Il numero di persone che, in Italia, tende ad adottare uno stile alimentare, che si allontana da quello “mediterraneo”, è in continuo aumento.
Questo accade a volte per motivazioni etiche o per convinzioni salutistiche, non sempre supportate da evidenze scientifiche.
Accanto ai modelli vegetariani e a quelli a basso apporto di carboidrati, nel corso dell’ultimo decennio hanno suscitato grande interesse la dieta basata sul gruppo sanguigno o sulle intolleranze alimentari, la dieta alcalina e quella sui test genetici.
I modelli dietetici vegetariani escludono in maniera parziale o totale il consumo di alimenti di origine animale, ma è necessario sapere che esiste una grande variabilità all’ interno di questo modello dietetico. Si passa dalla dieta semivegetariana (riduce il consumo di carne e pesce a 2 porzioni a settimana) a quella latto - ovo – vegetariana (esclude carne e pesce, ma ammette il consumo di latte, prodotti caseari e uova), fino ad arrivare alla dieta vegana (esclude tutti gli alimenti di origine animale, anche il miele).
Nei modelli dietetici vegetariani sono compresi anche:
- la dieta fruttariana che ammette solo il consumo di frutta cruda o secca, noci, semi, miele e oli vegetali;
- la dieta crudista che ammette solo il consumo di alimenti crudi e non trattati;
- la dieta macrobiotica che ammette l’uso esclusivo di alimenti non trattati e non raffinati.
I modelli dietetici, descritti sopra, sono esempi di “diete di esclusione” e pertanto in essi risulta concreto il rischio di una carenza nutrizionale,in particolare la dieta vegana o fruttariana, se non completate da una adeguata integrazione, non garantiscono un giusto apporto di proteine ad alto valore biologico (proteine esclusive degli alimenti animali), acidi grassi essenziali, vitamina B12 (vitamina presente solo negli alimenti animali), ferro e zinco (minerali presenti nei vegetali, ma poco biodisponibili). In alcuni casi si cerca di colmare le carenze in amminoacidi essenziali con abbinamenti efficaci come quello tra cereali e legumi.
Un’alternativa ai modelli dietetici vegetariani sono le diete a basso contenuto di carboidrati, meglio note come diete low-carb. Questo regime alimentare prevede l’assunzione di carboidrati al di sotto del 45% dell’energia totale giornaliera mentre impone un apporto energetico, derivante dai protidi, doppio rispetto a quello consigliato dalla dieta mediterranea (30% contro il 15%).
Le diete low-carb si distinguono in modelli dietetici iperproteici e in quelli chetogenici.
Un esempio di modello dietetico iperproteico è la dieta “a zona” che ha l’obiettivo di regolare la produzione dell’ormone pancreatico. Questa tipologia di dieta, che trova conferma nella dieta Dukan, nel metodo Montignac (dal nome dei loro ideatori), viene fortemente criticata dai sostenitori della dieta mediterranea, secondo i quali una dieta iperproteica può essere seguita solo per tempi brevi, perché nella lunga durata sovraccarica reni e fegato.
I modelli dietetici definiti “chetogenici” sono accomunati dal fatto di abbassare considerevolmente i livelli complessivi di carboidrati assunti compensando l’assunzione calorica con elevate percentuali di lipidi e di proteine. Questi modelli alimentari costringono l’organismo a ricavare l’energia da proteine e lipidi portando alla formazione dei “corpi chetonici” (acetone, aceto acetato, ecc.). Sebbene sia prevista una adeguata assunzione di ortaggi, buona parte della comunità scientifica prevede che nel lungo periodo possano verificarsi diverse patologie come la calcolosi renale, la dislipidemia (dei lipidi circolanti nel sangue), l’acidosi e la disidratazione, oltre ad alterazioni del metabolismo osseo.
Nadia Santo
Docente di Scienza degli alimenti