Quando si parla di malnutrizione si pensa sempre alla magrezza eccessiva, ma esiste anche la malnutrizione per eccesso:
l’iperalimentazione, fenomeno sempre più diffuso nelle società occidentali, con gravi conseguenze sulla salute pubblica. Si assiste alla perdita di controllo sull’appetito a causa di numerosi fattori che possono essere biologici, genetici, ambientali e culturali.
Molte volte si è creduto che l’iperalimentazione fosse la risposta a un problema psicologico, una forma di compensazione, “mi abbuffo per dimenticare”. Tuttavia la ricerca scientifica ha rivelato una situazione molto più complessa, chiarendo i meccanismi biochimici che regolano l’appetito e la sensazione di sazietà. Un’ipotesi sempre più accreditata sostiene che l’iperalimentazione sia una conseguenza di una carenza nutrizionale. Le diete ricche di alimenti processati, povere di nutrienti essenziali come vitamine, minerali e proteine, possono innescare una fame persistente. Il corpo, cercando di compensare queste carenze, spinge a mangiare in eccesso.
Sempre maggiore attenzione, inoltre, viene rivolto al ruolo di alcuni ormoni. La leptina, un ormone prodotto dalle cellule adipose (le cellule del grasso), svolge un ruolo fondamentale nel comunicare al cervello che abbiamo mangiato abbastanza e segnala al cervello lo stato di sazietà. Tuttavia, un’alimentazione eccessiva e prolungata può desensibilizzare i recettori cerebrali alla leptina, alterando così la percezione della sazietà. È come telefonare a qualcuno che non ti sente.
In altri casi l’alterazione può riguardare anche l’insulina, un altro ormone importante per regolare i livelli di zucchero nel sangue che smette di funzionare correttamente. Quando questi due problemi si presentano insieme, si parla di sindrome metabolica. Questa condizione aumenta il rischio di diabete, malattie cardiovascolari e altre patologie gravi.
Anche la predisposizione genetica gioca un ruolo importante nell’obesità. Tuttavia, l’ambiente in cui viviamo, le nostre abitudini alimentari e il nostro stile di vita hanno un impatto ancora maggiore.
Non bisogna dimenticare che il corpo umano è un complicato ecosistema e il suo stato di benessere è il risultato della interazione tra cellule umane e miliardi di batteri che vivono nell’ intestino. Ad esempio quando nell’ intestino c’è uno squilibrio e prevalgono batteri particolari, i firmicuti, aumenta il desiderio di cibi zuccherati.
Anche l’assunzione farmacologica può aumentare l’appetito, portando ad un aumento di peso. Gli antibiotici utilizzati per combattere le infezioni, ad esempio, possono alterare il microbiota intestinale. Questo squilibrio può stimolare la produzione di ormoni, come la grelina, in grado di aumentare lo stimolo dell’appetito.
Le altre categorie di farmaci in grado di spingere un soggetto all’iperalimentazione appartengono alle seguenti categorie:
- antistaminici, farmaci utilizzati per le allergie, possono stimolare la produzione di dopamina, un neurotrasmettitore legato al piacere e al desiderio di cibo;
- antidepressivi, possono aumentare l’appetito come effetto collaterale;
- antipertensivi, possono interferire con la produzione di insulina, favorendo l’accumulo di grasso;
- corticosteroidi e contraccettivi orali, sono in grado di stimolare l’appetito e favorire la ritenzione idrica.
Mangiare troppo spesso e male, pertanto, può portare a un circolo vizioso: più mangiamo, più il nostro corpo diventa resistente ai segnali di sazietà e di conseguenza mangiamo ancora di più. Questo può portare a obesità e a una serie di problemi di salute. È necessario acquisire informazioni corrette per fare scelte alimentari consapevoli e promuovere uno stile di vita sano.
Nadia Santo
Docente di Scienza degli alimenti