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Dom, Dic
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Demografia, l'Europa si sta suicidando

Inchieste
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E’ come se in un anno fosse improvvisamente sparita nel nulla una città di 150.000 abitanti (senza contare quelle già scomparse negli anni precedenti).


Se ne è parlato pochissimo, ma l’Italia nel 2015 ha registrato un record: quello del calo della popolazione. "Occorre risalire al triennio 1916-1918 – ha fatto notare il demografo Gian Carlo Blangiardo - per trovare, sommando le drammatiche conseguenze della Grande Guerra agli effetti non meno letali dell'epidemia di spagnola, un calo di dimensioni quasi comparabili".

Da tempo il nostro Paese, nonostante le abbondanti ondate migratorie, segna un saldo negativo tra nati e morti. Un trend che ora sta precipitando con conseguenze che purtroppo sono state ampiamente sottovalutate, quando ancora era possibile correre ai ripari.

Si è cavalcato anzi il luogo comune del “meno siamo meglio staremo”. Mai previsione fu più nefasta, a cominciare dallo sconquasso provocato nel sistema pensionistico. D’altronde anche la prestigiosa scientifica Nature ha di recente ammesso che a partire da Maltus le teorie sulla crescita numerica della popolazione come fattore di sottosviluppo fossero in realtà una colossale balla.

Non è vero che l’aumento della popolazione sia la causa di povertà e carestie. Il tasso di produzione alimentare globale è in realtà abbondantemente superiore alla crescita della popolazione sul pianeta. La causa della fame nel mondo non è il sovraffollamento, ma la squilibrata distribuzione delle risorse.

E’ vero invece che il declino demografico provoca inimmaginabili disastri nei Paesi che lo subiscono. L’età media della vita si sta allungando, si ribatte. E’ così, ma attenzione: nel 2015, se i primi dati statistici disponibili saranno confermati, in Italia si è registrato anche un altro record, quello della più alta crescita del numero di morti in un anno non per effetto di eventi bellici o epidemie.

L’ANZIANA EUROPA

Il fenomeno riguarda tutto il continente europeo che - per usare una colorita espressione di Arthur Brooks, presidente del think tank di Washington American Enterprise Institute - ricorda non una nonnina indifesa che tende la mano, ma una vecchia acida che agita il bastone e urla ai bambini dei vicini di non calpestare le aiuole.

Già oggi gli europei con più di 65 anni rappresentano il 20% della popolazione. Nel 2030 saranno uno su quattro. Una pressione gigantesca sul sistema previdenziale e su quello sanitario, inesorabilmente destinati al disastro.

La principale emergenza dell’Europa non è economica, ma demografica. “Il problema – sostiene Arthur Brooks - non è solo la mancanza di lavoro, quanto una società talmente sbilanciata verso chi il lavoro lo ha ancora, o verso i pensionati, che non crea opportunità, e demoralizza chi potrebbe creare lavoro. Le statistiche più scoraggianti a mio avviso in Europa non sono quelle che contano i disoccupati, ma quelle che rivelano la riduzione della partecipazione alla forza lavoro, vale a dire il numero di adulti che hanno un impiego o che ne stanno attivamente cercando uno. Stando alla Banca mondiale in Europa solo il 57 per cento degli adulti (e solo degli adulti si badi) è in quelle condizioni. In Italia è il 49 per cento. Vuol dire che più di metà degli adulti non fa nulla. Ha perso speranza”.

E’ venuto a mancare il ricambio generazionale nella società, a tutti i livelli e in tutti gli ambiti. I pochi giovani si troveranno a sostenere pesi sempre più insopportabili per reggere un sistema statico, costretto a spendere tutte le energie nell’impossibile impresa di mantenere in piedi se stesso.

MACCHE’ RIPRESA

Per raddrizzare il Pil si invoca e ci si aspetta una ripresa dei consumi che non arriverà mai. Una popolazione che invecchia non è in grado di far crescere la domanda di beni. Lo scenario è quello della manutenzione ordinaria, non certo quello degli investimenti. Siamo entrati in un vicolo cieco, il potere di acquisto delle pensioni è destinato a scendere e non ad un aumentare per cui la gente avrà sempre meno soldi da spendere.

L’Italia è il terzo paese più anziano del mondo dopo il Giappone e la Germania. Da dieci anni in Italia il numero degli over 65 ha superato quello degli under 20 e nel 2027 gli ultraottantenni saranno più numerosi dei residenti italiani sotto i 10 anni di età. Nemmeno il maggior tasso di natalità tra gli immigrati riuscirà ad invertire questo trend, tenuto anche conto che tantissimi giovani italiani - molti di più di quanto si pensi - continuano ad emigrare all’estero. Il ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin, in un’intervista al quotidiano inglese The Guardian, ha espresso valutazioni preoccupate , ma persino troppo ottimistiche se messe a confronto con i numeri:“Siamo molto vicini alla soglia di ‘non sostituzione’, quella dove le persone che nascono non riescono a sostituire quelle che muoiono. Questo significa che siamo un Paese che sta morendo e questa situazione ha enormi ripercussioni in ogni settore”.

