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Dom, Dic
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La corsa del Vangelo

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- di don Davide e don Alberto -
È capitato a tutti di dover correre qualche volta: per qualcuno è la scelta
di farlo come attività sportiva, molto spesso può capitare di sentirsi di corsa per le molte cose da fare, altre volte corriamo perché sentiamo un desiderio impellente di andare incontro a qualcuno. Quest’ultimo tipo di corsa nasce da una specie di impulso interiore che diventa come una spinta che non ci fa stare fermi. Al di là dei movimenti delle gambe, dell’età e delle attitudini sportive, sentiamo importante che si tenga viva la corsa di chi non vuole rinunciare a costruire comunità e a portare il vangelo in ogni situazione di vita. Fa parte probabilmente del paradosso del vangelo che i più veloci corridori siano quelli che sembrano essere apparentemente meno dotati, e che possono diventare maestri per tutti.

Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù” (Fil 3,12): sono le parole di san Paolo, non più ragazzino, scritte alla comunità di Filippi. Come per Paolo, la consapevolezza di essere ancora nel pieno del percorso, di non aver ancora raggiunto la méta, e il desiderio di continuare il cammino per raggiungerla, ci hanno accompagnato in alcuni momenti della vita di comunità di questi mesi: il 20 ottobre e il 1° dicembre abbiamo vissuto i primi due incontri del percorso che abbiamo voluto chiamare “Officine di comunità”.

Potremmo anche dire, forzando forse un po’ i termini, che abbiamo celebrato questi incontri. Dove dietro a questo termine, celebrare, caro alla tradizione cristiana, si nasconde il desiderio di mettere in atto alcuni gesti, alcune prassi, che si spera diventino un giorno tradizione delle nostre comunità. Gesti e segni celebrati per rendere onore alla storia delle nostre comunità, ma anche per scriverne altre pagine. Usare il termine celebrare ci aiuta anche a ricordare la valenza comunitaria di questi incontri. Non è il desiderio narcisistico di chiuderci in un mondo a parte, ma la voglia di coinvolgere tutti coloro che condividono gli stessi obiettivi di comunità, costruendo così un forte senso di appartenenza, di responsabilità e di solidarietà spirituale tra i partecipanti. Un’occasione per rafforzare i legami reciproci, manifestare l’impegno verso la comunità sociale, ma anche per fare un’esperienza di fede alla luce della parola di Dio.

L'idea dell'officina richiama la voglia di creare luoghi e spazi nei quali le comunità si riuniscono per collaborare, scambiare idee e lavorare insieme per il benessere comune delle nostre comunità. Non si esclude che questi laboratori possano aprire spazi di progettualità, atti a realizzare progetti di tipo sociale, culturale, educativo e persino economico, se tutto questo aiuta a rafforzare il legame tra le persone e promuovere la partecipazione attiva per realizzare il bene comune.

Dal primo incontro (20 ottobre) abbiamo raccolto rimandi positivi, e alcune osservazioni per migliorare l’esperienza. L’elasticità della proposta, ovvero la possibilità di inserirsi nella giornata in diversi momenti ha reso l’iniziativa più modulabile sulle esigenze delle famiglie. Anche il pranzo insieme è stato apprezzato come un momento di condivisione e di conoscenza significativo. L’attività, che proponeva di immaginare la cassetta degli attrezzi delle parrocchie del futuro, ha permesso di giocare con la fantasia e far lavorare l’immaginazione. Una strategia che ha permesso anche a chi è meno abituato a riflettere di questioni pastorali, di esprimere il suo punto di vista.

Il secondo incontro (1° dicembre) ci ha offerto l’occasione di farci ispirare dall’inizio di nuovo tempo liturgico, l’Avvento: ancora una volta la vita della comunità e la celebrazione si sono incrociate in un modo vivo. L’attività del pomeriggio proponeva di riflettere e confrontarsi su tre immagini per descrivere il nostro cammino di fede personale e trovare suggerimenti per quello comunitario; l’immagine del fiammifero, strumento essenziale per accendere una fiamma, ma che necessita dello sfregamento su qualcosa di ruvido, così come ogni tanto la nostra vita deve scontrarsi con la ruvidezza di certe giornate; l’immagine della candela, luce umile, ma che può brillare nel buio profondo; l’immagine di un fuoco/falò che riscalda e si propaga sempre di più senza perder nulla della propria luce.

Le due giornate, che hanno avuto una buona partecipazione di giovani, adulti e anziani, ci hanno aiutato a sentirci tutti coinvolti nella corsa del vangelo e della fraternità: se uno dei motivi che ci spinge a correre è il desiderio di incontrare qualcuno, il Natale probabilmente ci permetterà di contemplare la corsa più impensabile della storia, quella che ha percorso il Signore per annullare la distanza tra il Cielo e la terra per venire ad abitare in mezzo a noi. Buon Avvento e buon Natale a tutti!

Don Davide Chiaussa e don Alberto Vergnano
Parroci