Il 12 febbraio del 2016 a L'Avana (Cuba) si sono incontrati il Romano Pontefice Francesco ed il patriarca di Mosca Kirill.
Non è semplice spiegare perché cattolici ed ortodossi sono tra loro divisi: la ragione principale sta comunque nella definizione del “primato petrino” (ovvero la potestà del papa immediata e diretta su tutta la chiesa del mondo) che, secondo gli ortodossi, non coincide con il mandato di Gesù ad essere la “pietra” su cui la sua chiesa sarebbe stata costruita. Il primato del successore di Pietro, infatti, è per gli ortodossi, un “primato d'onore” che lo pone come primo tra i fratelli nell'episcopato. L'altra grande differenza teologica tra cattolici ed ortodossi, la questione detta del “filioque”, è davvero difficile da spiegare a chi non ha alle spalle studi teologici. Basti perciò dire che nella professione della fede (il “credo” che recitiamo a messa tutte le domeniche) i cattolici dicono: “credo nello Spirito santo che è il Signore e dà la vita, e procede dal Padre E DAL FIGLIO....” Questa parte, che abbiamo evidenziato in maiuscolo non è pronunciata dagli ortodossi, perché ritengono che l'unica sorgente dello Spirito Santo, terza persona della Trinità, sia il Dio Padre. Questione profonda, come si diceva, complessa, ma che la ricerca teologica ha molto ridotto nella portata aiutando a capire che i cristiani dell'oriente e quelli dell'occidente, usando termini diversi, non intendono definire Dio in modo antitetico.
Ma le questioni sul tavolo, hanno voluto sottolineare Francesco e Kirill, oggi sono altre ed urgenti, e nel documento comune le hanno messe in fila per ricordarle ai loro fedeli ed al mondo.
Innanzitutto la presa di coscienza che in molte parti del mondo la vita dei cristiani e l'esistenza del cristianesimo sono minacciate: “Il nostro sguardo si rivolge in primo luogo verso le regioni del mondo dove i cristiani sono vittime di persecuzione. In molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per famiglie, villaggi e città intere. Le loro chiese sono devastate e saccheggiate barbaramente, i loro oggetti sacri profanati, i loro monumenti distrutti. In Siria, in Iraq e in altri paesi del Medio Oriente, constatiamo con dolore l’esodo massiccio dei cristiani dalla terra dalla quale cominciò a diffondersi la nostra fede e dove essi hanno vissuto, fin dai tempi degli apostoli, insieme ad altre comunità religiose.
Chiediamo alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l’ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente. Nell’elevare la voce in difesa dei cristiani perseguitati, desideriamo esprimere la nostra compassione per le sofferenze subite dai fedeli di altre tradizioni religiose diventati anch’essi vittime della guerra civile, del caos e della violenza terroristica”.
Ma anche nella nostra Europa il cristianesimo è attaccato in modo subdolo, sistematico e feroce: “Allo stesso tempo, siamo preoccupati per la situazione in tanti paesi in cui i cristiani si scontrano sempre più frequentemente con una restrizione della libertà religiosa, del diritto di testimoniare le proprie convinzioni e la possibilità di vivere conformemente ad esse. In particolare, constatiamo che la trasformazione di alcuni paesi in società secolarizzate, estranee ad ogni riferimento a Dio ed alla sua verità, costituisce una grave minaccia per la libertà religiosa. È per noi fonte di inquietudine l’attuale limitazione dei diritti dei cristiani, se non addirittura la loro discriminazione, quando alcune forze politiche, guidate dall’ideologia di un secolarismo tante volte assai aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica. Il processo di integrazione europea, iniziato dopo secoli di sanguinosi conflitti, è stato accolto da molti con speranza, come una garanzia di pace e di sicurezza. Tuttavia, invitiamo a rimanere vigili contro un’integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose. Pur rimanendo aperti al contributo di altre religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane. Chiediamo ai cristiani dell’Europa orientale e occidentale di unirsi per testimoniare insieme Cristo e il Vangelo, in modo che l’Europa conservi la sua anima formata da duemila anni di tradizione cristiana”.
Insomma, dicono i vertici delle due chiese, vogliamo davvero un'Europa tutta economia ed egoismo liberista o lasciamo uno spazio per l'anima cristiana che ha forgiato la nostra civiltà?
E questo si vede, continua la dichiarazione, nelle questioni chiave: il rispetto della famiglia naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la sacralità della vita, specie quando nasce e muore. Così il documento si conclude con un auspicio “Nel mondo contemporaneo, multiforme eppure unito da un comune destino, cattolici e ortodossi sono chiamati a collaborare fraternamente nell’annuncio della Buona Novella della salvezza, a testimoniare insieme la dignità morale e la libertà autentica della persona, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21). Questo mondo, in cui scompaiono progressivamente i pilastri spirituali dell’esistenza umana, aspetta da noi una forte testimonianza cristiana in tutti gli ambiti della vita personale e sociale. Dalla nostra capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili dipende in gran parte il futuro dell’umanità”.
Una speranza che è un compito, una sfida ed un sogno per ogni credente in Cristo.
Ettore Giribaldi