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Dom, Dic
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Nostalgia di profeti

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Spira un’aria di difficoltà in questo nostro Paese che pare “terra di missione”.

Ogni giorno porta alla luce nuovi problemi che sembrano ingigantire le emergenze che ci fanno sentire più acuta la mancanza di quelle voci profetiche che da sempre hanno punteggiato la storia della Chiesa. Davanti a temi come la povertà, la pace, l’educazione, la cultura, pur presenti nel dibattito, politico, sociale ed ecclesiale, avvertiamo forte il silenzio di quanti si sono fatti interpreti coraggiosi dell’unica Parola che salva.

Il profeta non parla di sé e per sé, non ha un messaggio proprio da proporre, né verità personali da scandire: è la Parola di Dio che parla, è un intermediario tra cielo e terra, tra Dio e gli uomini. La memoria torna ai tempi di Primo Mazzolari di “Anch’io voglio bene al Papa”, al Lorenzo Milani di “Esperienze pastorali” e “Lettera ad una professoressa”, al Carlo Carretto di “Lettere dal deserto” e l’elenco potrebbe continuare con Giorgio La Pira, David Maria Turoldo, Tonino Bello, Michele Pellegrino, Teresa di Calcutta, Oscar Romero e a tanti altri.

Così come il pensiero va a tutti quei cristiani di frontiera, spesso ignorati dalla cronaca e dalla storia, che operano in situazioni estreme. La comunità cristiana ha sempre avuto l’accompagnamento dei profeti che, per quanto scomodi, per quanto discussi e talora osteggiati e dimenticati, hanno contribuito con la loro voce e con la loro vita a costruire una Chiesa libera e fedele.

Ne proviamo nostalgia. Vorremmo ubbidire al loro richiamo a parlare con franchezza e a vivere allo sbaraglio come “chi non aveva dove posare il capo”. Vorremmo seguire lo stimolo ad aprire gli occhi ed il cuore della Chiesa sulla storia dell’umanità, con le sue gioie e le sue speranze, le sue pene e le sue angosce, per dirla con la con la costituzione conciliare “Gaudium et spes”, senza rimpiangere le sicurezze e gli arroccamenti del passato.

Tornano in mente le frasi pronunciato nell’omelia conclusiva del Vaticano II da Papa Montini: “una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno…Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori non solo sono stati rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette”.

E oggi? Dove sono oggi i profeti? Certo giganteggiano figure come quelle di Giovanni Paolo II e di Francesco che non si dà pace e non smette di denunciare un’umanità che rischia di distruggere se stessa. E tuttavia resta, un po' amara, la sensazione di una troppa prolungata assenza di profeti. Che siano muti? No, i profeti sono ancora in mezzo a noi, nei nostri giorni. Temo, invece, che siano pochi gli ascoltatori attenti.

Marcello Aguzzi