Abbiamo già avuto modo di parlare di Massimiliano Ungarelli che vive e lavora a Nichelino e che ha la passione della pittura.
Da un paio d’anni realizza quadri utilizzando al posto della tela pannelli da cantiere. Ritrae fotografie di veri profughi ed immigrati, realistica testimonianza dei drammi del nostro tempo.
Qualche settimana fa Massimiliano è stato protagonista di un inaspettato incontro che vale la pena di essere narrato.
Il 26 maggio hai ricevuto una telefonata da Papa Francesco, raccontaci…
Erano circa le 18.30 quando ha squillato il telefono, sul display la scritta “sconosciuto”. Ho pensato “sarà luce e gas”. Un po’ sconsolato ho risposto “pronto?”. Una voce gentile mi domandava “Ungarelli Massimiliano?”. Ho risposto “sì!” – “Sono Papa Francesco!”. Mi sono dovuto sedere, tanto era lo stupore. Non ricordo esattamente le parole che ha usato, ricordo il concetto: mi faceva i complimenti per i quadri, per l’idea, per la forza dell’umanità rappresentata. Ero commosso, un così grande riconoscimento, onestamente, non me lo aspettavo. Ho detto al Papa che sarei stato onorato di donargli un quadro che in altre occasioni aveva menzionato. Mi ha risposto che avrebbe guardato l’agenda. Pensavo che con tutti i problemi che ha mi avrebbe trovato posto nel “2050” e invece no! Mi ha detto di recarmi a Santa Marta il venerdì successivo, il 3 giugno. Prima di concludere la telefonata ho detto al Papa: “pregherò per lei”, mi ha risposto “grazie, ne ho bisogno”, nella confusione che avevo in testa si erano ribaltati i ruoli.
Ma il quadro che hai portato a Roma non era a Genova per una mostra in corso?
Infatti son partito il giorno prima proprio perché dovevo passare a ritiralo dal museo.
Quindi sei arrivato a Roma. Avevi un pass?
No, non avevo nessun pass e neanche una mail di conferma dell’invito, confesso che ero un po’ preoccupato. Le guardie svizzere sono state molto gentili, mi hanno chiesto un documento, hanno fatto entrare la macchina e abbiamo parcheggiato davanti casa Santa Marta a fianco della basilica.
Hai detto “abbiamo” … quindi non eri solo?
Ero con la mia famiglia, mio fratello fra Marco e l’ex provinciale dei Padri Cappuccini di Torino, ora Guardiano della Curia Generale dei Cappuccini a Roma, fra Michele, presidente dell’associazione Midrash, con cui ho collaborato per la realizzazione di mostre per sensibilizzare sulle tematiche dell'immigrazione e per raccogliere fondi a sostegno di profughi.
Raccontaci, come è andata con il Papa?
Siamo entrati in una grande sala, la stessa che si vede talvolta in TV. Pensavamo di dover aspettare un po’, perché eravamo in anticipo. Invece Papa Francesco è arrivato quasi subito accompagnato in carrozzina e ci ha invitato a sedere, mentre l’accompagnatore si congedava. Eravamo soli, noi e Papa Francesco. A quel punto che dire? Che fare? Avendolo di fronte, mi si sono piegate le ginocchia. ma il Papa ha fatto un gesto per invitarmi a tirarmi su e mi ha stretto la mano. Gli ho mostrato il quadro, ero molto onorato di donarglielo: posto più ricco di bellezza dove risiedere non esiste al mondo! Poi gli ho consegnato due stampe in legno della mostra “Matteo 25 – Restiamo umani” e tre buste. Nella prima busta c’erano sei foto delle nuove produzioni che integrano il catalogo della mostra “In fuga da Nazareth”. Nella seconda, le foto del nuovo progetto “7 Non rubare – La giusta mercede” e nella terza, la foto dell’accoglienza a Fiumicino della famiglia El Bacher (con il parroco Don Mario Aversano) e un foglio che raccoglieva le impressioni scritte dai bambini che hanno visitato la mostra esposta nella parrocchia Maria Regina Mundi
Papa Francesco mi ha ringraziato per “la mia arte ricca di umanità, che fa bene e deve essere diffusa”, non capivo più niente. In contraccambio ci aveva preparato dei doni tra cui un bellissimo libro d’arte appena stampato. “Più in alto di così non posso andare, sono arrivato” e il Papa si è messo a ridere e ha riso anche quando ho detto che “avrei fatto la foto con un Santo”, mi ha risposto “di aspettare prima di canonizzare”. Comunque l’incontro è durato una quarantina di minuti in cui abbiamo spiegato al Papa il senso del progetto. Alla fine gli ho confidato che non avevo mai visto la Basilica di San Pietro, stupito ci ha accompagnati fino alla porta dove c’erano le guardie e ha detto a una di loro di accompagnarci nel cortile per entrare da un accesso laterale della basilica, di ritirare la macchina a fine visita e così abbiamo fatto.
Come sta il Papa?
L’ho visto molto stanco e provato. Disarmante la sua disponibilità e gentilezza. Un’esperienza indimenticabile!