Riccardo Dose è un noto youtuber italiano e il suo seguitissimo canale presenta anche una serie di video su luoghi ed edifici abbandonati in giro per la penisola,
come ad esempio un’ex villa di un boss, un grande cinema in rovina, il cantiere di un centro commerciale incompiuto, una nave russa in disarmo ed altre location decisamente insolite. Qualche mese fa il Riccardo e un suo compagno di esplorazioni sono venuti apposta a Nichelino per visitare il “cimitero delle auto” al fondo del Boschetto (il nome ufficiale è parco Miraflores) sulle sponde del Sangone.
Nel documentario, decisamente ben costruito, l’atmosfera un pò sinistra richiama certe scene di “Un tranquillo week di paura”, vecchio film drammatico tendente all’horror, dove un paesaggio naturale apparentemente idilliaco è interrotto qua e là da rottami e carcasse d’auto, tracce di un moderno degrado post industriale.
Nel caso del Boschetto di Nichelino le vetture in sfacelo sono alcune centinaia, divorate dalla ruggine e sommerse dalla vegetazione che in alcuni punti è ormai una giungla inestricabile. Già qualche anno fa l’area era stata definita una “bomba ecologica” e nessuno osa pensare a cosa accadrebbe in caso di alluvione o di incendio, dal momento che il sito in questione è un concentrato di materiali altamente inquinanti: dai copertoni, alle batterie esauste fino a plastiche e oli di svariata natura. Troviamo auto (per lo più risalenti agli anni ‘70 e ‘80), moto, furgoni, mucchi di pneumatici; sotto una tettoia sono ammonticchiati centinaia di caschi da motociclista; sparpagliati qua e là ci sono accessori vari, tappetini e coprisedili, insieme a targhe e ormai improbabili documenti di circolazione. Alcune vetture forse hanno pure un valore per i collezionisti, ma per lo più sono ridotte a un ammasso di lamiere arrugginite.
IL CIMITERO DELLE AUTO
Ma come ha fatto questo posto a ridursi così?
Partiamo da lontano. Fino agli anni ‘80 il sito a lungo ospitò una cava in cui si estraevano sabbia e ghiaia dal Sangone. Cessata l’attività, una parte degli impianti viene demolita, ma restano in piedi alcune costruzioni che diventano il magazzino di un autosoccorso con sede principale nella vicina via XXV Aprile. Così cominciano ad arrivare lì decine e poi centinaia di veicoli, prima dentro il deposito e poi nel piazzale esterno. Si tratta per lo più di aveicoli sequestrati dall’autorità giudiziaria o amministrativa per svariati motivi: auto sinistrate e oggetto di contenzioso tra assicurazioni o coinvolte in reati, veicoli oggetto di rimozione forzata o abbandonati sul territorio da proprietari irreperibili. Ogni vettura porta con sé una storia, non di rado abbinata ad pratica piuttosto ingarbugliata, ragion per cui in molti casi, dati i tempi della burocrazia e della giustizia, queste auto restano lì per mesi, per anni, per decenni ...e lo sono tuttora.
Tenere in deposito tutto questo popò di roba ha dei costi, se ne fa carico lo Stato che quando riesce li recupera dai legittimi proprietari dei veicoli o da chi perde cause e ricorsi vari. I pagamenti però avvengono con grande ritardo fino a bloccarsi quasi del tutto; ne scaturiscono altri contenziosi con la ditta che gestisce il deposito. La vicenda nel 2006 assume un risvolto tragico: il titolare della ditta, che possedeva anche un’agenzia turistica a Cuba, si suicida con un colpo di pistola alla tempia proprio davanti al Tribunale di Torino. L’attività di deposito passa di mano ad altra società che però non ne viene a capo, non riesce a proseguire e dopo un pò fallisce.
In quel periodo anche il Boschetto (Parco Miraflores) cambia proprietario. Lo acquista il Comune di Nichelino dall’Ordine Mauriziano che nel frattempo ha avviato la dismissione del suo ingente patrimonio immobiliare per ripianare i debiti, causati dai ritardi nei pagamenti della Regione Piemonte per gli ospedali del Mauriziano. Poco dopo il Comune completa l’acquisizione del Boschetto (antica ed estrema appendice dei boschi di Stupinigi) con un altro terreno residuale messo all’asta, dove appunto si trova il deposito/cimitero di auto.
A questo punto la situazione si complica non poco. Teoricamente il Comune dovrebbe ordinare al titolare dell’attività di sgomberare l’area, ma l’operazione presenta costi di bonifica tutt’altro che indifferenti, oppure il Comune potrebbe ordinare a se stesso di eseguire l’intervento a proprie spese e poi rivalersi sulla società subentrata nella gestione del deposito che però per l’appunto è fallita e che quindi non ha più il becco di un quattrino.
Comunque vada qualcuno deve tirar fuori i soldi. Si aggiunge un piccolo, ma non trascurabile particolare: abbiamo a che fare con beni sotto sequestro, non due o tre, ma centinaia. Nel caos generale seguito alla morte del titolare e al fallimento, in pratica nessuno è più in grado di associare con precisione targhe, libretti di circolazione, certificati di proprietà o numeri di telaio dei veicoli depositati. Di chi sono e a cosa si riferiscono? Qual è l’autorità competente a disporre il dissequestro e la rottamazione dei singoli veicoli? I proprietari iniziali o loro eredi si guardano bene dal farsi avanti nel timore di dove sostenere spese. Beni mobili - si fa per dire - iscritti a pubblici registri, in realtà sono beni immobili, fermissimi, piantati lì da decenni, praticamente inglobati nella fitta vegetazione che li avvolge.
Un paio di anni fa, a seguito di esposti degli abitanti della zona preoccupati per i possibili danni ambientali, l’autorità giudiziaria ha posto sotto sequestro tutta l’area dell’ex deposito. E qui si rasenta il paradosso: le stesse autorità che prima, ormai tanto tempo fa, avevano spedito tutta questa mercanzia nel Boschetto ora risequestrano il tutto. In altre parole il sequestro dei beni sequestrati, ma la questione non è conservare e custodire questo ammasso di rottami, casomai si tratterebbe di toglierlo una buona volta da lì e smaltirlo come si deve. Altrimenti tra non molto la vicenda cesserà di appartenere al mondo della burocrazia, per entrare in quello dell’archeologia.
A.D.