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Dom, Dic
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Chi vuol vivere per sempre?

Società e cultura
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- di don Riccardo Robella -
“Who wants to live forever?”,
così cantavano i Queen trent’anni fa in un celeberrimo brano che faceva da colonna ...
sonora al film Highlander.
Si parlava di un uomo appartenente ad una razza di uomini immortali che si battevano tra di loro per la conquista del premio finale all’urlo di “ne resterà uno solo”...vivere per sempre era considerato una sorta di maledizione.
Il protagonista, attraversando 500 anni di storia, vede invecchiare e morire l’amata moglie e tanti amici, ma soprattutto l’immortalità veniva dalla violenza e dall’uccisione dei propri simili. Di qui la domanda della canzone, “chi vuole vivere per sempre?”.

Certo, ognuno di noi spera di prolungare i propri giorni sulla terra, ma a quale scopo?

Tentiamo d’ingannare la morte in tutti i modi possibili, cercando di prolungare la giovinezza (ormai non si ha più il diritto di essere e comportarsi da anziani neanche ad 80 anni!), di andare oltre i nostri limiti biologici (ma é proprio tutto lecito?), di dire che ogni nostro desiderio, proprio perché ci appartiene, è un diritto, e quindi deve venir soddisfatto.

Abbiamo la possibilità, nel tempo che ci é dato, di vivere almeno 2 o 3 vite (salvo poi sciupare tempo in maniera dissennata), di fare esperienze, di portare in noi una parte di mondo che mai i nostri nonni avrebbero potuto immaginare, eppure non ci basta ancora. Se spegniamo la TV, lasciando da parte le enormi sciocchezze proposte da giochi a premi o reality fatti di gente che litiga e discute sul nulla più totale, e accendiamo il cervello, scopriamo che neanche questo ci basta. Le vite potrebbero essere 10 o 15, ma l’idea che tutto debba terminare ci turba, e quindi é meglio non pensarci, che quando arriva arriva!

“Chi vuol vivere per sempre?” Tutti, ciascuno di noi vuol vivere per sempre, e sarebbe disposto, come gli immortali del film a far qualunque cosa, pur di garantirsi un giorno, un’ora in più.

E allora? Allora, o partiamo dalla nostra condizione, con la certezza di essere sconfitti, oppure rivolgiamo lo sguardo al di fuori di noi, cominciando a non considerarci più animali voraci che devono portarsi dentro e consumare, ma come esseri che si mettono nelle condizioni di ricevere. Non siamo venuti al mondo di nostra spontanea volontà, né lo lasceremo perché lo vogliamo. Siamo frutto di un atto d’amore che ci ha preceduti, attesi, amati, custoditi, cresciuti, e ciò che é avvenuto all’inizio avverrà anche alla fine.

Abbiamo un Dio che ha preso il momento più terribile della nostra vita per renderlo il più solenne. Già, ma com’è possibile? Attraverso una sostituzione: in Gesù, Dio é passato dall’immortalità ottenuta mediante l’odio (il togliere a qualcuno per avere io) a quella ottenuta attraverso il dono (ti regalo la mia vita perché tu l’abbia per sempre). È la logica della Pasqua: in Gesù, Dio ha donato se stesso per noi, accettando il rifiuto e la morte. E’ passato attraverso quella fase che noi crediamo essere l’annichilamento del nostro essere. Uscendo risorto dal sepolcro il Cristo ci ha mostrato come, attraverso Lui, la morte non ha l’ultima parola sulla vita, e soprattutto ci ha fatto capire che l’uomo non può essere ridotto alla sola stregua della sua esistenza fisica, ma deve essere pensato nella sua totalità, come spirito incarnato aperto all’eternità e chiamato a vivere la vita stessa di Dio.

“Chi vuole vivere per sempre?” allora non suonerà più come la condanna a dover ripetere per sempre le stesse cose o il sogno irrealizzato di chi si scontra suo malgrado con la sua fine, ma la domanda che ci apre ad una risposta: “Io voglio vivere per sempre, alla maniera di Gesù Risorto!”

Don Riccardo Robella

Parroco SS. Trinità