Dopo i viaggi del 2009 e 2012 in RDC (Repubblica Democratica del Congo) rimetto i piedi sul suolo africano solo quest’anno: il 29 agosto del 2022.
Ho gustato e annusato i profumi dell'Africa a distanza, in questi 10 anni, non li ho mai lasciati qui a Torino, ma tornare in terra africana è un'altra cosa…ritrovo la stessa terra rossa, il sorriso dei bambini, il coraggio e l'indomita fierezza delle donne africane.
Atterro a Cotonou dove Elisa mi aspetta, coraggiosa ed intraprendente giovane di Pinerolo, che ha lasciato lavoro, casa e tutto il resto per risiedere in Africa, scegliendo il Benin come luogo eletto. Ci dirigiamo a Pahou, dove Elisa risiede.
DARE RISPOSTE CONCRETE
Il lavoro che sta svolgendo Elisa, in questo momento, è a sostegno dell'infanzia di Pahou, ma non solo. Saranno diversi i comprensori visitati da Sud a Nord. Progetti di scolarizzazione con il sostegno alle spese per manutenzione di strutture, approvvigionamento materiale scolastico, contributo alle spese scolastiche per i bambini, ma anche per gli insegnanti. Ci sono centri didattici pubblici, ma assolutamente insufficienti ed inadeguati: se vuoi istruire i tuoi figli devi pagare. E ancora, reperire fondi per effettuare studi di suolo al fine di realizzare la trivellazione e quindi portare acqua potabile ai centri scolastici o a villaggi del Nord che hanno decisamente meno risorse.
Poi c'è anche la realtà dei bambini “di strada” per i quali non si apre alcuna prospettiva e che trovi vagabondare e vivere di espedienti soprattutto nei centri commerciali più grandi. La piaga dei minori “senza famiglia” è una realtà grave per il Benin. Tantissimi sono i bambini abbandonati alla nascita o che vengono venduti a trafficanti che li sfruttano fin dalla più tenera età. Causa di abbandono è spesso il presentarsi di anomalie evolutive quali la disabilità, l'epilessia, l'albinismo, l'irrequietezza. Queste condizioni sono sufficienti a far nascere la credenza di trovarsi di fronte ad un bambino posseduto dal demonio.
Questi bambini vengono così accusati di causare morti, malattie o eventi nefasti alla famiglia e per questo motivo allontanati. Ecco, allora, il proliferare di case/orfanatrofio frutto dell'attenzione di religiosi o privati che tentano di arginare questa piaga endemica.
Elisa tenta di dare risposte là dove le sue energie fisiche e finanziarie, grazie all'aiuto e alla solidarietà di amici italiani, possono arrivare. Sostiene anche il lavoro agricolo delle donne di Boukombè che producono, trasformano e commercializzano i loro prodotti che finiscono, per ora, nelle valigie degli ospiti di Elisa per essere distribuiti ad altri amici italiani: olio di baobab, di sesamo, di neem, farine e cous cous, burro di karitè.
L'Africa è povertà, è sacrificio, è sofferenza, ma è anche disponibilità ad accogliere l'altro, saper rinunciare a ciò che si ha per dividere ed offrire. Il mio sguardo cerca, si meraviglia, si stupisce e il cuore gioisce di tanta semplicità e spontaneità. Assolutamente stupefacente è stata l'esperienza condivisa del tirare le reti a riva al rientro dalla pesca: una moltitudine umana che tira al ritmo di musica per avere poi del pesce fresco in cambio.
IL VIAGGIO CONTINUA
Ci spostiamo poi verso il Nord, sono circa 500 Km, le strade sono discrete – migliorate negli ultimi due anni – per poi divenire strade battute di terra rossa, dissestate, che ci portano a piccoli villaggi. Tappa alla scuola di Natitingou gestita dal 1995 da una volontaria italiana, dove i lavori per il pozzo dell'acqua procedono.
Spostamento in un orfanatrofio in mezzo al nulla a Kouande, gestito da suore: avrebbero bisogno di tutto. Difficoltà a reperire il cibo, migliorare l'ospitalità e le condizioni dei piccoli ospiti, trovare fondi per effettuare lavori di manutenzione urgenti.
Sosta a Boukombè dove troviamo una realtà ancora diversa: natura rigogliosa in questa stagione di piogge, che cadono davvero copiose ed intense. Tanti campi coltivati, tante donne e bambini al lavoro, difficoltà nel mandarli a scuola, grave situazione di malnutrizione.
È una continua meraviglia anche per noi, una continua altalena tra tristezza, incomprensibile realtà ed emozionante felicità.
NEL CUORE DELL’AFRICA
Ma cosa succede in Benin, come è governato questo Stato collocato al centro ovest del continente africano con sbocco sull'oceano atlantico?
Divenuta Repubblica autonoma del Dahomey (questo era il suo vecchio nome) nel 1958, nel 1960 adottò una nuova Costituzione. Come tutti i nuovi governi, nati dopo la fine del colonialismo, anche questo Stato ha conosciuto frequente instabilità. Il nome Benin venne adottato nel 1975 dall'allora Capo di Stato Kerekou che rovesciò il precedente, aiutato dai militari, iniziando una gestione dittatoriale.
Corruzione e malessere della popolazione condussero il Paese ad un altro cambio di potere nel 1990 con la redazione di una nuova Costituzione, lasciando però inalterati i giochi di potere tra i due contendenti.
Gli avvicendamenti, uniti allo scontento e alle poche riforme, continuano fino ai giorni nostri. L'attuale Presidente del Benin è Patrice Talon, eletto nel 2016. Uomo d'affari, commerciante e ricco imprenditore che opera nel mercato del cotone. Ha costruito il suo impero dal 1985, la sua ascesa incontrastata gli garantisce amicizie potenti. Ha il monopolio pressoché completo dell'industria cotoniera e l'ingresso in politica nel 2014 probabilmente gli diventa necessario per tutelare il suo incredibile giro d'affari.
La fine del mandato nel 2021, lo ha visto scendere nuovamente in campo per un secondo “tempo” ma fin dal 2019 si è preoccupato di “far fuori” tutti gli oppositori più potenti mandandoli anche in esilio con vari pretesti.
Ad aprile 2021 è stato rieletto, se da una parte si è assistito ad una progressiva crescita economica che fa principalmente affidamento all'esportazione del cotone, delle arachidi e dell'olio con evidente ritorno personale per le industrie del Presidente, dall'altra parte lo si accusa di svolta autoritaria che mina profondamente la democrazia del Paese.
L'Africa ci presenta le sue sfumature e anche le sue contraddizioni: la libertà dal giogo del colonialismo si trasforma in tossica sudditanza al potere economico e non fa nessuna differenza se a gestirlo sia un bianco o un nero. Su questo Paese pesano la scarsa scolarizzazione, l’insufficienza di infrastrutture, la corruzione della classe politica e gli interessi delle multinazionali di potenze estere.
Rimane la bellezza di un Paese e di un popolo che, soprattutto nei villaggi, affronta la durezza del quotidiano e non rinuncia all'accoglienza offrendoti, magari, l'unica ciotola di acqua potabile che ha conservato nella sua casa.
Miriam Escoffier