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Il saluto di don Gian Franco, don Riccardo e don Fabrizio

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Tre parroci lasciano Nichelino dopo un lungo e intenso servizio pastorale

VENTITRÉ ANNI CON FIDUCIA

Era la domenica 10 settembre 2000, quando don Domenico Cavaglià primo parroco della Madonna della Fiducia dal 1986, uomo semplice, mite e buono rimasto nel cuore di tutti, nella celebrazione di saluto alla comunità invitava tutti a pregare per il nuovo parroco che “qui ha celebrato nel 1992 la sua prima Messa. Vogliategli bene - aggiunse - lo conosciamo già perché è stato con noi un anno da seminarista e da diacono”

La mia storia alla Fiducia ha origine lontane. Risale al 1991, quando da poco era stata smantellata la famosa baracca ed era stata aperta la nuova chiesa. Qui il 14 giugno 1992 per venire in soccorso a don Domenico, allora vicario zonale, celebrai

due S. Messe per poi celebrare a Garino quella che doveva essere la prima Messa, ma in effetti era la terza.

Con il trasferimento di don Domenico, grazie al suo prezioso e saggio impegno pastorale, il cammino della comunità è proseguito serenamente implementando ulteriormente gli impegni e i servizi: come il nuovo salone, i nuovi campi di calcetto e gli spogliatoi, ma ciò che più conta con l’inserimento di tante nuove e giovani famiglie, ma anche adulti e meno giovani che, con l’ingresso nell’età della pensione, continuano a dedicarsi nel servizio dell’oratorio e delle diverse mansioni necessarie alla comunità.

La Fiducia è una bella, grande famiglia. Catechiste, animatori, tantissimi volontari e tutti gli abitanti del quartiere lo hanno sempre dimostrato. Ce l’abbiamo fatta ad accogliere e tentare di rispondere alle attese di tante famiglie, giovani, bambini e anziani che vivono qui.

Permettetemi di essere ancora una volta orgoglioso di essere stato tra voi, tra gente seria ed impegnata, buona e disponibile che giorno dopo giorno, centesimo dopo centesimo, ha contribuito a realizzare tanti nuovi progetti.

Non nego che mi ha fatto piacere ascoltare, in diversi ambienti della città affermazioni come questa: “Certo che la Fiducia è proprio una parrocchia vivace, brillante, efficiente. Noi ci troviamo bene”. Parole e testimonianze che a me hanno fatto bene; mi hanno dato la giusta carica per non smettere mai di credere nella bontà e nell’intelligente passione di tante persone.

Molto spesso mi sono tornate alla mente le parole che don Domenico, mi ripeteva l’anno che ho condiviso con lui da seminarista e diacono: “Qui, alla Fiducia quello che si fa, lo si fa con il cuore”. Una comunità dal cuore grande, come è grande l’amore che abbiamo condiviso rendendo così credibile e bella la Chiesa di Dio.

È questo l’augurio che con tutti voi rivolgo ai nuovi parroci, don Davide e don Alberto, ai quali sono stati chiesto uno sforzo e un impegno di non poco conto. Loro, lo so personalmente, hanno accettato perché ci siete voi, amati e generosi “fiducini” che, insieme a tutti gli altri parrocchiani delle altre comunità di Nichelino, non lascerete mancare la vostra stima che si concretizzerà in una collaborazione responsabile, intelligente e inclusiva. Un particolare ricordo grato ed affettuoso permettete che lo rivolga al sempre presente e disponibile carissimo Padre Giovanni che con me ha condiviso e supportato il ministero qui e nella bella comunità di San Damiano.

Non siamo Chiesa per noi stessi, per auto esaltarci e crogiolarci nelle nostre certezze, né tanto meno per ripiegarci e difenderci da ipotetici nemici ideologici. Siamo, e vogliamo diventarlo sempre più, una Chiesa in uscita, un cantiere dove tanti possono sentirsi ed essere realmente protagonisti e costruttori di una società migliore.  

Continuiamo ad impegnarci, perché tutti possano sentirsi non ospiti, ma amici, non contendenti ma fratelli, compagni in un cammino di solidarietà e di fraterna condivisione nella continua attenzione al bene di tutti, in special modo di coloro che più soffrono.

Mi sono sempre piaciute le parole di don Primo Mazzolari, prete che visse e segnò la vita della Chiesa italiana nel secolo scorso: “Si cerca per la Chiesa un uomo capace di vivere insieme agli altri, di lavorare insieme, di piangere insieme, di ridere insieme, di amare insieme, di sognare insieme”.

Vi saluto con l’affetto di sempre, custodendovi nel mio cuore con infinita gratitudine per le ragioni che il Signore sa bene.  

