14
Dom, Dic
97 New Articles

Bibbia per tutti - L''Addio di Abramo a Sara

Società e cultura
Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times

Il capitolo che segue a quello molto intenso e importante del sacrificio di Isacco si apre con una tragica notizia: “Gli anni della vita di Sara furono centoventisette (12 come le tribù di Israele e 7 come la perfezione).

Lo scrittore sacro ci vuole dire che, nonostante le sue miscredenze, Sara è un esempio importante per tutto il popolo ebraico.

Sara morì a Kiriat – Arbà cioè Ebron” (23,1-2). Abramo la piange disperato. Il testo biblico però non ci dice come è morta, ecco che ancora una volta ci vengono in aiuto i testi extrabiblici, i commenti dei rabbini o i libri apocrifi che ci danno due versioni.

1) Di nuovo Satana si traveste da anziano, si presenta a Sara e le racconta che Abramo ha sacrificato suo figlio Isacco: “Sara adagiò il capo in grembo e divenne come di pietra”. Satana tutto contento se ne va, mentre i servi di Abramo constatano la morte della loro padrona e mandano qualcuno imcontro ad Abramo.

2) Altre tradizioni invece scrivono che Sara, preoccupata dopo molti giorni nel non vedere Abramo e Isacco tornare “mandò i servi a cercarli…un servo tornò e le disse: «mia signora stanno tornando sani e salvi». Nell’udire queste parole Sara fu travolta da una gioia così immensa che la sua anima prese il volo”. Che bello morire così di gioia!

In ogni caso” Abramo venne a fare il lamento per Sara e a piangerla “. Ricorda il biblista Card. Ravasi che i segni del lutto erano: strapparsi le vesti, cingersi di sacco, spargere cenere sul capo, camminare scalzi, portare i capelli sciolti e astenersi dall’uso di profumi. Inoltre non bisognava toccare il defunto perché ti rendeva impuro. Queste erano le usanze nell’antico Oriente oltre a quella di seppellire il morto lo stesso giorno della morte a motivo del clima.

Oggi però cosa devono fare i pii ebrei? Ecco cosa scrive Elia Artom nel libro «La vita di Israele»:  “tra la morte e il seppellimento i congiunti del defunto hanno il divieto di mangiare carne e di bere vino, hanno l’obbligo della Keriah (lacerazione degli abiti) e si recita la berakhah (preghiera – benedizione) della rassegnazione. Dal momento in cui il cadavere è ricoperto di terra comincia il periodo del lutto che dura sette giorni in cui è vietato calzare scarpe di cuoio, lavorare, studiare la Torah, uscire di casa se non per gravi e urgenti necessità, stare seduti nei giorni feriali su sedie o divani. Durante il periodo di lutto è obbligo degli amici e conoscenti visitare chi è in lutto. Nei primi trenta giorni non si tagliano barba e capelli”. Il testo non ricorda l’usanza di coprire gli specchi di casa con un telo nero per sette giorni, consuetudine degli ebrei europei.

Abramo piange disperato, ma Isacco? Il testo sacro non lo nomina, mentre i racconti rabbinici hanno un ricordo molto evocativo per noi cristiani: “Isacco levò ad alta voce il suo grido di dolore «madre mia perché mi hai abbandonato? Non andare via, non lasciarmi!» Poi cadde come morto”.

Il racconto prosegue con Abramo che deve affrontare un problema urgente. “Abramo si staccò dalla salma e parlò agli Ittiti: datemi la proprietà di un sepolcro in mezzo a voi perchè io sono forestiero di passaggio” (23,3-4). Da qui parte una lunga trattativa che occupa tutto il capitolo. Possedere un sepolcro era molto importante per gli orientali in quanto era considerato il luogo del soggiorno definitivo del defunto con i suoi antenati e discendenti. Si pensava che la mancanza di sepoltura costringesse il defunto a vagare senza pace per la terra lontano dalla famiglia a cui non si sarebbe mai ricongiunto. Più avanti nella Bibbia e nell’ebraismo si comincerà a parlare di un aldilà come di una sopravvivenza un po’ spettrale sottoterra in un luogo chiamato sheol, dove i defunti attendono il giorno del giudizio. Dobbiamo aspettare il cristianesimo per trovare l’idea di un oltrevita in gioiosa comunione con Dio e coi fratelli in Cristo.

SI intreccia così una lunga trattativa tipicamente orientale: cortesia, astuzia, complimenti, regali e poi finalmente si arriva al prezzo. Ma andiamo con calma e ordine.

1) Gli Ittiti fanno orecchie da mercante e offrono ad Abramo il loro sepolcro migliore, ma di venderglielo non se ne parla, “la terra è nostra al limite ve lo affittiamo, non è in vendita”.

2) Abramo va al sodo, si inchina, ringrazia, ma allora vuole una grotta particolare di proprietà di un certo Efron e dice che è pronto a pagare secondo il mercato.

3) Efron casualmente è lì e dice ad Abramo che gli vuole regalare grotta e campo… Il furbacchione sa bene che Abramo non può acettare per non perdere dignità, ma soprattutto, se si tratta di un regalo, chiunque potrà chiedergli di usare il suo campo per farci pascolare il bestiame o usare i pozzi d’acqua, perché non sarà mai veramente il padrone di quel pezzo di terra.

4) Abramo insiste per pagare… e qui Efron lo voleva! Mo’ te pago io forestie’!  E spara la cifra di quattrocento sicli d’argento (in ebraico sheqel vuol dire peso ed è ancora oggi il nome della moneta israelitica). Ll siclo equivaleva a 11,5 grammi per cui Abramo scuce circa 4.600 grammi d’argento, una cifra enorme per quei tempi. In conclusione Abramo acquista il primo pezzettino di terra promessa dove seppellirà Sara e dove troveranno riposo tutti i patriarchi.

Torneremo su questo la volta prossima, per ora buona Bibbia!

Enrico de Leon