Avevamo lasciato la prima coppia insieme al serpente vicino all’albero
“della vita ed in mezzo al giardino di Eden a Oriente con l’albero della conoscenza del bene e del male” (Gen. 2, 8-9) di cui avevano mangiato il frutto contravvenendo all’ordine di Dio.
Per secoli teologi e commentatori si sono chiesti: che frutto hanno mangiato?
Secondo alcuni testi rabbinici l’albero è il fico, “solo l’albero del fico permise di prendere le sue foglie, poiché proprio il fico era il frutto proibito”. Per altri era l’albicocco e per alcuni la vite: un testo dice che il serpente prese a calci l’albero della vite e ne caddero molti chicchi di uva, a quel punto tutti gli animali si precipitarono a mangiarli (…ahò se magna gratis!). Visto che agli animali non succedeva niente anche Adamo ed Eva raccolgono l’uva e se la mangiano. Per noi occidentali invece il frutto del peccato è sempre stato identificato con la mela, come se il giardino di Eden fosse …in Trentino, invece che in Oriente! La colpa fu della traduzione latina della Bibbia che parlava di albero del “bonum et malum”. In latino il termine “malum” ha due significati: il male e mela o pomo (malum discordiae: il pomo della discordia), quindi il testo poteva anche essere tradotto “l’albero del bene e della mela”. Con buona pace di Freud e delle sue elucubrazioni, sul significato sessuale dell’atto compiuto da Adamo ed Eva, è solo un problema di traduzione e la povera mela per secoli è stata malvista.
In ogni modo l’aver mangiato il frutto ebbe come conseguenza che “il Signore li cacciò dal giardino di Eden”, dopo aver fatto alla coppia una romanzina e averli condannati alla fatica del vivere e soprattutto alla perdita della vita eterna. Ma Dio non dimentica di amare l’essere umano anche se pecca e si allontana da lui: “il Signore Dio fece all’uomo con sua moglie tuniche di pelle e li vestì” (Gen. 3,21). In Oriente il vestito era procurato a tutti i membri della famiglia dal padre, quello di Dio è un gesto paterno e amoroso che vuol ricordare alla prima coppia e a tutti noi che Dio si prenderà sempre cura dei suoi figli; anche se sbagliano e lo tradiscono Lui ha sempre nuove vesti con cui darci dignità.
“L’uomo (Adam) chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi” (Gen. 3,20), in ebraico la parola “hayyah” che significa vita. Eva è la vivente, è colei che dà la vita. Infatti appena atterrati sul nostro pianeta: “Abramo conobbe Eva sua moglie che concepì e partorì Caino. Poi partorì ancora Abele suo fratello”. (Gen. 4, 12).
Caino proviene dal verbo ebraico che significa acquistare, procreare, guadagnare, mentre nelle antiche lingue arabiche “qayn” indica il fabbro. Appena nato la madre esclama: “ho generato un uomo!”. Invece il nome Abele viene dall’ebraico “Hebel” che può essere tradotto con soffio, vanità, non durevole e sicuramente vuole indicare la brevità della sua vita. In arabo “habbal” significa pastore: il testo biblico dice “Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo” (Gen. 4,2).
La storia dei due fratelli la conosciamo bene, Caino ucciderà suo fratello. Il male sulla terra progredisce con rapidità impressionante. Con questo primo delitto la morte entra violentemente nel mondo. Abele è il primo a morire nella Bibbia, ma in questo atto si condensano milioni e milioni di gesti violenti che si ripeteranno nella storia e di cui oggi noi siamo testimoni.
I commentatori dicono che Caino agì per gelosia, altri che non voleva dividere l’eredità, voleva guadagnare-acquistare tutto per sé, ma più probabilmente è un racconto che riporta la lotta tra agricoltori e nomadi-pastori tra cui, a quei tempi, non correva buon sangue. Lo stesso libro della Genesi ci presenterà più avanti tanti scontri tra i due mestieri.
Con Abele morto e Caino cacciato e costretto a vivere lontano dalla terra dei genitori cosa succede alla nostra coppia?
“Adamo di nuovo conobbe sua moglie che partorì un figlio e lo chiamo Set, perché – disse – Dio mi ha concesso un’altra discendenza al posto di Abele”. (Gen. 4,25). Il nome Set viene dal verbo “sat”, cioè concedere, suscitare, accordare. Con lui è concesso da Dio di ripartire, ricominciare daccapo. Di Adamo la Bibbia dirà poi solo questo: “Adamo aveva 130 anni quando generò suo figlio Set, dopo visse ancora 800 anni e generò figli e figli. L’intera vita di Adamo fu di 930 anni, poi morì”. (Gen. 5, 3-5)
Di Eva invece non si dice più nulla. Antichi racconti extrabiblici dicono che, alla morte di Adamo, Eva sconsolata piangeva, “venne un angelo che le ordinò di alzarsi e le disse: guarda il suo spirito salire verso il Creatore e presentarsi a Lui. Allora essa vide un carro di luce, trainato da quattro aquile splendenti e precedute da angeli, sui quali giaceva Adamo. Subito dopo per ordine di Dio tre grandi arcangeli coprirono il corpo di Adamo con un lino e vi versarono sopra un olio profumato. Insieme al suo essi sotterrarono anche il corpo di Abele e li seppellirono nel punto dove Dio aveva preso la polvere con cui aveva fatto Adamo. Dio disse: ti prometto la risurrezione: ti desterò nel giorno del giudizio. Dio sigillò poi la tomba”. Dopo sei giorni morì anche Eva “tre angeli scesero e deposero il suo coro nella tomba insieme ad Adamo e Abele”. Entrambi ci aspettano nel Giardino di Eden!
Buon Natale e buona Bibbia a tutti!
Enrico de Leon