Sono Carla Griva, moglie di Mario Rovaretto (nella foto)
e nuora di Carlo Rovaretto entrambi deportati nel campo di Pyramidenspitze, sottocampo di Dachau, nonché nipote di Giuseppe Griva ucciso a Mauthausen.
Quest’anno con la serata del 5 maggio anche a Nichelino hanno avuto termine le manifestazioni in ricordo della Liberazione. È stata una serata di grande partecipazione sia da parte delle autorità locali, compreso il Sindaco, i rappresentanti di varie associazioni e molti nichelinesi. Parecchi di loro hanno appreso per la prima volta di questa ricorrenza ed hanno chiesto quale differenza vi fosse tra il 5 Maggio e il 25 Aprile ricordato come Giorno della Liberazione. Mi sono decisa a scrivere questa lettera proprio per spiegare perché queste due date sono entrambe sinonimo della parola Libertà. Quella parola fu pronunciata proprio sul campo di Mauthausen nel lontano maggio 1945 quando i deportati di tutte le nazioni, finalmente liberi, fecero quel giuramento che ormai da tutti è conosciuto come Giuramento di Mauthausen.Sebbene provati da quel triste passato essi non giurarono vendetta, ma solo che ogni futuro 5 Maggio si attivasse il ricordo di quelli che non erano ritornati, affinché quelle atrocità non si ripetessero più e finalmente vivere in una società di uomini liberi.
Questo accomuna il 25 Aprile e il 5 Maggio, cioè due date di libertà. Per i partigiani di allora, scesi dalle montagne quella data fu il 25 Aprile, mentre per tutti quei dissidenti deportati la data fu quella della liberazione dell’ultimo campo di Mauthausen avvenuta il 2 maggio 1945. Questo ricordo purtroppo rischia di essere offuscato con l’istituzione nel 2000 della Giornata della Memoria il 27 Gennaio facendo sì che le parole olocausto e shoah siano circoscritte ai “triangoli gialli”, definizione che si riferisce alla deportazione del popolo ebraico.
Pur condividendo l’orrore per la tragica fine queste persone, mi sono sempre chiesta perché debbano essere dimenticati i “triangoli” di altri colori. Perché si discrimina questa loro appartenenza ignorando o trascurando la data del 5 Maggio? Questo ha fatto sì che a mio marito Mario succedesse di essere apostrofato con queste parole: “perché afferma di essere stato deportato se non appartiene alla fede ebraica?” Questo era il suo rammarico per la non conoscenza del passato da parte di tanta gente.
Colgo l’occasione per esprimere la mia gratitudine per il lavoro portato avanti dagli amici dell’Officina della Memoria ed in particolare da Gianni Villa che con Mario ha condiviso la delusione sul modo, per lui inesatto, di trasmettere ai giovani il vero significato della deportazione di tanti italiani.
Per anni mio marito ha dialogato con i ragazzi, nelle scuole e durante i viaggi, sempre come tra nonno e nipoti, ricevendo interesse, stima ed affetto per come riusciva a far loro comprendere le atrocità subite dai deportati.
Purtroppo Mario ci ha lasciati prima che potesse vedere la prima serata in ricordo del 5 Maggio organizzata quest’anno a Nichelino. Tramite il giornale voglio comunque far pervenir il mio immenso grazie al signor Sindaco e ai componenti del Gruppo Officine della Memoria, alle autorità e alle associazioni partecipanti sperando di trovarci così numerosi anche il prossimo anno.
Carla Griva