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Schiavi dello smartphone?

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Quasi il 60% dei bambini tra i sei e i dieci anni possiede un cellulare personale.

Il 33% dei giovanissimi tra i 5 e i 6 anni ha un profilo social, ovviamente attivato dai genitori, ma che i piccoli sono in grado di utilizzare. Lo smartphone li accompagna ormai per gran parte della giornata. Come del resto gli adulti, passano ore e ore incollati davanti ad un piccolo schermo, scorrendo una miriade di finestre e compulsando velocissimi in touch screen.

Un’indagine dell'Associazione Nazionale Dipendenze tecnologiche (Di.Te), effettuata nel 2022, ha messo in evidenza la crescita esponenziale di questa situazione. Per quanto riguarda la fascia di età 4 - 9 anni l'88% dei genitori è abituato ad utilizzare lo smarthphone come mezzo di intrattenimento dei figli; il 37% lo considera un modo per aiutarli ad addormentarsi o (il 30%) per far calmare i bimbi quando sono agitati. Il 41% dei genitori consente ai figli l’uso del cellulare durante i pasti. L'81% dei bimbi utilizzatori manifesta evidenti segni di noia o di nervosismo quando per qualche motivo non può utilizzare il telefonino. Per concludere questa panoramica sui dati dell’indagine, risulta che il 57% dei ragazzi preferisce rimanere a casa a chattare o passare il tempo con i videogiochi piuttosto che uscire.

Lo scenario è certo preoccupante per la salute fisica e psichica delle giovani generazioni. Il cellulare ormai è entrato nello zainetto dei bimbi della scuola d’infanzia per non dire dell’asilo nido.  "Questo ha impatto sulle relazioni e le emozioni – fa osservare Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta, presidente di Di.te - Sempre più ragazzi, specie dopo la pandemia, preferiscono vivere online piuttosto che fare esperienze nella vita reale, con tutto quello che può derivarne, dal cyberbullismo all'hikikomori. Un uso eccessivo e precoce può avere conseguenze negative sul piano psicologico e sociale, ma molti adulti non conoscendo i rischi è come se abdicassero il loro ruolo di educatori. Questo conferma l'esigenza di un'educazione digitale precoce: già il ginecologo o il pediatra dovrebbero iniziare a parlare con i genitori di questo".

Qualche anno fa, prima della pandemia, l’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità aveva lanciato l’allarme sconsigliando totalmente l’uso di dispositivi video digitali nei bambini al di sotto dei due anni, perché è stato scientificamente dimostrato che incidono negativamente sul ciclo sonno-veglia. Per i bambini tra i due e i cinque anni il tempo di permanenza davanti a un video (telefono, tablet, TV o PC) non dovrebbe comunque superare l’ora. Queste raccomandazioni sono state puntualmente disattese, anzi le abitudini sociali continuano a procedere nella direzione opposta sottraendo lungo la giornata altri spazi dedicati all’attività fisico/sportiva e al gioco all’aria aperta. Altro che progresso: come di recente annota la giornalista Maria Novella De Luca su Repubblica “nel 2020 i bambini tra i 6 e i 10 anni “possessori” di uno smartphone erano il 23,5%. Questo percentuale sale addirittura al 58,4% nel 2021. Praticamente un bambino su due ha nello zainetto uno strumento potentissimo con il quale navigare, entrare nei social, accedere a siti (ad esempio porno) in grado di turbarlo in modo profondo. E se nel 2020 erano il 9,2% i piccolissimi sotto i cinque anni con l’accesso a uno smartphone, questo dato sale al 14,5% nel 2021”.

Psicologi e psichiatri sono molto preoccupati per i possibili danni irreversibili sullo sviluppo cognitivo ed emotivo. “Sono dati gravissimi, come si fa a lasciare uno smartphone nelle mani di un ragazzino di otto anni? Tutto il suo universo rischia di spegnersi", sintetizzava in un’intervista Massimo Ammaniti, uno dei maggiori psicoanalisti italiani.

È del tutto infondata la credenza che l’utilizzo precoce di strumenti digitali da parte dei bambini li favorisca nello sviluppo delle capacità intellettive, abbinato ad una maggiore dimestichezza nel maneggiare le nuove tecnologie. Anzi recenti esperimenti sul campo sostengono esattamente il contrario: per esempio i bambini abituati a sentirsi leggere libri dai genitori sviluppano capacità linguistiche e logiche nettamente superiori rispetto ai coetanei videodipendenti. In altre parole sono più svegli.

"Il continuo zapping da un contenuto all'altro ha creato un'epidemia di disturbi dell'attenzione – proseguiva il prof. Ammaniti nell’intervista - Il linguaggio poi, sviluppandosi soltanto nelle chat tra amici, è povero e gergale. E il rischio è la dipendenza”. 

Sarà forse per questo che qualche settimana fa le scuole pubbliche di Seattle, in USA, hanno deciso di intentare una causa a Meta (Facebook, Instagram, WhatsApp), Google (YouTube), TikTok (ByteDance).

L’accusa: “Gli imputati hanno sfruttato con successo i cervelli vulnerabili dei giovani, agganciando decine di milioni di studenti in tutto il Paese attraverso un circuito vizioso di risposte positive sui social media che porta all’uso eccessivo e all’abuso delle piattaforme. Peggio ancora, il contenuto che gli imputati propongono e indirizzano ai giovani è troppo spesso dannoso e teso allo sfruttamento per interessi economici”.

A tutti gli effetti una forma di dipendenza, di fronte alla quale la scuola si è sentita in dovere di citare per danni i colossi del web che non possono continuare a far finta di nulla. Dati alla mano, tra i ragazzi nell’ultimo decennio i casi di ansia, depressione e disturbi della personalità sono aumentati del 30 per cento.

Cfl