- di Enrico De Leon -
Abbiamo già visto come, sia nella Bibbia che nella tradizione rabbinica, è Dio
La sesta opera è visitare i carcerati, non solo coloro che sono rinchiusi in galera, ma ogni uomo che vive una situazione di schiavitù che gli impedisce di essere libero. L’apice di questa opera la troviamo proprio nell’esperienza storica del popolo scelto da Dio, Israele. Scrive rabbi Petuchosky: “mentre svariati popoli fanno risalire le proprie origini a divinità, eroi o semidei, il popolo ebraico sapeva che la sua origine era nella schiavitù. Nessun popolo si sognerebbe di avere un’origine così poco gloriosa. Nessuno si vanterebbe del fatto che i propri antenati furono schiavi se ciò non corrispondesse ad una realtà storica! Con l’aiuto ed il sostegno di Dio, Israele fu liberato dalle catene e si risvegliò a vita nuova”.
Si legge nel libro dell’Esodo: “Io vi sottrarrò ai ceppi degli egiziani”. Israele carcerato e schiavo in Egitto grida il suo dolore e la sua mancanza di libertà e Dio lo ascolta: “Dio guardò la condizione degli Israeliti e se ne prese pensiero”. Che bello Dio che sta in pensiero per le persone che ama … come ci è simile! E ancora in Esodo: “Dice Dio: sono sceso per liberarlo dalle mani dell’Egitto e per farlo uscire”.
Nella scrittura Dio affida a Mosè il compito di liberazione, ma – come fa notare il profeta Isaia – “non un inviato, né un angelo, ma Egli stesso li ha salvati”. I testi rabbinici sottolineano che è Dio stesso a visitare i carcerati e a liberarli: “disse l’Eterno, verrò con te in Egitto… anche nella schiavitù. Israele non è mai solo, l’Eterno ne condivide la sorte e lo visita nel dolore”. Dice lo Zohar (testo medioevale attribuito a un certo Moshè de Leon): “quando Israele era schiavo lo fu anche il Santo”. La coscienza di essere schiavi liberati farà sì che nella Torah vi siano numerosi versetti a favore degli schiavi. In Deuteronomio 5 si ordina il riposo sabbatico anche per lo schiavo e si impone la liberazione di ogni carcerato in occasione dell’anno santo (ricordiamo l’insistenza di Papa Francesco in questi mesi nel chiedere un’amnistia, l’abolizione della pena di morte e la lotta contro tutte le schiavitù). Dio visita Israele schiavo a Babilonia, Geremia imprigionato in una cisterna. “Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion”, recita il Salmo 126.
La settima opera di misericordia è seppellire i morti. Nella Bibbia sono molti i racconti in cui si presenta la sepoltura di personaggi importanti: da Sara a Maria sorella di Mosè; da Abramo seppellito da Isacco e Ismaele a Mosè, fino alla sepoltura di Gesù. Ma solo nei racconti rabbinici (Midrash) e nei libri apocrifi ebraici (cioè i libri che trattano argomenti e storie della Scrittura ma che non sono entrati nel canone dell’Antico Testamento) abbiamo il resoconto della partecipazione diretta di Dio alle sepolture. Nell’apocrifo Vita di Adamo e Eva (scritto nel 1° secolo a.C.) alla morte del primo uomo “un serafino con sei ali portò Adamo al lago Acheronte e lo lavò alla presenza di Dio. Il padrone di tutte le cose stese le mani, prese Adamo e lo consegnò all’arcangelo Michele. Poi scesero sulla terra, Dio e gli angeli ricoprirono il corpo di Adamo con sudari di lino e lo unsero con olii aromatici”. Già che ci sono – dice il testo – prendono pure il corpo di Abele e lo seppelliscono con Adamo “nel luogo dove Dio aveva trovato la polvere con cui li aveva plasmati”.
Il midrash a Deuteronomio 34 ci presenta il racconto della morte di Mosè in questo modo: “Allora Dio chiamando a sé il profeta sussurrò: l’ora è venuta” (notate la dolcezza di Dio che davanti al profeta morente non ordina o grida ma sussurra, smorza la voce per dare pace e tranquillità a Mosè) “E dal più alto dei cieli scese il Santo accompagnato da tre angeli: Michele preparò il letto, Gabriele distese un panno di bisso sotto il capo di Mosè, il terzo angelo un panno sotto i piedi. E in quell’istante il Santo baciò Mosè. L’Eterno colse l’anima sulle labbra di Mosè e il profeta morì nel bacio di Dio”. Il racconto termina con Dio stesso che seppellisce il corpo di Mosè in un luogo conosciuto solo da Lui per evitare che del profeta se ne faccia un idolo, un santuario o un luogo di culto.
Morire nel bacio di Dio conclude la torah o pentateuco, la parte più sacra della Bibbia ebraica, come concluderà la storia di ognuno di noi, perché è questo che ci aspetta al termine del nostro viaggio. Dio che ci corre incontro, ci abbraccia e ci bacia come fa il Padre nella parabola del figlio peccatore e avido.
Vi propongo ancora un commento rabbinico: “Rabbì Chamà insegnava: cosa significa il testo di Deuteronomio 13,5 ‘seguirete il Signore vostro Dio’? Seguire il Signore significa solo imitare le sue qualità. Così come egli veste gli ignudi – poiché sta scritto (Gen. 3.21) ‘il Signore Dio fece ad Adamo e alla sua donna tuniche di pelle e li vestì’ – vesti anche tu gli ignudi.
Il Santo visitava gli ammalati – poiché sta scritto (Gen. 18,1) ‘dopo la circoncisione di Abramo il Signore gli apparve’ – così anche tu devi visitare gli ammalati.
Il Santo consola i sofferenti - poiché sta scritto (Gen. 25,11) ‘dopo la morte di Abramo, Dio benedisse Isacco suo figlio – così consola anche tu chi soffre!
Il Santo ha seppellito i morti - poiché sta scritto (Deut. 34,6) ‘ed Egli lo seppellì nella terra di Moab’ – così anche tu dà sepoltura ai morti”.
Enrico de Leon
(immagine: dipinto di Alexandre Cabanel - Morte di Mosè)