Don Gian Franco Sivera

 

 

UN SALUTO A NICHELINO

Arriva nella vita un momento tanto temuto ed è quello dei saluti. Chi diventa prete è consapevole che un giorno o l’altro dovrà prendere commiato dalla comunità che ha servito, ma…un conto è saperlo, altro è viverlo!

Non vi nascondo che non è facile lasciare una realtà così bella, che ho avuto il privilegio di servire per 16 anni (19 se contiamo i 3 del Seminario). Mamma mia, una vita!

Ed in una vita si vedono e si fanno tante cose: sono stati anni pieni, impegnativi, difficili per il cambiare repentino delle dinamiche del mondo, ma stupendi!

Sì, perché al di là di tutto la differenza la fanno le relazioni, le persone. Sono stati anni nei quali i volti si sono incrociati. Ora per sorridere di un amore che nasceva o si confermava; di una vita nuova che veniva al mondo; ora per versare lacrime per una persona cara da accompagnare verso il cimitero, il luogo del riposo; ora per fissarsi negli occhi e nelle situazioni più difficili dirci anche solo: coraggio! Per me, la vera ricchezza della comunità è stata proprio questa: vedere crescere dei bambini, fino all’età giovane;  dei giovani fino all’età adulta; vedere invecchiare molti collaboratori (grande grazia è l’anzianità, parola di uno che è arrivato qui poco più che ragazzo e va via con i capelli e la barba bianchi), ma soprattutto poter spezzare la Parola e il Pane che hanno il potere di prendere queste realtà terrene e renderle eterne. Sì, perché la cosa più bella e importante, per quanto mi riguarda, è stato condividere quello che ho capito di Gesù, del Padre e dello Spirito, donando non so se tanto o poco, ma di sicuro tutto quello che avevo.

Non a caso ho detto che, dopo il mio ceppo d’origine, la mia famiglia, in tutti questi anni siete stati voi, il mio riferimento, il contesto nel quale crescere come uomo e come prete.

E adesso? E adesso tocca dirci a-Dio, affidare le nostre vite al Signore, salutarci come Paolo e gli anziani di Efeso, magari con qualche lacrima (e queste lacrime sono belle), ma con la certezza che quello che abbiamo costruito insieme sarà, per sempre, un pezzetto di Paradiso.

E allora, come diceva mia nonna a me e le mie sorelle quando eravamo bimbi:

 “Un bacio grande così…e anche di più!”.

Don Riccardo Robella

 

IL DOMANI DI UNA NUOVA VIA

Nove anni fa, dalle pagine di questo giornale salutavo la comunità di S. Edoardo Re -  a cui ero stato inviato dal Vescovo Cesare - commentando un dipinto della Basilica di Maria Ausiliatrice. Raffigurava un sogno di don Bosco: la Chiesa, immaginata come una barca, attraversa un mare agitato ma, doppiando le colonne dell’Eucaristia e della Madonna, giunge sicura al porto.

All’esatta scadenza del mio mandato, ora che l’attuale Vescovo Roberto mi ha incaricato di nuove mansioni e nuova destinazione, trovo quel sogno di don Bosco ancora molto attuale. Soprattutto, capace di illuminare il tempo a venire con speranza e fiducia.

Sono perfettamente consapevole, infatti, che la strada nella quale lo Spirito sta conducendo oggi la Chiesa sembri “correre sul mare”. È difficile delinearne ad occhio nudo il percorso. Tuttavia ho imparato da giovane, e visto poi da prete, che il Signore proprio sul mare cammina volentieri: ora guidando il suo popolo verso la terra promessa, ora venendo ad aiutare i discepoli, presi dalle mille fatiche di qualche tempesta. E sempre con una parola premurosa: “Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo”.

Questa consapevolezza, insieme alla forza propositiva che  la confidenza con il Signore custodisce, accompagna il mio cammino da sempre. Lascio la parrocchia di S. Edoardo Re sicuro di averle indicate entrambe come un tesoro. Non ho da aggiungere nulla a quanto ho predicato in questi anni mediante omelie, incontri, gruppi, scritti e catechismi. Né sento il bisogno di commentare quanto, in funzione di questo, ho realizzato con le opere: chi vuole lo potrà fare secondo le proprie categorie e capacità.

Desidero però condividere con gli amici che mi dona una  sensazione di giovinezza entrare in una stagione in cui la Chiesa esplorerà nuovi modi di annunciare il Vangelo. Mi sento come chi intraprende qualcosa di conosciuto, certo, ma che dona sempre il brivido - e la genuina freschezza - della prima volta. In un contesto non solo di rapidi cambiamenti, ma di un vero cambiamento d’epoca, il Signore ci precede. Egli ci insegna che il cuore della vita non sta dentro di noi: uscire da noi stessi – che è l’essenza dell’amore di Dio – è un perdersi che è ritrovarsi. Viverlo come grazia: questo rende felici. Buon cammino!

Don Fabrizio Ferrero