LA GRANDE ILLUSIONE

Impietosa la diagnosi del demografo Gian Carlo Blangiardo: “La gente si è convinta di una sorta di immortalità, per cui siamo belli, pimpanti e innamorati anche da vecchietti e quindi mentre una volta i figli erano la continuazione di noi stessi, ora pensiamo di bastare a noi stessi, ma è pura illusione”.

La politica, anziché guardare in faccia i numeri, combatte in salotto presunte battaglie per i diritti civili, mentre tutto l’edificio sta crollando. “La demografia è una rendita sul lungo periodo e ragiona sulle prossime generazioni e non sulle prossime elezioni”, aggiunge il prof. Blangiardo.

In Italia che cosa si è fatto per sostenere la natalità? Qualche timida e persin ridicola agevolazione fiscale, vanificata dal tracollo del sistema di welfare per cui si sono accollati alle famiglie oneri ben maggiori. E cioè di farsi carico di farsi carico di tutto: dall’assistenza agli anziani alla cura dei disabili. Solo che spesso la famiglia non c’è più e si è disintegrata.
In Francia, dove il tasso di natalità infatti è un po’ più alto, quanto meno il problema se lo sono posto da qualche decennio. Laicamente, nel senso che non si preoccupano se le coppie siano sposate o meno, ma l’aiuto economico per chi mette al mondo dei figli è reale. In Italia no. “La famiglia con tre figli è un benefattore dell’umanità - commenta Blangiardo - e invece spesso è guardata con sospetto, come a dei poveracci che non sanno fare di meglio”.

IL CERCHIO SI CHIUDE

Nel 2015, si diceva, in Italia c’è stato anche un record di morti. Moltissimi anziani (… anche se l’età media si allunga). Qualcuno ha dato la colpa al caldo, altri al fatto che non si erano vaccinati contro l’influenza, altri ancora alle leggi della statistica (ci sono più vecchi e i vecchi muoiono di più).

E se fosse invece una sorta di eutanasia nascosta?

Qui il cerchio si chiude. Un sistema sanitario tendente al collasso ha sempre meno risorse a disposizione. E allora bisogna tagliare sugli esami, sulle degenze ospedaliere, sugli interventi socio-assistenziali. Bisogna fare delle scelte. E il vecchietto quindi si aggiusti. Come dire: il sistema ti copre fin qui, poi muori pure. Oppure ci pensi qualcun altro. Ma chi, se non c’è rimasto nessuno?

Un altro mito, quello del miglioramento della qualità vita e della “vecchiaia serena” se ne sta andando in fumo. Perché in realtà una società senza giovani non è in grado di occuparsi nemmeno degli anziani.

Nelle pieghe delle leggi stabilità e delle manovre finanziarie (all’insegna del “ce lo chiede l’Europa”) ci saranno nuove operazioni di “razionalizzazione” dove l’unico vero obiettivo sarà quello di abbattere i costi. E chi ne farà le spese?

ULTIMI GIORNI

Qualche anno fa uno studioso francese, Michel De Jaeghere, ha scritto un libro di seicento pagine intitolato “Les derniers jours”, gli ultimi giorni, argomentando che la principale causa della caduta dell’impero romano fu il crollo demografico.

Anche a lui i numeri sembrano dare ragione. Attorno al 160 d.C la popolazione subì una drastica battuta d’arresto: tra l’anno 200 e il 400 d.C si ridusse di un quarto e di un altro quarto nel secolo successivo. Dai 60 milioni di abitanti dell’epoca di Augusto l’impero si trovò a 20 milioni o poco più. Il sistema implose su se stesso: l’amministrazione pubblica precipitò nel caos, così come la rete stradale e quella degli acquedotti. I superstiti divennero più vulnerabili alle malattie e incapaci di reagire alle aggressioni militari.

Recentemente l’Economist ha pubblicato un servizio sulla demografia in Germania. Lo studio analizza tra l’altro il caso della città Schladen-Werla, nella Bassa Sassonia, che ha superato il “punto di non ritorno della curva demografica” e che perderà un terzo della popolazione entro il 2030. Sostiene il servizio delll’Economist che nel 2060 i tedeschi saranno il 20% in meno rispetto ad oggi. La Spagna passerà in trent’anni da 47 a 35 milioni di abitanti. Dell’Italia già si è detto.

L’Europa si sta suicidando.

A.V.