pace e libertà. E’ un libro che esalta il coraggio di chi crede in valori ed ideali, di chi ha fede e la difende a tutti i costi. E’ un libro che vuole dare speranza a tutti noi che in questi tempi stiamo attraversando una profonda crisi valoriale e di identità. Antonio, il protagonista della storia, è uno che rimane radicato ai suoi valori e alle sue idee, nonostante tutto. Ed è questo aspetto che mi affascina, come uomo, come marito e padre”.

“L’aria non può parlare” è una storia avvincente, con una trama appassionante dove i personaggi principali sono ben presentati ed emergono ciascuno attraverso la propria personalità. Un romanzo, quello di Gaetano Manna, che riserva sorprese capitolo dopo capitolo e che parla della vita vissuta di gente comune. Gente come tutti noi, con pregi e difetti, capacità, fragilità ed intimi segreti. Un po’ come la madre di Roberto, uno dei protagonisti del libro, che così inizia il racconto: “Mia madre, dopo la sua morte, mi lasciò una lettera. In questa lettera c’erano scritti i suoi voleri e, dulcis in fundo, la notizia di avere un fratello che si chiama Antonio Nastasi. In quelle poche righe immaginai lo sconcerto di mia madre nello scrivere quelle poche frasi, tenute per tutta la vita nell’intimo del suo cuore. Chissà l’emozione e la paura, il rimpianto di non essere stata in grado di parlarne con nessuno in vita, mai”.