Una vita che affonda nella storia e una nuova vita nel presente.
Così oggi l’Eremo dei Camaldolesi di Pecetto si presenta nella sua nuova veste di “Arsenale dell’Armonia”, una delle tante e belle opere del Sermig, fondato da Ernesto Olivero.
Una ventina di anni fa infatti la Fondazione Sermig ha ricevuto in donazione dai Padri Somaschi la proprietà denominata “Torre dell’Eremo” composta da 34.700 mq di terreno agricolo e boschivo e da un fabbricato di 900 mq. Con l’aiuto dei giovani dell’Arsenale della Pace di Torino sono stati ripuliti il terreno ed il bosco per far spazio alle nuove piantagioni autoctone e ad un frutteto. Un gruppo di professionisti ha realizzato gratuitamente il progetto di ristrutturazione del fabbricato e l’ampliamento.
Nel 2011 sono iniziati il recupero della Torre e del complesso adiacente soggetto a vincolo storico e la costruzione di nuovi fabbricati; i lavori sono stati ultimati nel 2016. La struttura risulta così dotata di laboratori per la trasformazione di prodotti alimentari, di camere per un totale di 25 posti letto, cucina e sala da pranzo, aule per incontri e sala conferenze. Nella Torre è stata ripristinata la cappella a disposizione di chiunque vorrà sostarvi per momenti di silenzio, riflessione e preghiera. L’esperienza di lavoro con i ragazzi diversamente abili già realizzata a Madaba in Giordania ha convinto il Sermig che la Torre dell’Eremo sia il luogo adatto ad un servizio analogo, in cui i ragazzi, terminato il percorso scolastico, potranno inserirsi in attività occupazionali legate all’agricoltura.
La storia dell’Eremo però parte nel sedicesimo secolo: nel 1598 a Torino si diffuse la peste. Il giovane duca di Savoia Carlo Emanuele I conosceva bene i rischi che un’epidemia avrebbe implicato per la sua città e attraverso preghiere, processioni e voti implorò l’aiuto di Dio. Quando la pestilenza si attenuò e scomparve Carlo Emanuele incaricò il suo confessore, il camaldolese padre Ascanio, di ricercare un luogo adatto per edificare un nuovo monastero. Nel 1602 il Duca pose la prima pietra dell’Eremo dei Camaldolesi su un terreno di 107 giornate, costate 4000 scudi d’oro, una somma enorme per quei tempi. La regola di vita dell’eremo sarebbe stata quella dei Camaldolesi, caratterizzata da grande austerità ed eremitismo quasi perpetuo. Della costruzione venne incaricato Ascanio Vitozzi da Orvieto.