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Dom, Dic
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Ripensare la filiera dei rifiuti

Inchieste
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Che questo Ministero della Transizione Ecologica possa essere centrale nella gestione del Recovery fund è evidente.
Nel piano presentato dal precedente governo ben 69 dei 209 miliardi di euro erano destinati alla sostenibilità ambientale. Con il nuovo governo l’entità delle risorse potrebbe cambiare, ma senza dubbio l'ambiente resterà un tema centrale. Ad oggi il Recovery prevede 17,5 miliardi per la transizione energetica e la mobilità sostenibile, altri 29,2 miliardi per l’efficienza energetica, 14,8 per la tutela del territorio, 5,9 per l’economia circolare. Secondo Draghi questi fondi potrebbero addirittura aumentare in caso di ulteriore svolta green.

L’Ue ha chiaramente detto che l’obiettivo è quello di rendere l’Europa “più ecologica, digitale e resiliente”. Ecologica, appunto, tanto che uno degli elementi principali è quello delle “transizioni climatiche e digitali eque”. A cui aggiungere “la lotta ai cambiamenti climatici, a cui verrà riservato il 30% dei fondi europei”. Di fatto, come ha spiegato la presidente della Commissione Ue Ursula Von Der Leyen, il 37% delle risorse del Recovery deve essere destinata all’ambiente.

Ma quali problemi si incontreranno?

Intanto l’ultimo Rapporto semestrale della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) come sempre ha segnalato una forte connessione fra le organizzazioni criminali  e i reati ambientali, soprattutto nel settore dei rifiuti.  La filiera è troppo complessa e lunga e all'interno di questa è inevitabile che facilmente si annidino interessi mafiosi. Dopo i produttori troviamo trasportatori, laboratori di analisi, intermediari, stoccaggi plurimi, impianti intermedi di pretrattamento ecc. Accorciare la filiera diventa a questo punto una necessità legale, oltre che ambientale e di costi.

Questa però è una scelta che si scontra con la diffusa volontà di non volere localizzare impianti finali, scegliendo strade “a filiera lunga”, come già hanno fatto il Lazio  e la Campania.

Seconda questione: l'Italia non ha impianti di smaltimento e trattamento adeguati e distribuiti in modo omogeneo sul territori nazionale. Mancano compostaggi e digestori anaerobici, piattaforme, termovalorizzatori e discariche per rifiuti pericolosi. L'emergenza è dunque strutturale, a causa di una bassa offerta impiantistica rispetto alla domanda, con impianti che diminuiscono e una produzione di rifiuti in aumento come nell'ultimo anno.

In questo scenario le organizzazioni criminali vanno a nozze con un proliferare di incendi smaltimenti illegali.

Terzo problema: gare al massimo ribasso per singolo comune favoriscono in molte aree del Paese offerte di operatori oscuri che acquisiscono così una posizione forte sul mercato. Occorre stabilire Ambiti Territoriali ottimali con gare europee chiare e trasparenti. Inoltre la classica discarica risulta spesso il tipo di impianto preferito dalle organizzazioni criminali, per il basso investimento e l'elevato ritorno economico. Ridurre le discariche al minimo, come chiede la nuova direttiva europea (massimo 10% nei rifiuti urbani), è un altro ottimo modo per togliere spazio alle organizzazioni mafiose, poco interessate a gestire impianti complessi.

I termovalorizzatori possono avere un ruolo nell’economia circolare?

Per Claudio Mazzari, Gruppo Iren, incenerire la frazione indifferenziata è ancora necessario perché la mole di rifiuti urbani prodotti ogni anno è troppo ampia (30 milioni di tonnellate l’anno). La transizione verso un modello economico circolare dovrebbe richiedere un impegno della politica, più che delle aziende. Stefano Zamagni, di gruppo Hera, ritiene invece che le aziende che gestiscono i termovalorizzatori possano avere un ruolo nella transizione verso l’economia circolare, guardando all’intero sistema di smaltimento e riciclo. La termovalorizzazione ha un senso se parallelamente si accompagna al recupero di materiali e prodotti finiti. I nuovi impianti dovrebbero essere dotati delle migliori tecnologie e, per parlare davvero di economia circolare, dovrebbero realizzare nuovi prodotti dagli scarti inceneriti. Ad esempio la biopiattaforma che sarà realizzata nel comune di Sesto San riutilizzerà impianti già esistenti per unire alla termovalorizzazione anche la depurazione dei fanghi per un utilizzo in ambito agricolo.

In ogni caso grazie alla maggiore attenzione dell’opinione pubblica nei confronti delle tematiche ambientali, gli “ecoreati” hanno smesso di essere considerati illeciti di serie B. Resta l’esigenza di diminuire i chilometri percorsi dai rifiuti per ridurre ulteriormente  le possibilità di guadagno per la criminalità ambientale. Soprattutto nelle nostre zone industriali dismesse occorre, anche  a livello di singolo Comune, cominciare a pensare seriamente alla  transizione ecologica con progetti ed idee innovative.

Giuseppe Odetto