Dopo la perdita di Abele, ucciso dal fratello, e l’allontanamento di Caino,
“Adamo di nuovo conobbe sua moglie che partorì un figlio e lo chiamò Set, perché disse: Dio mi ha concesso-concordato un’altra discendenza” (Gen. 4,25). “Shet” in ebraico significa fu dato, fu accordato. Da qui inizia una lunga genealogia, cioè un elenco di nomi che partono da Adamo e arrivano fino a Noè, caratterizzata da due indicazioni: la prima è l’importanza del primogenito, ad esempio “Set generò Enos… poi generò figli e figlie. Enos generò Kenan… dopo generò figli e figlie” (Gen. 5, 6-70). La seconda indicazione è la simbologia dei numeri. Rileggiamo in modo completo i precedenti versetti. “Set aveva centocinque anni quando generò Enos; dopo aver generato Enos, Set visse ancora ottocentosette anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Set fu di novecentododici anni; poi morì. Enos aveva novanta anni quando generò Kenan; Enos, dopo aver generato Kenan... l'intera vita di Enos fu di novecentocinque anni; poi morì”. Nella Bibbia i numeri non sono mai messi a caso, ma hanno sempre un significato simbolico: il 7 è la perfezione (Dio creò in 7 giorni); 12 sono le tribù; 60 la tribolazione; 40 il tempo determinato da Dio; 4 indica la terra (pensavano a quei tempi che fosse quadrata); 3 il cosmo (cielo, terra e inferi) e così via. Sommando, moltiplicando i numeri simbolici si ottengono cifre che attribuite ai patriarchi ne indicano la condotta, il carattere e l’importanza.
In questa lista di 10 patriarchi, da Adamo a Noè, chi vive di più - lo sappiamo - è Matusalemme che si spegne a novecentosessantanove anni; chi vive di meno è suo padre, “Enoc camminò con Dio, dopo aver generato Matusalemme, poi scomparve perché Dio l'aveva preso. L'intera vita di Enoc fu di trecentosessantacinque anni” (…quanti sono i giorni di un anno solare). Per sottolineare la santità di Enoc il testo lo colloca come settimo discendente di Adamo: di lui non dice altro, ma un ebreo che legge (il settimo e 365 anni) capisce che tra tutti gli uomini della genealogia Enoc è il migliore, il prediletto di Dio: è figura messianica, perché Dio lo prende e lo porta con sé. In ebraico Enoch significa consacrato e secondo il libro del Siracide è portato in cielo per la sua condotta etico-religiosa. Esiste un libro apocrifo che porta il suo nome, dove tra l’altro si descrive il giardino di Eden per i santi, l’inferno per i malvagi e dove Enoch incontra il Messia. Questo libro di Enoch è riconosciuto canonico, cioè parola di Dio, dalla chiesa etiopica.
Ma col passare del tempo il comportamento degli esseri umani diventa sempre più perverso, “ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre. Il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra” e decide di ripartire da zero mandando un diluvio a distruggendo tutto. “Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore. Noè era uomo giusto (‘saddik’, cioè giusto davanti alla Torah) e integro (‘tanim’, cioè senza difetti) e camminava con Dio” (come Enoch!). Dio rivela la sua decisione a Noè che riceve l’ordine di costruire un’arca, una “tebah”: questa parola la troviamo solo qui nell’A.T. e in Esodo, dove designa la cesta in cui il neonato Mosè venne adagiato e poi messo nel Nilo per salvarsi dai malvagi Egizi.
Nell’arca contiamo otto persone: Noè con la moglie, i suoi tre figli con le rispettive compagne (otto numero simbolico, 7 la perfezione + 1 Dio) e una coppia di ogni animale presente sulla terra per assicurare la riproduzione dopo il diluvio. L’arca che galleggia perché ricoperta di bitume (tipica costruzione mediorientale, lì sono ricchi petrolio…) è una specie di palazzo galleggiante di tre piani così costruito: 160 metri di lunghezza, 28 mt di larghezza, 18 mt di altezza, ha una porta laterale e un tetto munito di finestra.
Inizia a piovere “nell’anno seicentesimo della vita di Noè” (60 indica la tribolazione per 10 numero di perfezione, cioè Noè deve soffrire molto nel vedere tutto distrutto), nel secondo mese, il giorno diciassette …Ora capite, perché il numero 17 si dice che porti sfortuna… magari era anche venerdì. Fatto sta che “eruppero le sorgenti e le cataratte del cielo si aprirono. Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni (come già sapete, il numero 40 indica il tempo voluto-deciso da Dio) e quaranta notti” (Gen. 7, 11-12).
A questo punto tutti sono entrati nell’arca, “il Signore chiuse la porta dietro di loro”.
Dice un commentatore: “l’immagine di Dio che si preoccupa di chiudere per bene la porta dell’arca, perché Noè e la famiglia siano al sicuro, è un segno di speranza che getta un po' di luce sulle tenebre della storia; così come l’arca che galleggia sulle acque diventa simbolo di un amore misericordioso che non si lascia mai sopraffare dal male, ma che fa sempre rinascere la vita anche dalle situazioni più nere”.
Una nuova umanità è ripartita con tutti gli animali terrestri e sono pronti ad un nuovo inizio, ad una nuova genesi al termine della crociera…Lo zoo galleggiante vede l’acqua inghiottire tutto, mentre naviga in sicurezza verso un futuro ignoto.
Buona Bibbia a tutti!
Enrico de Leon