Al capitolo 14 del Vangelo di Marco troviamo una strana annotazione che è presente solo in quel vangelo.
Siamo nel Getsemani, Giuda arriva col le guardie per arrestare Gesù. “Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo” (Mc. 14,50-52).
Chi è questo ragazzo?
Qualche esegeta dice che è il simbolo del catecumeno, del battezzato che segue il maestro; altri dicono che sia l’unico coraggioso della compagnia. Quel ragazzo cerca di stare vicino a Gesù, ma come aveva profetizzato Amos “il più coraggioso tra i forti fuggirà nudo in quel giorno”. Molto probabilmente però il ragazzo in questione è proprio l’evangelista Marco che ci vuole raccontare di aver conosciuto e ascoltato Gesù e di essere un testimone oculare del suo arresto.
Cosa sappiamo di questo ragazzo che ci ha regalato il secondo Vangelo?
Lo ritroviamo nel libro degli Atti degli Apostoli: Pietro è rinchiuso in prigione in attesa del processo e viene miracolosamente liberato da un angelo, quindi Pietro “si reca a casa di Maria, la madre di Giovanni detto Marco, dove molti erano riuniti e pregavano” (At. 12, 7 – 17). La casa dove Marco è cresciuto a Gerusalemme era un luogo dove i primi cristiani si trovavano a pregare e dove Pietro si nasconde per non tornare in carcere. Siccome non c’erano ancora chiese era in casa che si svolgevano la liturgia e i sacramenti della prima comunità cristiana.
Marco ha un cugino, Barnaba, grande amico e compagno di missione di Paolo che lo vuole con sé nel suo primo viaggio missionario. Nella lettera ai Colossesi l’apostolo Paolo scrive: “vi saluta Marco, il cugino di Barnaba, se verrà da voi fategli buona accoglienza”. Marco si separerà da Paolo per tornare a Gerusalemme e ciò creerà qualche problema quando Paolo, dopo il Concilio di Gerusalemme, disse a Barnaba “ritorniamo a far visita ai fratelli delle città dove abbiamo annunciato la parola. Barnaba voleva prendere con loro anche Marco”, ma Paolo era contrario per il suo precedente abbandono. “Il dissenso fu tale che si separarono uno dall’altro. Barnaba prendendo con sé Marco s’imbarcò per Cipro” (At. 15 36-40). Paolo invece partì per la Siria.
Questi versetti ci insegnano alcune cose.
1) Anche nella primissima Chiesa c’erano tensioni e ciò ci consente di dare un volto più umano, più simile al nostro, rispetto a questi personaggi aureolati da racconti agiografici. Anche loro, come le nostre comunità, a volte litigavano!
2) Da questi contrasti a volte possono nascere molte opportunità per il diffondersi della Parola…invece di una missione ne nascono due.
3) Si può anche litigare, scegliere vie diverse nella Chiesa, ma mai separarsi sull’essenziale, mai creare scisma.
4) Ogni dissidio nella Chiesa però dovrà poi essere sanato: Paolo modificherà il suo atteggiamento verso Marco. “Prendi con te Marco e portalo da me, perché mi sarà utile nel ministero”, scriverà a Timoteo una decina di anni dopo e nella lettera a Filemone scrive che Marco è in carcere con lui a Roma. Anche con Barnaba tornerà l’armonia: sono insieme a Corinto e poi in prigione a Roma. Dopo la morte di Paolo, Barnaba sarà vescovo a Milano.
Anche Pietro ci parla di Marco: “vi saluta la comunità che vive a Babilonia (cioè a Roma, così la città era chiamata da ebrei e cristiani perseguitati) e anche Marco, figlio mio. Pace a voi tutti che siete in Cristo!” (Pt 5, 13 - 14). Molti esegeti dicono che proprio la vicinanza tra Pietro e Marco abbia contribuito alla stesura del Vangelo, basato appunto sui ricordi e i racconti del primo Papa che Marco scriveva e tramandava. Il fatto che lo chiami “figlio mio” non indica solo l’affetto, ma probabilmente il rapporto scritturistico nato tra loro.
Ma che fine ha fatto il nostro evangelista?
Eusebio (intorno all’anno 300) nella sua “storia della Chiesa” dice che Marco fondò la chiesa di Alessandria d’Egitto, dove morì come primo vescovo nel 52, da martire. Gli abitanti di Alessandria, nemici dei cristiani, legarono Marco e lo trascinarono per le strade con una corda fino a strozzarlo. Poi collocarono il suo corpo su una pira, ma quando iniziarono a dargli fuoco ecco scoppiare un enorme temporale… i nemici fuggirono impauriti e i pochi cristiani seppellirono il corpo di Marco in un luogo segreto. Con l’affermazione del Cristianesimo le reliquie di S. Marco furono venerate per secoli ad Alessandria d’Egitto. Con la conquista mussulmana dell’Africa nell’828 i resti del corpo di Marco furono caricati su una nave e portati a Venezia, deposti nella Basilica che porta il suo nome.
Il simbolo di Marco e del suo vangelo è il leone alato con riferimento alle visioni di Giovanni descritte nel capitolo 4 dell’Apocalisse e a quella del primo capitolo del profeta Ezechiele. L’alato leone è considerato dall’830 l’emblema del patrono di Venezia. La zampa del leone poggia sul libro aperto con la scritta: “Pax tibi Marce Evangelista meus” (Pace a te Marco, mio evangelista).
Buona Bibbia a tutti!
Enrico del Leon