14
Dom, Dic
97 New Articles

L'evangelista Giovanni testimone della morte e resurrezione di Gesù

Proposte
Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times

Nel racconto della passione e morte di Gesù, che meditiamo in questi giorni, troviamo un episodio che solo Giovanni racconta:

“presso la croce Gesù vedendo sua madre e accanto a lei il discepolo che egli amava … disse al discepolo ‘Ecco tua madre’ e da quell’ora la prese il discepolo in casa sua” (Gv. 9, 26-27 vi go trascritto la versione letterale).

Chi è questo discepolo? È colui che pochi versetti dopo scrive: “chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera” (Gv. 19,35) e più avanti “costui è il discepolo che testimonia queste cose e scrisse quelle cose” (Gv. 21,24).

Quasi tutti i biblisti concordano nel dire che questo discepolo sia Giovanni, l’autore del quarto vangelo, fratello di Giacomo, figlio di Zebedeo originario di Betsaida sul lago di Tiberiade, stesso paese di Pietro vicino a Cafarnao. Giovanni (il nome significa Jahvè ha fatto grazia) è giovane ed è amico del fratello di Pietro, che si chiama Andrea. Insieme sono andati al di là del Giordano per seguire Giovanni il Battista e diventare suoi dicepoli, ma un giorno arriva Gesù. Il Battista “stava con due suoi discepoli e fissando lo sguardo su Gesù disse ‘ecco l’Agnello, il Servo di Jahvè’ e i suoi discepoli seguirono Gesù… uno dei due era Andrea fratello di Simon Pietro” (Gv. 1, 29 - 40). L’altro era il nostro Giovanni che così torna sul lago a fare il pescatore, ma per poco, in quanto un bel giorno Gesù passando proprio da lì “vide Simone e Andrea che gettavano le reti in mare… un poco oltre vide Giacomo e Giovanni e subito li chiamò. Ed essi lasciarono le reti e lo seguirono diventando suoi discepoli”.

Giovanni, il discepolo della prima ora, è anche uno dei pochi testimoni della trasfigurazione di Gesù; insieme con Pietro è mandato a preparare la Pasqua al Cenacolo; con Giacomo e Pietro è chiamato a vegliare nel Getsemani poco prima dell’arresto di Gesù. Nel suo Vangelo Giovanni non si nomina mai, ma usa per ben cinque volte lo pseudonimo “il discepolo che Gesù amava”, prediligeva, forse perché era il più giovane. La prima volta è durante l’ultima cena. “Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola a fianco di Gesù, chinandosi sul petto di Gesù gli disse: chi è?” Voleva sapere chi l’avrebbe tradito.

Dopo la morte e sepoltura di Gesù la domenica mattina la Maddalena vide il sepolcro vuoto “corse e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava”, li avvertì, “Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo che correva più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro… vide e credette” (Gv. 20, 2 - 8). Giovanni è il primo a vedere il sepolcro vuoto, le bende, il sudario, il primo a capire e a credere nella resurrezione e a comprendere le Scritture, per questo poi scriverà quel capolavoro del prologo al suo Vangelo.

Lo incontriamo ancora al termine del Vangelo: Pietro e gli apostoli sono tornati a Tiberiade. Non sapendo che fare “disse loro Simon Pietro, io vado a pescare “, ma forse perché erano un po' arrugginiti e avevano perso l’allenamento “quella notte non presero nulla”. Arriva Gesù, indica dove gettare la rete e subito fanno il pieno di pesci! Allora il “discepolo che Gesù amava” disse a Pietro: “è il Signore” (Gv. 21, 3-7). Nel periodo dopo la Pentecoste Giovanni lo troviamo di nuovo insieme a Pietro per la guarigione di uno storpio alle porte del Tempio di Gerusalemme (Atti 3); al processo contro di loro (Atti 4) e poi in Samaria come missionari. Nella lettera ai Galati Paolo lo considera una colonna della Chiesa di Gerusalemme che lo prega “soltanto di ricordarci dei poveri ed è quello che mi sono preoccupato di fare” (Gal. 2, 9 -10).

Nel vangelo apocrifo dei Nazarei si dice che è il nostro Giovanni a far entrare Pietro nel palazzo del sommo sacerdote durante il processo a Gesù: “essendo il figlio del modesto pescatore Zebedeo, egli aveva spesso portato pesce al palazzo. Giovanni andò dalla portinaia e ottenne da lei il permesso di far entrare Pietro che fuori dalla porta piangeva amaramente”.

Questo è ciò che le scritture ci dicono di Giovanni, ma la tradizione cristiana e la storia della Chiesa del primo secolo ci danno altre informazioni. Giovanni evangelizza l’attuale Turchia e sarà vescovo ad Efeso. Secondo lo storico Eusebio (3° secolo) l’anziano Giovanni da Efeso viene portato a Roma, processato e condannato a morte. È gettato in una caldaia di olio bollente, ma miracolosamente sopravvive, al che si decise di esiliarlo nell’isola di Patmos, un’isoletta greca, dove scrive il libro dell’Apocalisse: “Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell'isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù. Lì fui preso dallo Spirito e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva ‘Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese: a Èfeso, Smirne… Laodicèa” (Ap. 1, 9 – 11)

Si racconta poi che, ormai molto anziano riuscì a tornare ad Efeso dove morì - dicono - 71 anni dopo la morte di Gesù quindi ultracentenario. La Chiesa cattolica lo festeggia il 27 dicembre e lo indica come patrono dei poeti e dei vignaioli. Il simbolo dell’evengelista è l’aquila per le alte vette teologiche contenute nei suoi scritti che, oltre a Vangelo e Apocalisse, comprendono anche tre lettere molto belle.

Buona Pasqua a tutti!

Enrico de Leon