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Bibbia per tutti - Il filo che lega i Salmi

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Come dicevamo nello scorso articolo, il libro dei Salmi è forse il testo dell’Antico Testamento più conosciuto ed usato da noi cattolici.
Le sue 150 preghiere formano la liturgia delle ore (il libro di preghiere che i preti, le suore e - grazie a Dio - anche molti laici recitano ogni giorno). La liturgia eucaristica ci fa pregare con il salmo responsoriale. Molti canti che utilizziamo nelle nostre chiese e nelle riunioni di preghiera trovano nel libro dei Salmi la loro ispirazione.

Insieme con lo scrittore dei Salmi, ispirato da Dio, anche la nostra preghiera si uniforma a ciò che Dio vuole ascoltare. Dice il Salmo 81: “Apri la tua bocca ed io il Signore la riempirò”. E il Salmo 51: “Signore, apri le mie labbra e la mia bocca canterà la tua lode”. Scriveva Giovanni Paolo II: “Il libro del salterio rimane la fonte ideale della preghiera cristiana e ad essa continuerà ad ispirarsi la Chiesa nel nuovo millennio”.

Fino al periodo del Concilio Vaticano II il libro dei Salmi era considerato come un’antologia di preghiere, canti e inni raccolti un po’ a caso senza alcun apparente ordine e senso: si passava da un salmo di ringraziamento ad uno di supplica, da un canto di lode ad una richiesta di aiuto. Ma dopo il 1972, grazie a due grandi biblisti, l’italiano Dario Barsotti e il francese Andrè Chouraqui, si cominciò a scoprire in questo libro una composizione unitaria che seguiva un filo teologico particolare. Fonte di riflessione per quei teologi e per noi biblisti contemporanei fu il commento ebraico al libro dei Salmi, in particolare il “midrash tehillim” (il commento dei grandi rabbi d’Israele, compilato nel III secolo d.C) che introduceva il libro in questo modo: “Mosè diede ad Israele i cinque libri (cioè il Pentateuco), così anche Davide diede cinque libri ad Israele”, indicando quindi la possibilità di suddividere i 150 salmi in cinque sezioni in parallelo con i cinque libri del Pentateuco o Torah. I Salmi sono quindi “commento sinfonico al Pentateuco” in quanto accompagnavano in sinagoga la lettura della Torah nel giorno di sabato durante l’anno liturgico ebraico. Chouraqui e Barsotti si accorsero che i versetti finali di quattro salmi (41, 72, 89 e106) terminano con una dossologia (cioè un inno di lode) molto simile: “Benedetto il Signore, Dio di Israele da sempre e per sempre. Amen amen” ipotizzando a ragione che indichino la conclusione delle sezioni in cui si divide il salterio.

Vediamo allora brevemente come si può dividere il salterio, in quale chiave spirituale leggerlo e con quale atteggiamento pregarlo.

1) Primo libro (salmi dall’1 al 41) che corrisponde alla Genesi. Descrive il confronto tra il giusto e l’empio: “beato l’uomo che trova nella legge del Signore la sua gioia… è come un albero piantato lungo corsi d’acqua… tutto quello che fa gli riesce bene. Non così i malvagi, sono come la polvere dispersa dal vento” (Sal. 1). E’ il confronto tra bene e male, tra innocenza e peccato: tutte tematiche che ritroviamo nella Genesi. Il momento più importante di questo primo libro è al Sal. 22, quello che Gesù pregherà in croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (ma in ebraico si può leggere anche “Dio mio, a cosa mi hai abbandonato!” che presenta la sofferenza di Abramo chiamato a sacrificare il figlio, Isacco in esilio, Giacobbe in lotta con Dio e Giuseppe venduto ai fratelli.

2) Secondo libro (salmi dal 42 al 72) che corrisponde all’Esodo e che inizia con salmi in cui si descrive il desiderio di Dio da parte di un Israele lontano, in esilio, in schiavitù. “Come una cerva anela ai corsi d’acqua così la mia anima anela a te, o Dio…le lacrime sono il mio pane giorno e notte … mi insultano i miei aguzzini e mi chiedono: dov’è il tuo Dio?” (Sal. 42). Salmo centrale è il 48 in cui si ricorda la liberazione, il dono della Legge sul Sinai e l’arrivo nella terra promessa. La conclusione, salmo 72, predice il Regno come alla fine dell’Esodo.

3) Terzo libro (salmi dal 73 all’89) che insiste molto sul culto, sulla liturgia e sulla legge proprio come il libro del Levitico. Dio ha liberato il suo popolo e lo salva tramite i sacerdoti (tribù di Levi) Mosè ed Aronne. Il salmo 84 è il suo centro: “quanto sono amabili le tue dimore o Signore! Beato chi abita la tua casa e senza fine canta le tue lodi”. Il salmo conclusivo, 89, ricorda le promesse di Dio al suo popolo che chiudono il Levitico e anticipano quelle fatte a Davide sull’avvento del Messia.

4) Il quarto libro (salmi dal 90 al 106) è la celebrazione di Dio pastore del suo popolo, re dell’universo ed operatore di meraviglie come nel libro dei Numeri. “Il Signore regna si riveste di maestà” (Sal. 93)”. “E’ lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli guida” (Sal. 95). I salmi conclusivi, 105 e 106, sono il cuore della sezione: una rilettura, come nel libro dei Numeri, della storia salvifica di Israele in positivo (Sal. 105: le meraviglie di Dio per il suo popolo) e in negativo (Sal. 106: le infedeltà e i peccati di Israele).

5) Il quinto libro (salmi dal 107 al 150) è il libro della lode per la Torah e per la montagna di Dio, prima il Sinai e poi il monte Sion a Gerusalemme, così come si legge nel libro del Deuteronomio. Sono salmi di gioia “voglio cantare, voglio inneggiare: svegliati mio cuore!” (Sal. 108). Il punto nodale è il salmo 119, il più lungo di tutti (ben 176 versetti) che glorificano la Torah, la legge di Dio. Come nel Deuteronomio troviamo le benedizioni per chi osserva la legge, le maledizioni verso gli idolatri, le gioie del pellegrinaggio e alla fine la grande liturgia di ringraziamento a Dio (146-150). Culmine della sezione è il salmo 136: “Rendete grazie al Signore, perché è buono, perché il suo amore è per sempre”, ritornello che si ripete 26 volte e condensa tutti i benefici che Dio ha fatto al suo popolo. Ringraziamolo e riscriviamolo ringraziando Dio per tutto il bello e il buono che ci ha regalato nella nostra vita: “perché il suo amore è per sempre”

Enrico de Leon