E' la stagione in cui si miete il grano. Ed il biondo colore dei nostri campi risveglia in noi ricordi ancestrali di riti e cibi antichi come l'uomo: pane, olio, vino e latte, quello che sfama l'umanità da quando esiste la civiltà.
Cos'è rimasto nelle nostre città di questo mistico ciclo di vita? Oggi i pane si compra dappertutto: dal panettiere, certo, ma anche al supermercato o alla stazione di servizio autostradale. Ed il pane che oggi mangiamo è molto diverso da quello che mangiavano, ad esempio, nella Firenze di Dante. E ora cercheremo di capire perché.
“Il problema principale sono le farine - spiega Teresa Mortara, proprietaria, col marito Mario Pagani, di una panetteria all'inizio di via XXV Aprile - con l'industrializzazione i mulini si sono visti chiedere sempre più, o quasi sempre, delle farine molto raffinate, perché queste risultavano molto facili da lavorare, facilitando sia gli impasti che le lievitazioni”. Le macinazioni industriali, insomma, eliminano tutta le parte esterne del chicco di grano (crusca e cruschello) restando solo la parte di farina che, mischiata all'acqua, avvia il processo di agglutinazione col quale si procede con le lavorazioni. I mulini industriali lavorano “a caldo” frantumando i chicchi facendoli passare più volte tra rulli che si scaldano per sfregamento. Altro fatto che indebolisce la qualità della farina.
“Oggi invece – prosegue Teresa Mortara- il cliente sempre più spesso ci chiede prodotti fatti con farine naturali e macinate col metodo più antico del mondo: ovvero a pietra”, come nei mulini ad acqua che fino 60/70 anni fa punteggiavano le nostre pianure (ad esempio il mulino di Carpice a Moncalieri).
Queste farine - spiega ancora Teresa, la nostra guida nel mondo bianco di farine e pane - si differenziano con una tabella numerica: dallo “00”, totalmente raffinata al “2” con una ricca componente di fibre naturali. C'è poi la farina “integrale” che contiene tutti gli elementi del grano ed è, senza alcun dubbio, la migliore dal punto di vista della salute e della digestione di chi la mangia.
Non bisogna poi dimenticare che esistono altri cereali, per così dire “antichi”, che noi usiamo per la produzione di particolari prodotti: avena, farro, segale, grano saraceno ed orzo. Di tutti questi cereali (a basso indice glicemico) esistono farine che possono essere usate pure od in mescolanza con quella di grano.
“Oggi le sfide sono due: quella del gusto e quella del prezzo”, conclude la signora Teresa. La prima è per certi aspetti la più semplice. Chi assaggia i prodotti fatti con farine totalmente o parzialmente integrali si può accorgere che, se il panettiere ha lavorato bene, è possibile ottenere prodotti molto gradevoli sul piano del gusto (tanto nel pane, quanto nei dolci e nelle pizze e focacce). purché ci si riabitui ad una leggera “rusticità” nel gusto, che però conferisce al prodotto anche un sapore inconfondibile e gradevole. Qui si tratta di gusti, che sono soggettivi per antonomasia, e l'unica è provare...
La questione del prezzo è invece diversa: una farina integrale macinata a pietra di buona qualità certificata, costa in media 4/5 volte quella “00” che troviamo al supermercato e con la quale sono fatti praticamente tutti i pani industriali. E' giocoforza che un prodotto fatto con una materia prima più nobile, ma più costosa costi di più. Ed a questo punto non resta che la domanda: quanto “vale” (non solo quanto “costa”) un cibo: buono, sano e che fa bene?
Ettore Giribaldi