- di don Davide e don Alberto -
Raccontare l’estate di una comunità non è cosa semplice.
È di solito un periodo intenso per alcuni, è un periodo di maggior solitudine per altri (alcune occasioni di incontro si diradano in questo periodo), è un periodo in cui il silenzioso servizio di alcune persone garantisce i legami, è un periodo di riposo e di possibili ripartenza; ma anche un periodo di preoccupazione per l’escalation di violenza che aumenta sempre di più nel nostro mondo. In questa estate con tante sfaccettature, un’esperienza intensa ci ha offerto una chiave di lettura per il cammino della nostra comunità: la settimana del Giubileo dei Giovani a Roma.
Per Papa Leone è stato forse il primo grande “evento” dall’inizio del suo pontificato: abbiamo provato ad immaginare cosa significasse per lui vivere questa esperienza, con quale trepidazione e chissà, magari anche con qualche preoccupazione di essere all’altezza del suo compito.
La prima comparsa del papa è stata una sorpresa, non prevista, dopo la Messa di benvenuto del martedì. Ha detto alcune parole a braccio, che ha ripetuto più volte: “Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo”. Parole semplici. Parole di vangelo. Non si tratta di un invito: è piuttosto una constatazione! Siamo sale della terra e luce del mondo. È importante per i giovani (e per tutti) sentirsi riconosciuti per ciò che si è. A volte abbiamo bisogno di qualcuno che ce lo dica. Sapere ciò che siamo è la base per assumerci le nostre responsabilità. Sentirci figli di Dio è il passo necessario per portare speranza agli altri.
In una delle attività fatte ai campi alla Maison des Chamois ci siamo lasciati guardare dal Signore, da quello sguardo che ci trasmette una certezza: “Tu sei una meraviglia!”. Agli occhi di Dio siamo sempre una meraviglia. Forse all’origine di tante nostre difficoltà c’è il dimenticarci di questo fatto costitutivo della nostra vita. Nell’omelia a Tor Vergata, papa Leone ha detto: “La fragilità è parte della meraviglia che siamo.” Le nostre fragilità personali, quelle delle nostre comunità, quelle del mondo, sono parte di una meraviglia. Lo sono quando accettiamo di attraversare la porta stretta della Passione e della morte, per lasciare che sia il Signore a far risorgere la nostra vita. In un’intensa mattinata romana, molti dei nostri giovani hanno ri-scoperto la forza della misericordia di Dio, la forza dirompente di un Dio che ci rimette in piedi, che posa su di noi uno sguardo unico.
Nella prima domenica di agosto il saluto finale di Papa Leone ha ripreso le parole iniziali, “Siete il sale della terra, luce del mondo”, quasi per assicurarsi che nessuno le dimenticasse, aggiungendo però un invito: portare la gioia e l’entusiasmo “a tutto il mondo”. Sentiamo che questa è una vera responsabilità. Molto impegnativa, ma per questo particolarmente coinvolgente. Sappiamo benissimo che certe esperienze rischiano di essere solo degli “eventi”; ma questo raddoppia il senso di responsabilità e ci spinge invece a sentire che certi eventi possono diventare esperienza, cioè parte integrante della vita.
Quell’invito ad essere luce ha trovato risonanza nelle parole del card. Pizzaballa che è intervenuto il giovedì pomeriggio con un videomessaggio dalla Terra Santa: “Tutto qui sembra parlare di morte, di odio, di distruzione, di violenza, sembra una notte che non finisce mai. Però è importante uno sguardo di fede che ci aiuti a ritrovare, a vedere dentro questa notte interminabile, i punti di luce”. In quello stesso giorno il card. Zuppi, guardando alla figura di Pietro, ci invitava a fare una preghiera: di fronte alla spirale di violenza, di guerra, di sofferenza che sentiamo intorno a noi, “Signore, manda me! Signore manda noi! Signore credo in te e nella forza della tua Parola e ti aiuto io! Signore Tu sei e io sono, come avviene nell’amore”. Sentirci radicati sulla fede di Pietro è assumere la sua stessa generosità a buttarsi, con il rischio addirittura di affondare, ma per poter sentire la mano sicura del Signore che mai abbandona chi si spende con tutto se stesso.
Alla fine di quella settimana, ci siamo sentiti come di ritorno non solo da Roma, ma da una vera esperienza che ci ha coinvolto nei due mesi precedenti (passata per i campi ad Assisi, a Château, alla Maison), un’esperienza che si chiama comunità. È forte il desiderio di condividere quanto abbiamo vissuto, quasi di restituirlo alle nostre parrocchie di Nichelino che hanno sostenuto, pregato e accompagnato. Con tanta gratitudine, sentiamo forte la responsabilità ad essere vicini a tutti, soprattutto a chi è più solo; di essere attenti alle vicende del mondo perché la speranza sia sempre concreta; di continuare a costruire legami fondati sul Signore, per essere insieme luce e sale della terra.
don Alberto e don Davide
Parroci a Nichelino