Quante volte andiamo al supermercato e compriamo quasi meccanicamente il cibo che ci serve senza guardare e soppesare quanto acquistiamo!
Proprio grazie a questa situazione i produttori di generi alimentari hanno tatto utili facendo leva sulla nostra sbadataggine.
La notizia di questa pratica commerciale è relativamente recente, denunciata all’Antitrust nel 2022 e ritornata nelle cronache nazionali in questi ultimi mesi, la “shrinkflation” (in italiano sgrammatura) è nota già da tempo. Ricordiamo il caso Toblerone, il famoso lingotto di cioccolato che nel 2010 divenne il protagonista di una polemica a seguito della decisione di diminuire i denti della barretta aumentando lo spazio tra loro. I produttori si giustificarono affermando che solo attraverso questa pratica si poteva far fronte all’aumento dei prezzi. Il mondo delle fabbriche di cioccolato a ben vedere è pieno di casi così, se pensiamo a Milka che è passata da 300 a 270gr per le barrette Alpine Milk e Nuts & Raisins. Sono comparse barrette più piccole anche per KitKat da 45 a 41,5gr. E per Mars si è fatto ricorso alla dieta da 58 a 45gr.
Secondo un recente esposto all’Antitrust, sono 11 le categorie alimentari più a rischio: il mondo dei dolci è in generale sotto attacco, come quello di zuccheri, confetture, miele, ma anche pasta, pane e cereali. In molti casi con ci si è trovati di fronte ad un incremento di prezzo notevole: le merendine Kinder Brioss, ad esempio, sono passate da un peso di 280gr a confezione a 270gr, aumentando il prezzo da 2,60 € a 2,85 €. Per i biscotti Krumiri Bistefani il prezzo è rimasto invariato, ma la confezione si è alleggerita di 10 grammi. Si tratta di un rincaro del 3,4% ancora più evidente nel caso dei gelati confezionati. Il Magnum Classic è passato da un formato da 85gr a uno da 70gr aumentando il suo costo: nel 2002 costava 1,20 €, nel 2019 1,90 € e nel 2023 2,50 €. Vale lo stesso discorso se pensiamo al Cornetto Classic o al Cucciolone da 0,80€ nei primi anni 2000 ai 2,50€ oggi.
Come difendersi da questa pratica?
Altroconsumo, l’organizzazione di consumatori più importante d’Italia, offre alcuni spunti: “Quando siamo al supermercato è sempre bene valutare il formato del prodotto che stiamo per acquistare, cioè il peso o il volume, e controllare il prezzo al kg o al litro, così da capire effettivamente quanto stiamo spendendo in proporzione alla quantità di prodotto che mettiamo nel carrello”. Il presidente dell’Unione nazionale consumatori conferma che funziona perché di solito “il consumatore è attento al prezzo al dettaglio di ciò che compra, ma difficilmente si sofferma su un prodotto già noto per verificare se il peso netto o il costo al kg sono variati nel tempo. Per questo motivo è più facile, per le aziende, decurtare il contenuto di flaconi e scatole piuttosto che aumentare il prezzo della confezione, creando così l’illusione che nulla sia cambiato, quando in realtà il carrello è meno pieno”.
Per quest’ultimo motivo in particolare il fenomeno della shrinkflation è stato ribattezzato anche ‘trucchetto svuota-carrello’. L’escalation è stata denunciata agli organi di giustizia territoriale e nazionale ed è stato chiesto un intervento anche al Garante della concorrenza. L’Istat e le associazioni dei consumatori hanno da tempo puntato il dito contro il dilagare della sgrammatura, denunciandola agli organi di giustizia amministrativa locali e nazionali e chiedendo all’Autorità garante della concorrenza e del mercato di mobilitarsi per arginare il fenomeno e limitare le ripercussioni sulla capacità di acquisto delle famiglie. L’Unione nazionale consumatori ha proposto da tempo di “stabilire un sistema di controlli periodici sui prodotti dei grandi marchi, per verificare le variazioni del rapporto peso-prezzo e segnalarle al consumatore, ma finora non se n’è fatto nulla”.
Quello che emerge è che l’adozione della sgrammatura non è dettata dalla necessità di far quadrare i bilanci a fronte di un rincaro a monte, ma piuttosto dalla volontà di incrementare i guadagni, speculando su una fase storica di crisi che sembra legittimare l’aumento dei prezzi. Nell’attesa che gli organi di competenza mettano in campo le misure necessarie per fissare una precisa regolamentazione della shrinkflation, i consumatori possono comunque tutelarsi mettendo in pratica alcune semplici strategie ogni volta che vanno al supermercato. “Una buona abitudine – come ribadiscono le associazioni dei consumatori - è quella di controllare in maniera scrupolosa le confezioni, imparare a considerare il prezzo al chilo o al litro, mettendo a confronto marchi differenti e aprendosi a considerare prodotti locali e marche diverse da quelle abituali o note, in modo da valutare chi offre un prezzo minore e risparmiare senza rinunciare alla quantità. Inoltre, è meglio optare il più possibile per i prodotti freschi e sfusi e non lasciarsi tentare dalle offerte di maxi confezioni o da un 3×2 senza prima averne valutato la reale convenienza”.
Giuseppe Odetto