Puntuale all’inizio della scuola è arrivata anche il dibattito sui cellulari in classe, come un tempo si discuteva sul peso degli zainetti. Ricordate?
Quest’anno c’è tanto di circolare del Ministro dell’Istruzione e del Merito che ha confermato il divieto (risalente al 2007) di utilizzare il telefonino durante le lezioni, trattandosi di un elemento di distrazione propria e altrui.
“L’interesse delle studentesse e degli studenti, che noi dobbiamo tutelare, è stare in classe per imparare – ha detto il Ministro Giuseppe Valditara -. Distrarsi con i cellulari non permette di seguire le lezioni in modo proficuo ed è inoltre una mancanza di rispetto verso la figura del docente, a cui è prioritario restituire autorevolezza. Con la circolare, non introduciamo sanzioni disciplinari, ci richiamiamo al senso di responsabilità. Invitiamo peraltro le scuole a garantire il rispetto delle norme in vigore e a promuovere, se necessario, più stringenti integrazioni dei regolamenti e dei Patti di corresponsabilità educativa, per impedire nei fatti l’utilizzo improprio di questi dispositivi. L’utilizzo dei cellulari e di altri dispositivi elettronici – ha poi chiarito il Ministro - può essere ovviamente consentito, su autorizzazione del docente, e in conformità con i regolamenti di istituto, per finalità didattiche, inclusive e formative, anche nell’ambito degli obiettivi del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) e della “cittadinanza digitale”.
Divieto o no, la questione è comunque ben più ampia e coinvolge la sfera educativa e formativa nel suo complesso. Una recente indagine conoscitiva del Senato, che ha ispirato la circolare ministeriale, ha evidenziato i rischi per la salute e gli effetti dannosi che l’uso senza criterio dei dispositivi elettronici può avere su concentrazione, memoria, spirito critico dei ragazzi.
Alle stesse conclusioni è arrivato il recente Congresso nazionale della Sinpia (Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza): un’esposizione giornaliera e prolungata ad apparecchiature video, come smartphone, tablet, computer e televisione, è correlata nei bambini in età prescolare con una riduzione delle capacità linguistiche espressive e di letto-scrittura causando un ritardo nella maturazione dei circuiti neurali coinvolti nel linguaggio, riducendo, inoltre, la flessibilità cognitiva e la creatività. Particolarmente dannosa è “l’esposizione allo smartphone, sia per la sua ampia diffusione, sia perché lo smartphone attiva più di altre apparecchiature le vie dopaminergiche mesolimbiche, ossia i circuiti neurali ‘del piacere’, producendo attaccamento compulsivo da parte del bambino, aumentando l’impulsività e generando reazioni di rabbia anche intensa quando il genitore cerca di porre termine all’uso dello smartphone da parte del bambino”. Alcuni esperti si spingono ad affermare che “la flessione del quoziente intellettivo e delle capacità linguistiche registrata per la prima volta dal dopoguerra in quest’ultima generazione, possa almeno in parte essere ascritta a questo meccanismo”.
DICIAMO BASTA
È drastica la proposta Alberto Pellai, autorevole psicoterapeuta, e Daniele Novara, illustre pedagogista, per vietare del tutto lo smartphone fino a 14 anni e i social fino a 16 anni: “chiediamo al Governo italiano di impegnarsi per far sì che nessuno dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze possa possedere uno smartphone personale prima dei 14 anni e che non si possa avere un profilo sui social media prima dei 16. Aiutiamo le nuove generazioni”. L’appello è stato sottoscritto da un folto gruppo di medici, scienziati, docenti e personalità della cultura, mentre alcuni Paesi, come Australia, Gran Bretagna e Francia si accingono a legiferare in merito con misure restrittive che vanno nella stessa direzione. Non una presa di posizione anti-tecnologica – come hanno sottolineato i firmatari - ma “l'accoglimento di ciò che le neuroscienze hanno ormai dimostrato: ci sono aree del cervello, fondamentali per l’apprendimento cognitivo, che non si sviluppano pienamente se il minore porta nel digitale attività ed esperienze che dovrebbe invece vivere nel mondo reale”.
In Italia qualche mese fa due parlamentari di schieramento opposto (Lavinia Mennuni FdI e Marianna Madia PD) hanno presentato una proposta di legge per limitare l'accesso ai social al di sotto dei 15 anni senza il consenso dei genitori.
Basterà vietare per porre un argine alla dipendenza da smartphone e social tra i giovanissimi, assimilabili a “sostanze dannose” come alcool e tabacco?
Il puro e semplice divieto da solo non è certo sufficiente, perché ai bambini e ai ragazzi, a mano a mano che crescono, è necessario dare spiegazioni, chiarire, informare, in poche parole serve educare all’utilizzo di questi strumenti.
R.E.