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Dom, Dic
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Dal dolore alla speranza

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La morte di Marco Di Rella, ex animatore di 26 anni della Parrocchia S. Edoardo Re, ha toccato il cuore di tutti.

Per molti ha rappresentato anche l’inizio di un profondo turbamento, umano ed esistenziale. Perché il dolore innocente? Come stare accanto a chi amiamo quando sembra che non ci sia più speranza di futuro? Che cosa ci aspetta alla fine della vita? E ancora: come impostare la vita sapendo ciò che ci attende? Che valore dare al tempo, agli affetti, agli scopi della vita di fronte al dolore e alla morte? È a partire da domande come queste che è nata l’idea di organizzare due serate in chiesa: per conoscere, condividere e sollevare lo sguardo.

Conoscere, innanzitutto. Il dibattito sulla bioetica, sviluppatosi con toni molto accesi fino a qualche anno fa, si è di fatto smorzato in Italia negli ultimi anni: sia a motivo del progresso medico non più alla portata della cultura media, sia perché come tema estremamente divisivo è stato ampiamente rimosso dai dibattiti pubblici. Questo ha favorito il consolidarsi di una mentalità comune utilitaristica nella teoria e pragmatica nei fatti, apparentemente più agevole, più semplice e più efficace, ma non per questo meno problematica. Le cure palliative, nate in ambito anglosassone in tempi relativamente recenti, si inseriscono in questo quadro. I molti punti che le caratterizzano hanno bisogno di essere esposti e compresi: non solo perché non si tratta di banali ricette farmacologiche, ma anche per le differenze sostanziali che le separano dall’eutanasia. Sono cure (e non incentivi alla morte); sono amministrate da équipe di professionisti (medici, infermieri e con il coinvolgimento di psicologi e cappellani ospedalieri) che operano coinvolti in una relazione dalle mille sfaccettature con pazienti, familiari e amici delle persone in difficoltà; sono offerte a pazienti forse inguaribili ma non per questo incurabili.

Condividere. Le serate sono state pensate come un’occasione per permettere di aprire il carico di sentimenti pesanti che molti hanno accumulato nel tempo (ansia, rabbia, senso di abbandono, frustrazione…) trovando accoglienza e comprensione. I relatori, scelti per qualifiche ed esperienza, hanno personalmente vissuto, per scelta e missione, esperienze difficili. Non sentirsi soli nel carico di decisioni e pesi difficili da sostenere può essere la prima luce di speranza quando la vita sembra finire.

Sollevare lo sguardo. Rendendo consapevoli della complessità dei problemi e delle variabili in gioco, le serate sono state pensate come un invito a riflettere sul fatto che si affronta la morte con le riserve umane e spirituali che si sono messe da parte nei tempi della spensieratezza. La morte è un atto della vita. Sotto questo profilo non sono indifferenti i valori e gli scopi con cui si imposta l’esistenza. Come credenti, occorre tenere vivo lo sguardo sull’amore che rimanda a Dio e a Gesù Cristo suo Figlio, morto e risorto.

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