La prima volta che abbiamo votato per il Parlamento Europeo era il 1979.
L’istituzione esisteva già, ma non era eletta a suffragio universale: da quel momento invece, ogni cinque anni, gli Europei si sono recati alle urne per eleggere i propri rappresentanti.
Oggi sono circa 375 milioni gli aventi diritto al voto; questo fa del Parlamento Europeo l’assemblea parlamentare transnazionale più grande del mondo. I parlamentari sono 750, ma nella prossima legislatura saranno solo 705, a causa della Brexit, cioè dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, anche se la Brexit forse non si concretizzerà e quindi c’è incertezza (l’Europa è fatta così, abituiamoci).
Ogni Paese esprime un numero di parlamentari proporzionale alle dimensioni del Paese stesso; l’Italia elegge 73 eurodeputati (76 dopo la Brexit: i seggi spettanti al Regno Unito infatti saranno parzialmente ridistribuiti tra gli altri Paesi).
Il Parlamento Europeo, proprio come quello nazionale, si occupa di redigere, discutere e approvare le “leggi europee”; ma non è solo in questo compito. La “seconda camera”, diciamo così, è costituita dal Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea: un’istituzione che non ha composizione fissa, ma è di volta in volta costituita dai ministri dei Paesi membri competenti per la materia di cui si discute in quella sessione.
CHI DECIDE
Ci sono, dunque, i rappresentanti diretti dei cittadini europei da un lato, al Parlamento Europeo, e i rappresentanti dei Governi dall’altro lato, al Consiglio dei Ministri.
Su diverse materie le due “camere” hanno pari importanza: si realizza così un bilanciamento tra il “sentimento popolare” (che è condizionato, come si può intuire, dalla volontà dei Paesi più grandi, giacché eleggono più deputati) e le sensibilità dei singoli Paesi, che al Consiglio hanno un rappresentante a testa, indipendentemente dalle dimensioni.
Purtroppo, però, su alcuni temi, anche molto importanti, oggi il Consiglio pesa più del Parlamento. È un vero peccato, perché al Parlamento si ragiona sempre in termini squisitamente europei (giacché i parlamentari vengono eletti per rappresentare tutti i cittadini del Vecchio Continente e non quelli del Paese d’appartenenza), senza badare agli interessi particolari cari ad alcune capitali. Al Consiglio, invece, le decisioni vengono prese con la testa rivolta ai rispettivi elettorati nazionali; così, spesso, alcuni grandi progetti europei di riforma sono stati sacrificati sull’altare di qualche logica interna.
Cionondimeno, il Parlamento oggi mantiene un grande rilievo. È difficile fare una stima di quante leggi italiane siano direttamente dipendenti dalle decisioni che vengono prese, da tutti, a Bruxelles e a Strasburgo, dove il Parlamento Europeo ha le sue sedi: alcuni stimano circa il 70%.
Inoltre, già alle scorse elezioni del 2014, le famiglie politiche europee hanno sperimentato il sistema dello “Spitzenkandidaten”: in sintesi, prima del voto ogni famiglia politica ha indicato il nome di una persona che, in caso di vittoria, avrebbe ricoperto il ruolo di presidente della Commissione Europea. Ecco qui un’altra istituzione: la Commissione è, grossomodo, il governo d’Europa, l’esecutivo; è un organo estremamente importante, composto da un membro per ogni Paese, riceve la fiducia dal Parlamento e resta in carica fintanto che questo rapporto si mantiene.
Non è detto che quest’anno si riuscirà a seguire la stessa procedura: molto dipenderà dai numeri che usciranno dalle urne. In ogni caso, però, la futura commissione dovrà ottenere la fiducia dal Parlamento e cioè da tutti noi.
È chiaro, dunque, che conoscere questa istituzione e partecipare al suo rinnovo è fondamentale.
Cerchiamo di non confonderci quando sentiamo parlare delle istituzioni europee (i cui nomi, invero, non sono particolarmente fantasiosi). Il Consiglio, che abbiamo incontrato poco fa, non è il Consiglio Europeo: in quest’ultimo siedono i capi di Stato e di governo dei singoli Paesi membri (Merkel per la Germania, Conte per l’Italia, Macron per la Francia, etc.), si riunisce almeno due volte all’anno e, dato il massimo livello politico dei suoi “abitanti”, fissa gli obiettivi dell’Unione.
COME SI VOTA
Cerchiamo ora di capire qualcosa di più sulle prossime elezioni europee, che si tengono (in Italia) domenica 26 maggio, dalle ore 7 alle 23.
Non esistono partiti europei, né un’unica legge elettorale europea; sulla scheda troviamo nomi di partiti italiani, i cui eletti siederanno in Parlamento vicino a eurodeputati di altri Paesi con idee affini, raggruppati in famiglie politiche.
Le legge elettorale italiana per le elezioni europee prevede un sistema proporzionale puro: ad esempio, se un partito ottiene un quarto dei voti totali, calcolati su base nazionale, otterrà anche un quarto dei seggi. La soglia di sbarramento per ottenere almeno un seggio è fissata al 4 per cento su base nazionale.
Ciascun partito o coalizione presenta una lista di candidati, diversa per ciascuna delle cinque circoscrizioni in cui è diviso il territorio italiano. Per quanto ci riguarda, votiamo nella circoscrizione nord-occidentale (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia).
Il voto si esprime tracciando una X su un unico simbolo di partito o di coalizione. Accanto a ogni simbolo ci sono anche tre spazi bianchi, su cui si possono esprimere delle preferenze per altrettanti candidati. L’indicazione delle preferenze è facoltativa: il voto è considerato valido anche se viene barrato solo il simbolo del partito. Non è permesso il cosiddetto voto disgiunto.
Attenzione: nel caso di due o tre preferenze, queste devono riguardare candidati di sesso diverso. Non si possono votare soltanto uomini, né soltanto donne.
Vi dicevo delle famiglie politiche europee. Le principali sono il PPE (cui aderisce Forza Italia), S&D (cui aderisce il PD), ALDE (cui aderisce +Europa); seguono formazioni più piccole, che vanno dai conservatori euroscettici, ai populisti, ai verdi, alla sinistra radicale.
Per molti anni il Parlamento è stato guidato da una coalizione composta da PPE e S&D, spesso con l’appoggio di ALDE. Ora nessuno si sbilancia in previsioni perché, oltre al caso Brexit, nell’ultimo quinquennio diversi scenari politici nazionali sono cambiati.
Votiamo, dunque, e votiamo informati: vi consiglio di consultare il sito istituzionale del Parlamento Europeo che è molto chiaro e di leggere i programmi delle famiglie politiche europee, più che quelli dei singoli partiti nazionali.
Lorenzo Berto
Spazio a cura dell'Associazione Chreo Nichelino