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Bibbia per tutti - Alle radici dell'umanità

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Nei primi capitoli del libro della Genesi troviamo due racconti

che ricordano la creazione del genere umano: il primo (Gen. 1, 26-28) viene collocato come momento finale e culmine della creazione dell’universo, al sesto giorno, atto conclusivo dell’opera di Dio. “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza, disse Dio”. In ebraico le parole “selem” (immagine) e “semut” (somiglianza) indicano la prima la copia completa, il ritratto o una riproduzione, mentre la seconda è un sostantivo verbale che indica una similitudine interiore e nel modo di pensare. L’umanità, ci dice il testo, è la più alta e simile rappresentazione di Dio che si possa trovare sulla terra. “Così Dio creò gli uomini a sua immagine; a immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò. Poi Dio li benedisse” (Gen. 1,27 – 28). Vi ho scritto la traduzione del cardinal Ravasi che preferisce il plurale per parlare di creazione dell’uomo.

Ci sono tre parole che in ebraico indicano l’essere umano.

1) Adam il termine usato in Genesi che si può tradurre, come vedremo dopo, con “terrestre” o con “umanità”.

2) Ish che indica l’essere umano maschio, spesso usato come marito a cui corrisponde ishah, cioè donna - moglie - femmina.

3) Enosh che indica la creaturalità, la fragilità dell’essere umano: spesso è utilizzato per indicare l’uomo in generale: “quel tale” o “scusi buon uomo” …

Il secondo racconto della creazione dell’uomo è molto più breve, ma molto denso. “Allora il Signore Dio plasmò l’uomo (adam) con la polvere del suolo (adamah) e soffiò nelle sue narici un alito di vita (nishmah), così l’uomo (adam) divenne un essere vivente (nefesh)”, è il versetto 7 del secondo capitolo di Genesi. Se il primo racconto voleva sottolineare la relazione, la somiglianza tra Dio e l’umanità quest’altro ci ricorda il legame tra l’essere umano e la terra, tra noi e la natura. È dalla terra (adamah) che nasce l’uomo (adam), Dio lo plasma quasi fosse un vaso di argilla, gli dà vita, ma poi lo ricolloca là dove è nato. “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse”. Il verbo custodire (shamar) in ebraico indica la sentinella che deve vigilare, stare attenta… questo sarebbe il compito dell’uomo nei riguardi di colei, la terra, che lo ha generato. La terra, come ogni madre fa quando i figli si comportano male li punisce!

Ma l’uomo resterebbe un pinocchio di argilla, di coccio, se mancasse l’azione di Dio che “soffiò (neshamah) un alito di vita (nishmah) divenne un essere vivente” (nefesh). Tutte parole che in ebraico rimandano sia al respirare sia alla spiritualità: si vive perché si respira, ma che vita sarebbe senza lo spirito? Senza la capacità di entrare in relazione con gli altri e con Dio?

Difatti il nostro primo uomo, il terrestre, da solo in Paradiso un po' si annoiava, certi animali lo capivano e gli facevano compagnia, ma gli altri… cosa ci fai con un ippopotamo? Una puzzola? Un bradipo? Anche Dio si accorge di questo problema e così “il Signore Dio disse – non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda”, altra traduzione possibile “aiuto degno di lui” (Gen. 2,18).

L’uomo è fatto, come sottolinea il card. Ravasi, per entrare in relazione con altri e costruire rapporti. Il momento più alto di questa sua capacità di relazione si trova nel suo incontro con la donna, l’aiuto che può stare “di fronte a lui” che è “degno di lui”, cioè sul suo stesso piano. “Allora Dio fece cadere un torpore sull’uomo che si addormentò: gli tolse una delle costole (selà) e formò con la sua costola… una donna e la condusse all’uomo” (Gen. 2, 21-22). La parola ebraica “selà”, che le nostre Bibbie traducono con costola, è un termine con molti sensi: in Esodo 26,20 indica i lati del tabernacolo del Tempio: in I Re 6,5 le camere laterali del Tempio; sempre in Esodo le tavole della Legge sono scritte su due lati. Sarebbe allora meglio, invece di tradurre costola, dire che la donna è l’altro lato dell’uomo: l’Adam, il terrestre, l’umanità è composta da un lato maschile e da uno femminile. Uomo e donna partecipano della stessa vita, sono un aiuto degno l’uno per l’altra. È una coppia che fa l’Adam!

Allora l'uomo disse: è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna (ishah) perché dall'uomo (ish) è stata tratta” (Gen. 2,23). I due lati dell’Adam sono in assoluta parità. Lo sottolinea il gioco di parole, difficile da rendere in italiano, ma chiaro in ebraico: ish - ishah è un po' come tradurre “sarà chiamata uoma, perché dall’uomo è stata tratta” (oppure si chiamerà donna perché dal donno è stata tratta). È più facile da capire per gli anglofoni che hanno “man” e “woman”.

Il secondo racconto della nascita dell’essere umano si conclude così: “per questo l’uomo lascerà sua madre e suo padre e si unirà alla sua donna (la Bibbia CEI traduce ‘si unirà a sua moglie’, ma non è esatto!) e i due saranno una sola carne” (Gen. 2,24). La parola ebraica che traduciamo con carne è “basar” che nel pensiero semita della Bibbia significa anche persona: secondo il piano creazionale i due lati dell’umanità sono chiamati ad essere un’unica realtà, un unico essere, aperto all’amore e in armonia con il creato.

Buona Bibbia a tutti!

Enrico de Leon