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Dom, Dic
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Il nostro vescovo Roberto

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Mons. Roberto Repole ha iniziato qualche settimana fa il suo ministero episcopale come Vescovo delle diocesi di Torino e di Susa.

Un arcivescovo “giovane” (ha 55 anni), rispetto ai suoi predecessori ed anche originario della stessa diocesi torinese (l’ultimo fu il card. Richelmy più di un secolo fa). Nella Chiesa cattolica il servizio del vescovo si basa sulla “successione apostolica”, una catena ininterrotta, partita quasi duemila anni fa da Gesù Cristo e dagli apostoli fino ai giorni nostri. Così don Roberto ora è stato ordinato vescovo da mons. Cesare Nosiglia, da mons. Marco Arnolfo (l’altro arcivescovo del Piemonte alla guida della diocesi di Vercelli) e da mons. Alfonso Badini Confalonieri, Vescovo emerito di Susa.

Non un programma di governo, non “ricette” da tuttologo: l’unico punto di partenza – ha voluto sottolineare mons. Repole all’inizio di questo suo nuovo tratto di cammino nella Chiesa è l’annuncio “che Cristo è risorto e vivo”.

La società in questi decenni è profondamente mutata, anche Torino ha cambiato volto per effetto della globalizzazione che però non cessa di generare scarti sociali e disuguaglianze. “Abitiamo un mondo ricco, pieno delle stupefacenti possibilità che ci sono offerte da una tecnica sempre più avanzata – ha detto l’arcivescovo Roberto Repole - Abitiamo un mondo in cui sembra possibile soddisfare ogni bisogno. E può crescere, anche tra i cristiani, la tentazione nefasta di chiedere ormai tutto a questo mondo, che rimane tuttavia finito, fragile, e in alcuni aspetti persino malato. Dirigere a questo mondo finito il nostro desiderio di vita infinita è però mettersi nell'anticamera dell'infelicità e persino della disperazione. Non c'è proprio bisogno oggi di una Chiesa che sia il semplice prolungamento di questo nostro mondo. C'è invece ancora un bisogno immenso, dentro questo mondo, del servizio che possono rendere dei cristiani che continuano a rimanere in attesa della venuta ultima del Risorto: è il servizio della speranza, è il servizio di un senso per le nostre esistenze e la nostra umanità”.
Il ministero del nuovo Arcivescovo inizia in un momento molto difficile per la Chiesa, non solo a Torino: in Europa e in tutto l’occidente le comunità si svuotano, le vocazioni diminuiscono, il messaggio cristiano non circola. In più la pandemia in questi ultimi due anni ha messo in crisi tutta una serie di relazioni. “In una società per certi aspetti opulenta, la povertà e la debolezza non concernono soltanto l'ambito materiale, ma anche la dimensione psicologica e spirituale - osserva mons. Repole - La guerra che si sta consumando qui vicino a noi e che rappresenta per tutti un reiterato invito alla compassione, alla solidarietà e ad un impegno fattivo per la pace che parta dai nostri cuori, è solo l'ultimo segnale del fatto che partecipiamo, tutti, di un'umanità ferita e povera”.

Resta la certezza dell’amore di Dio, come mons. Roberto Repole ha voluto sottolineare anche nel motto episcopale: “Christus tradidit seipsum pro me”, Cristo si è dato per me.