In questi giorni, dopo l'approvazione al Senato dell’emendamento “Cantù” al disegno di legge n. 1241 ("Misure di garanzia per l'erogazione
delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria"), abbiamo assistito sui media
ad una serie di articoli con titoli fortemente allarmistici e contenuti poco chiari, col rischio di generare confusione e paure ingiustificate tra le famiglie, anziché aiutare a comprendere davvero le implicazioni della norma.Occorre rispetto per le persone non autosufficienti e soprattutto comprensione dei loro bisogni e di quelli delle loro famiglie, già in forte affanno, senza cedere a narrazioni strumentali, ma anche senza sottovalutare i problemi concreti che questa modifica normativa solleva.
Andiamo con ordine. Innanzitutto l'emendamento approvato — presentato dalla Senatrice Cantù (Lega), su pressioni delle organizzazioni di rappresentanza delle strutture RSA — nasce con l'obiettivo, miope, di contrastare quei casi in cui la magistratura – a seguito di specifici ricorsi - ha più volte riconosciuto ai malati di Alzheimer in condizioni gravissime il diritto alla copertura sanitaria integrale (100%) per il ricovero in RSA, in luogo della quota "ordinaria" del 50% solitamente prevista a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Si tratta peraltro di casi limitati, in cui le prestazioni sociosanitarie (es. ricovero in Rsa) erano già riconosciute dall'Asl, ma la componente sanitaria, rispetto a quella assistenziale, era nettamente prevalente. Per questo motivo, i giudici hanno correttamente riconosciuto tutto il peso a carico della Sanità, equiparando l'intensità di cura a livello di quella ospedaliera.
Nulla da eccepire, pertanto, viste le gravi condizioni sanitarie. Per quanto sopra l'emendamento presentato appare fuori luogo e miope.
Ma è bene puntualizzare che, contrariamente a quanto allarmisticamente affermato su varie testate, l'emendamento approvato NON abolisce l'attuale diritto alla copertura sanitaria pari al 50% delle rette RSA, come previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), definiti dal DPCM 12 gennaio 2017. Insomma, non è vero che, da domani, le famiglie dovranno pagare tutto in RSA ovvero che "il Governo ha tagliato il 50%": questa è una rappresentazione non corrispondente al testo della norma.
Detto questo, però, l'emendamento Cantù, così come approvato, solleva comunque gravi criticità. Esso nega la possibilità di riconoscere il 100% di copertura da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) nei casi più gravi, quando la componente sanitaria è assolutamente prevalente.
Inoltre, introduce una separazione rigida negli interventi di cura tra spesa sanitaria e spesa sociale, anche quando nella realtà dei fatti questi bisogni sono inscindibili per le persone non autosufficienti.
Pone altresì le basi affinché il principio introdotto in ambito socio-sanitario, per cui il SSN si accolla solo i costi strettamente legati alle attività di rilievo sanitario, separando rigidamente i costi assistenziali/alberghieri, venga esteso impropriamente anche ai ricoveri per acuzie e post-acuzie, ovvero ai ricoveri ospedalieri e alle lungodegenze in casa di cura. Ci chiediamo, peraltro, se non sia proprio questo il vero obiettivo "nascosto" dell'emendamento: aprire la strada all'introduzione di una "quota alberghiera" a carico dei pazienti anche per i ricoveri ospedalieri e nelle case di cura, oggi garantiti gratuitamente a tutti.
Tuttavia, va riconosciuto un elemento positivo: l'emendamento approvato al Senato qualche giorno fa, diversamente dalla prima versione proposta, prevede la possibilità di elevare la quota a carico del SSN fino al 70% nei casi di alta complessità assistenziale.
Questa misura, se applicata correttamente, può rappresentare una maggiore tutela per i malati più gravi, perché comunque eleverebbe l'intensità dell'intervento sanitario dall'attuale 50% al 70%.
Trattandosi di una modifica al quadro dei LEA, occorrerà probabilmente rivedere ed adeguare formalmente il DPCM 12 gennaio 2017 per recepire tale previsione e garantire applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale.
Alla luce di tutto quanto sopra, a nostro avviso, occorrerebbe modificare l'emendamento approvato, affinché sia sempre prevista la possibilità di una presa in carico sanitaria totale (100%) nei casi di grave non autosufficienza e alta intensità sanitaria, sulla base di valutazioni cliniche ben documentate e nel rispetto delle leggi vigenti.
Infine, è necessario e urgente garantire, in caso di non autosufficienza, la piena applicazione del diritto alla copertura del 50% della retta RSA a carico del SSN, come previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza, senza ulteriori ritardi o inadempienze.
Ad oggi, infatti, migliaia di persone anziane, malate e non autosufficienti sono parcheggiate in lunghe e illegittime liste d'attesa — ben più gravi di quelle per esami diagnostici o visite specialistiche. Vedendosi negare dalle ASL la copertura della quota sanitaria, a causa di un'impropria valutazione di tipo "sociale", nonostante la loro evidente condizione di non autosufficienza, e non potendo attendere, sono ricoverate dai familiari privatamente in RSA, con un carico economico insostenibile che grava interamente sul malato e sulla sua famiglia, arrivando a cifre che oscillano tra i 3.000 e i 4.000 euro al mese.
Per queste ragioni, chiediamo al Parlamento, una revisione della norma approvata, il rispetto dei LEA e dei diritti vigenti in ambito sanitario e socio-sanitario, invitando tutte le forze politiche, le associazioni di settore, ecc. ad intervenire con forza e a far sentire la propria voce.
UTIM Nichelino