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Dom, Dic
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Bibbia per tutti - Abramo e Isacco

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La storia di Abramo ci presenta ora un brano molto famoso, oggetto di molte opere d’arte.

Sì tratta di quello che viene ricordato come il sacrificio di Isacco. Ancora una volta è Dio a prendere l’iniziativa: “Dio mise alla prova Abramo e gli disse ‘Abramo, Abramo’. Lui rispose: eccomi!” Ripetere il nome due volte sottolinea l’importanza e la solennità del momento, anche Gesù chiamerà il Padre due volte sulla croce. “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”.

Cosa vuole ora Dio dal nostro patriarca? “Prendi tuo figlio e va nel territorio di Moria e offrilo come olocausto (n.d.r. cioè fa di lui un sacrificio sacro) su un monte che Io ti indicherò”. Dove sia questo monte ce lo spiega il secondo libro delle cronache, capitolo 3, versetto 1: “Salomone cominciò a costruire il Tempio del Signore a Gerusalemme sul monte Moria, dove il Signore era apparso a Davide suo padre”. Siamo quindi a Gerusalemme, dove attualmente sorge il “muro del pianto”, luogo sacro per gli ebrei. Sopra sorgeva il tempio di Salomone e ora c’è la spianata delle moschee, luogo sacro per l’Islam. Qui adesso c’è la moschea di Omar su uno spuntone di roccia, d sia la tradizione ebraica che quella islamica ritengono fosse l’altare usato da Abramo per sacrificare il figlio. Su questa roccia cè una specie di impronta, una piccola scavatura che per gli ebrei è quella lasciata dal piede di Isacco, per gli islamici invece sarebbe l’impronta di Maometto, quando da quella roccia ascese al cielo per ricevere il Corano.

Abramo obbedisce, sella un asino, spacca la legna per il sacrificio, prende con sé oltre al figlio anche due servi e si mette in viaggio: “il terzo giorno alzò gli occhi e vide il luogo”. Nel primo capitolo di Genesi il terzo giorno è quello in cui Dio fa germogliare la terra. Qui il testo ci vuole dire che qualcosa di nuovo sta per accadere, ma per noi cristiani il terzo giorno è quello della resurrezione di Gesù, della sua vittoria sulla morte e qui in fondo per il povero Isacco sarà la stessa cosa: da vittima sacrificale ritornerà a vivere, un po' risorto anche lui!

Arrivati ai piedi del monte Moria, Abramo disse ai servi: “fermatevi qui. Solo io e il ragazzo andremo lassù”. Abramo non conosce il perché di ciò che deve fare, non vuole testimoni, perché sa che il dolore sarà così forte che dovrà affrontarlo da solo.

Arrivati in cima al monte Moria, “Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò li figlio Isacco e lo depose sull’altare”. Oggi questo racconto ci fa un po’ rabbrividire, un po’ sdegno e un po’ rabbia…  Pensiamo: ma come può il nostro Dio chiedere una cosa simile? Dobbiamo però sapere che presso popoli antichi che abitavano nella regione di Canaan e dintorni il sacrificio dei primogeniti e dei bambini era diffuso, specialmente in determinate circostanze, come la fondazione di una città. Al dio fenicio Moloch sacrificavano neonati e sui monti cananei sono stati trovati i “tofet”, cioè vasi d’argilla che contenevano ossa di piccoletti offerti in olocausto. In caso di guerra, carestia e cataclismi naturali le popolazioni cananaiche sacrificavano i primogeniti sui monti per chiedere protezione agli dei e placarne l’ira. Probabilmente allora questo racconto, per noi così strano, vuole ricordare un periodo di pericolo in Canaan in cui il nostro patriarca vede gli abitanti del luogo andare sui monti e sacrificare i loro primogeniti e anche lui viene invitato a farlo. Se così fan tutti - pensa Abramo - devo farlo anch’io, forse il mio Dio chiede anche a me di fare come gli altri! Ma arrivato sul monte e preparato tutto a puntino, capisce che il suo Dio non può chiedere una cosa così orrenda e sacrifica un ariete o un agnello.  Il racconto biblico allora vuole sottolineare che per la religione ebraica il sacrificio umano è considerato un abominio. Ma nella storia di Israele qualche volta questo sacrificio si è praticato: il giudice Iefte (Gdc. 11) sacrifica la figlia per poter vincere la guerra; in seguito anche il re Acaz e Manasse offrono i loro figli in sacrificio (2 Re 10 e 23). Ammonisce il profeta Geremia: “I figli di Giuda hanno commesso ciò che è male ai miei occhi, hanno collocato idoli abominevoli nel mio Tempio e hanno usato le alture per bruciare nel l fuoco i loro figli e le loro figlie, cosa che io non avevo mai comandato e che non avevo mai pensato”.

Oggi pensiamo ai tanti, troppi bambini sacrificati dall’odio e dalla guerra per ideali a volte meschini e di potere.

Lasciamo Abramo e Isacco lassù sul monte Moria, vedremo la prossima volta come si conclude il racconto. Auguri di Buona Pasqua!

Enrico De Leon