Il 15 maggio di quest’anno Papa Francesco lha proclamato santo il carmelitano Titus Brandsma.
Nel 1985 Papa S. Giovanni Paolo II lo aveva dichiarato beato.
Era entrato all’età 17 anni nell'Ordine dei Frati Carmelitani nel convento di Boxmeer nei Paesi Bassi. Nel 1905 fu ordinato sacerdote e l'anno successivo si trasferì a Roma per frequentare gli studi di filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana.Tito Brandsma, al secolo Anno Sjoerd Brandsma, era nato il 23 febbraio 1881 in Frisia, regione agricola del nord dell’Olanda.
Nello studentato carmelitano del suo paese insegnò filosofia e matematica, scrisse per testate giornalistiche, tradusse le opere di santa Teresa d’Ávila e l’Imitazione di Cristo in lingua frisona. Infine nel 1919 divenne redattore capo del giornale “Città di Oss”.
1942: la lugubre musica intonata dal cannone nazista annuncia l’invasione dei Paesi Bassi e con essa inizia la spietata caccia all’ebreo. Padre Titus si schiera con i perseguitati, la Gestapo lo arresta nel convento di Nimega. È gravemente ammalato, loro però hanno una cura efficace e risolutiva: Dachau. Lo accompagna il rapporto Gestapo: “Il professor Brandsma deve essere considerato un nemico della causa nazionalsocialista. Si tratta di un uomo molto pericoloso». Trasferito nel carcere di Scheveningen condivide la cella con padre Romeral che diventerà il suo biografo: “Padre Titus amava profondamente la Madonna, aveva messo il breviario aperto alla pagina in cui c’era l’immagine di Maria, cosi ovunque fosse la vedeva”.
Nei campi di concentramento lo spirito di sopravvivenza fa commettere violenze di ogni tipo e l’uomo spesso diventa carnefice di sé e dei suoi simili. Per Titus non è cosi, scopre nel profondo l’amore di Dio e lo trasmette ai suoi compagni di prigionia. Nel suo diario scrive: “... benché non sappia come andrà a finire, so bene però che mi trovo nelle mani di Dio. Il celebre passo che S. Teresa teneva gelosamente nel suo breviario anche per me è ora di consolazione e di sprone: ‘Nada te turbe, nada te espante. Dios basta…’, niente ti preoccupi, niente ti spaventi. Dio solo ti basti…”
Padre Titus ha dolori sempre più forti, nell’infermeria del lager l’unica cura è infliggere ancora sofferenze con esperimenti sulla carne viva. È la pietà dei dittatori! Non si lamenta, ma prega, consola, ama. Dopo la sua morte quelle parole e quel sorriso convertirono anche l’infermiera del campo che gli praticò l’iniezione letale di acido fenico. Anche lei testimonierà al processo di beatificazione. Bella e intensa la preghiera che Titus scrive in prigione, ecco il versetto finale: “Fermati Gesù, non mi lasciare! La Tua divina presenza, rende facile e bella ogni cosa!”.
Sì, è proprio questa “Divina Presenza” che dimora nel cuore di S. Titus Brandsma che lo conforma sempre più a Cristo. Questo amore senza confini lo trasforma in una luce potente nel buio della storia dell’uomo.
Marcello Aguzzi