Un video che gira sul web in cui un piccolo gruppo di frati francescani
e sacerdoti si frappone tra polizia e manifestanti per evitare violenze è diventato un po’ l’emblema della situazione sociale ad altissima tensione che vivono i nicaraguensi, quarant’anni dopo la rivoluzione sandinista.
Il 30 maggio poi la “marcia delle mamme” - manifestazione pacifica organizzata delle madri degli studenti uccisi nella protesta di aprile - è stata repressa dalle forze dell’ordine e dai gruppi paramilitari sandinisti, legati al governo di Daniel Ortega. Una manifestazione interrotta quando gli agenti, in tenuta antisommossa, hanno cominciato a sparare sulla folla: i primi morti e molti feriti. I manifestanti hanno trovato rifugio nella vicina Università Centroamericana, dove sono state accolti dal rettore, padre José Idiáquez. Nei giorni successivi altre manifestazioni ed altri morti.
Eppure si sperava che la situazione in Nicaragua potesse migliorare dopo che nella capitale Managua le parti avevano aperto un tavolo per avviare il dialogo alla presenza del presidente della Repubblica del Nicaragua Daniel Ortega, di sua moglie e vicepresidente, Rosario Murillo, dei rappresentanti della Conferenza episcopale nicaraguense, delle associazioni imprenditoriali, degli studenti e dei campesinos. Nessuno però si era fatto illusioni, considerato che proprio i vescovi in apertura dei lavori, confermavano che “il dialogo non inizia nelle condizioni più idonee”, proprio a causa delle violenze e degli scontri che continuavano a dilagare nel paese. E in questo clima di tensione i rappresentanti di braccianti e studenti hanno chiesto a Ortega e famiglia di farsi da parte: “Questo non è un tavolo di dialogo, è un tavolo per dialogare sulla sua uscita di scena”, ha detto direttamente al presidente il leader studentesco Lesther Alemán.
Da parte dei vescovi – si legge su Avvenire, uno dei pochi organi di informazione che in Italia ha dedicato ampio spazio alle vicende nicaraguensi - è arrivata la forte richiesta che vengano ritirate dalla strade le forze di polizia, espressa in particolare dal segretario generale della Conferenza episcopale (Cen), mons. Abelardo Mata, che ha detto rivolgendosi a Ortega: “Presidente, ripensi con il suo Governo le scelte fatte finora. È iniziata una rivoluzione non armata. Qui non c’è un esercito contro un altro esercito, ma un popolo che sta manifestando”. Il card. Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua e presidente della Cen, ha messo in evidenza che le chiese in queste settimane “sono diventate ospedali di campagna e i sacerdoti sono diventati mediatori. Abbiamo molte vite da salvare e feriti da curare. Abbiamo assistito tutti senza distinzioni”. Il presidente Ortega non è andato al di là di generiche affermazioni sul fatto che “la Polizia ha l’ordine di non sparare” e si è difeso spiegando che le forze dell’ordine in qualche caso hanno agito perché attaccate.
Neanche il ritiro della riforma sulle pensioni ha placato le tensioni in Nicaragua, che come molti governi latinoamericani, vive un difficile momento economico, stretto tra le richieste di austerità e i bisogni delle classi sociali più deboli. È un Paese deluso dalle promesse di una rivoluzione, quella sandinista, mai portata a compimento e sommersa dalla corruzione.
I problemi politici, con la deriva autoritaria di Daniel Ortega, si aggiungono a quelli sociali: il Nicaragua è infatti la nazione con la manodopera meno pagata del Centroamerica, in cui gli imprenditori stranieri – dai coreani agli statunitensi – aprono fabbriche nelle zone franche, libere da dazi doganali, in cui i lavoratori privi di supporto sindacale vengono trattati come schiavi.
Proprio un viaggio in queste fabbriche, le cosiddette maquilas, è al centro del reportage di Anne Charlotte Gourraud, che raccoglie testimonianze degli operai e delle associazioni impegnate a difenderli. Il servizio è andato in onda su TV2000 ed è possibile rivederlo sul web. L’ospite in studio con Andrea Sarubbi è Giorgio Novelli, che proprio in Nicaragua visse e collaborò con il governo ai tempi della rivoluzione sandinista. Novelli fa un’analisi lucida e pacata della situazione del paese centroamericano: una rivoluzione fallita, i figli dei sandinisti contro il potere rappresentato dai sandinisti trasformatosi in dittatura. Un sogno infranto.