Il digitale non inquina e fa bene all’ambiente! Ecco un mito da sfatare o perlomeno da ridimensionare.
È vero che l’informatizzazione ha ridotto drasticamente gli spostamenti in auto o con i mezzi pubblici e di conseguenza le emissioni in atmosfera. Una molteplicità di faccende si possono sbrigare tranquillamente da casa davanti al computer o con il telefonino. Analizzando il tempo impiegato ci troviamo lungo la giornata a scorrere centinaia di e-mail e messaggi WhatsApp, partecipare a videoconferenze, utilizzare i social, guardare film sfruttando le potenzialità del web e tanto altro ancora.
Abbiamo quasi abolito l’uso della carta e persino la plastica dei DVD! A prima vista tutti comportamenti pienamente ecocompatibili: ci muoviamo in un mondo praticamente immateriale, asettico e più pulito.
Ma non è esattamente così.
Per far funzionare questo sistema, sempre più digitale, sono necessarie imponenti infrastrutture: inestricabili reti di cavi e immensi “clouds” che in inglese si traduce con “nuvole”, ma che proprio impalpabili non sono, perché in realtà sono costituiti da una moltitudine di server e data center, fisicamente ubicati chissà dove per ospitare in remoti volumi inimmaginabili di dati. E poi satelliti per telecomunicazioni che dialogano con le apparecchiature a terra, antenne, ripetitori, router, switch e quant’altro. È pur vero che i dispositivi domestici sono di dimensioni sempre più ridotte, ma è altrettanto vero che il “dietro le quinte” è cresciuto esponenzialmente.
Tutta roba che consuma energia, scalda anche parecchio e in qualche modo incide sull’ambiente. Infatti da qualche anno a questa parte i colossi dell’informatica stanno cominciando a porsi seriamente il problema dell’inquinamento digitale.
Si stima che le emissioni di gas serra siano ormai superiori a quelle prodotte dall’industria aerea. Qualcuno ha persino provato a calcolare il consumo di CO2 di una singola mail inviata: 4 grammi, un’assoluta inezia, da moltiplicare però per 300 miliardi di email che vanno in circolazione ogni giorno. Stiamo parlando solo di posta elettronica e quindi di una delle applicazioni meno “inquinanti” in assoluto. Il discorso cambia quando si prova a misurare il consumo di CO2 prodotto quando passiamo a parlare di file con immagini o video, di gran lunga più “pesanti” e destinati a lasciare un’impronta ecologica digitale decisamente più significativa. I video in streaming e le piattaforme TV ad alta definizione di ultima generazione costituiscono da soli il 60% del traffico totale dei dati che viaggiano su internet e da soli sono in grado di generare milioni di tonnellate di gas serra all’anno.
Dunque, così come avviene per la produzione dei rifiuti ed il risparmio energetico, la difesa dell’ambiente passa anche attraverso la “sobrietà digitale”.
Uno studio di Agenda Digitale (autority che in Italia sovrintende allo sviluppo del settore) già nel 2019 sosteneva che “l’intensità energetica dell’industria digitale non è più sostenibile. Per invertire la rotta servono pratiche digitali sobrie e miglioramenti nell’efficienza energetica. Un impegno che chiama in causa industria, ricerca e politica, oltre che ciascuno di noi”.
Con la pandemia la fame di energia, indotta dalle nuove tecnologie e dai volumi di dati che passano tramite web, è aumentata esponenzialmente.
L’analisi di Agenda Digitale evidenziava uno scenario che in questi due anni si è fatto ancora più preoccupante: “Immagini, video, film in ultra definizione per smart-tv, uso dei bancomat, sensori e immagini riprese da telecamere di sicurezza, pedaggi telepass, videochiamate digitali, messaggistica istantanea. Tutto questo e molto altro rappresenta un “universo digitale” in continua espansione, alimentato dai dati creati, utilizzati e richiesti ogni giorno – senza sosta – da industrie, pubbliche amministrazioni, ospedali, banche e centri di ricerca, ma soprattutto da noi utenti.
Un universo che ci semplifica la vita e di cui non riusciamo più a fare a meno, ma che inquina parecchio. Anzi, sempre di più. Basti pensare che un’ora di streaming a settimana, in un anno, consuma quanto due frigoriferi nello stesso arco di tempo. Una sola rastrelliera di server grande più o meno come un frigorifero ha bisogno di più energia di un’intera casa”.
Non a caso gli spazi per la custodia dei dati e l’energia per gestirli costano sempre di più. Anche nel mondo digitale esistono gli sprechi, si pensi solo alla quantità di mail e di messaggi totalmente inutili che buttiamo nel cestino senza neanche leggere. Per non parlare della quantità di rifiuti elettronici, delle batterie del telefonino che dopo pochi mesi sarà gettato nell’immondizia per sostituire quello nuovo, dello sfruttamento dei minatori addetti all’estrazione di metalli rari necessari per farlo funzionare…
Sì, qualche riflessione sulla “sobrietà digitale” sarà il caso di cominciare a farla.
C.M.