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Caritas nel mondo - Il latte di Kiambu, una risorsa comunitaria

Inchieste
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In Kenya il latte può essere un vero tesoro, qualcuno lo ha definito addirittura “oro bianco”.

Non solo per il suo apporto nutrizionale fondamentale, ma soprattutto per le opportunità economiche che può rappresentare per gli allevatori e le loro famiglie. Negli ultimi tre anni in Kenya, affiancando la Caritas di Nairobi per il progetto MilKy, insieme ad altri partner italiani e con il sostegno economico dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo sviluppo, abbiamo lavorato con 2.000 piccoli allevatori per garantire una filiera del latte sostenibile. Il problema di fondo era poter garantire un equo riconoscimento ai piccoli allevatori dalla vendita del latte prodotto dalle loro mucche, una o due al massimo all’inizio. E un adeguato potere di mercato, senza finire nelle mani dei broker che lavorano per le grandi aziende di distribuzione, senza specifiche tutele per i piccoli produttori. Per arrivare a ciò era necessario investire anche in un miglioramento della qualità del latte, nella formazione tecnica per gli allevatori e riuscire a creare una rete per la raccolta e la pastorizzazione. Questo progetto si è concluso lo scorso agosto, pur non senza difficoltà legate alla pandemia, ma non solo. È stato un lungo viaggio al quale hanno preso parte in tanti dal Kenya e dall’Italia, con competenze, capacità e ritmi diversi. Pur presi dalle ultime frenetiche attività per chiudere nei tempi previsti e dalla burocrazia che sembrava non finire mai, guardando indietro al percorso fatto, insieme ai colleghi ci sentivamo quasi increduli. Rileggere insieme questa esperienza attraverso la testimonianza dei contadini di Kiambu ci ha aiutato davvero a capire che il MilKy non è stato solo un “progetto”, ma un vero e proprio percorso comunitario.

Così, grazie a Francis che ci ha raccontato della sua famiglia, delle sue due figlie. Oggi, pur continuando ad avere una sola mucca nella sua fattoria può contare su una produzione di qualità e quantità che gli garantiscono un guadagno equo dalla vendita del latte, con un pagamento assicurato ad ogni mensilità. Non diventerà ricco, ma questo permette a lui e alla moglie di poter garantire un’istruzione sicura alle due figlie, pagando tutte le rette scolastiche, e sperando possano davvero seguire le proprie aspirazioni future. “È importante – dice - sapere di poter vendere il latte e di essere pagato a fine mese, prima non era così. Non solo venivamo pagati poco, alle volte si prendevano il nostro latte senza pagarci. Oggi lavoriamo insieme, con i miei vicini. Condividiamo un percorso che ci ha fatto crescere, partecipiamo insieme al cambiamento”.

Njeri, madre di sei figli, non solo ha partecipato al progetto, ma tantissime volte ci ha aperto le porte della sua casa, si è presa cura di noi cucinando il miglior mukimo (un piatto tipico preparato con patate schiacciate, foglie di zucca e fagioli o mais) della zona. Oggi, dopo tre anni, le sue mucche sono diventate 10 e come gli altri riesce a garantirsi un guadagno adeguato dalla vendita del latte. Per lei, poi, il vero cambiamento è arrivato grazie all’impianto di bio-gas, una delle componenti pilota dello stesso progetto per garantire una produzione agricola totalmente auto-sostenibile e con energia pulita. “Non pascolo le mucche solo per il latte, ma anche per ottenere il fertilizzante naturale da loro. Nel mio giardino è stata costruita una cisterna per raccoglierlo che, collegata a un sistema sotterraneo, mi permette di trasformarlo in gas, direttamente nella mia cucina. Così, veramente la mia vita è cambiata. Oggi non devo più alzarmi prima dell’alba per cercare la legna da ardere nella zona, non devo più tagliare alberi. Allo stesso tempo posso cucinare sui fornelli più in fretta, utilizzando energia pulita, senza intossicarmi con i fumi della legna. Ora non tossisco più e anche la mia pelle è più bella. Dopo aver imparato a riutilizzare il fertilizzante naturale dalle mie mucche nel giardino, anche la produzione agricola della mia piccola fattoria è migliorata. Abbiamo più pomodori, cipolle e altri ortaggi. Posso cucinare mukimo per tutti. Ho colto l’opportunità di fare un percorso che non solo ha migliorato la mia fattoria, ma mi ha reso parte di questa comunità, sentendomi meno sola”.  

Come racconta Michael, il vice-direttore di Caritas Nairobi, questo percorso è partito tanti anni fa conoscendo i contadini della zona, ascoltandoli e cercando vie diverse e partecipate per un cambiamento. “Oggi possiamo contare su una rete solida e solidale. Garantire una filiera sostenibile significa anche partire dal produttore per arrivare al consumatore, con un adeguata distribuzione delle risorse e un bassissimo impatto ambientale. Dunque, è importante anche garantire un processo di trasformazione del latte secondo gli standard nazionali, a questo servirà l’unità di trasformazione appena costruita. Oggi il nostro latte viene distribuito nelle baraccopoli ai distributori automatici. Non solo non ci sono più confezioni di plastica o tetrapak, diminuendo la produzione dei rifiuti, ma si può acquistare la quantità di latte che davvero serve o ci si può permettere senza sprechi, perché non tutti si possono permettere un frigorifero. Il prezzo finale per il consumatore non cambia. Abbattendo le voci di costo per il confezionamento davvero cambia quello pagato ai produttori per litro: più alto, più equo, per garantire un introito stabile e restituire dignità al lavoro”.

Nicoletta Sabbetti

 

(Foto Caritas)