Medico di mezza città a partire da metà degli anni ‘60, è entrato nella storia di tantissime famiglie,
Sindaco per due mandati, attore, esponente di spicco del Volontariato dove continua ad essere presente anche da ultraottantenne, uomo con due patrie nei Comuni nella prima cintura di Torino, Nichelino e Moncalieri.
A Pier Bartolo Piovano è venuta voglia di raccontarla la sua vita e così ha deciso di scrivere un libro che si intitola per l’appunto “Una vita”.
“Di recente alcuni amici mi hanno sollecitato a riportare i miei ricordi che si intrecciano con la storia di Nichelino e di Moncalieri, dove ho lavorato e vissuto.
Certo che ho il desiderio, il sogno di lasciare ai posteri, ai miei parenti ed amici, un messaggio, un ricordo. Iniziando a fare questo lavoro, mi è sembrato di rivedere un documentario, di rileggere come in un libro gli eventi del passato, rielaborandoli e reinterpretandoli, pieni di vividi particolari, perché andando a rivedere queste storie antiche, la memoria si riaccende.
Ho conosciuto molte persone, ho visto le loro difficoltà, ho incontrato eventi di vita e di morte, sono stato un “umile operaio” nella vita culturale e sociale e spero di aver lasciato qualche traccia positiva”.
I primi capitoli raccontano Pier Bartolo bambino, nato a Vigo di Fassa nel “lontano” 7 luglio 1938
“Mi fa piacere, con un certo orgoglio, sottolineare che sono nato sì sulle Dolomiti, però in una caserma dei Carabinieri, perché mio padre era Maresciallo e comandava la Stazione dei Carabinieri proprio di Vigo di Fassa.
Nella prima parte del libro racconto gli anni della guerra, non era un periodo facile, ho vissuto i bombardamenti, non li ho visiti solo in televisione. Son cresciuto mangiando patate e ho visto scene come quelle che si vedono nei film, la fuga nel rifugio, i camion con soldati, armi, munizioni e molte altre cose.”
Tante cose che leggiamo sui libri le hai vissute “dal vivo”, ad esempio l’immediato dopoguerra e le prime elezioni dell’Italia repubblicana
“Ho ancora in mente le due tipologie di manifesti elettorali, uno con Garibaldi, col poncho e col famoso berretto, usato per la propaganda comunista e poi c’era il classico manifesto della Democrazia Cristiana, con lo scudo crociato e il fondo azzurro, e la scritta che nella cabina elettorale “Dio ti vede!”.
Terminata la guerra siamo rimasti ancora un poco in Trentino-Alto Adige, ed abbiamo seguito i trasferimenti di mio padre perché con lui si spostava tutta la famiglia. Lì ho finito le elementari e fatto un pezzo di scuole medie, poi ci siamo trasferiti a Torino. Qui ho vissuto la mia adolescenza, ho fatto attività sportiva, le mie prime esperienze teatrali”.
Come hai scelto di diventare medico?
“Finita la scuola nel ’57, dovevo scegliere cosa fare del mio futuro. Mi sarebbe piaciuto fare il regista teatrale o l’attore, iscrivendomi a Roma all’Accademia di Arte drammatica “Silvio D’Amico”, ma bisognava spostarsi e la mia famiglia non era molto benestante, soprattutto quando mio papà andò in congedo non aveva una grande pensione.. L’altra opzione era l’archeologia, perché mi ha sempre interessato molto il mondo antico. La terza opzione era la Facoltà di Medicina, che veniva ritenuta anche dai miei una decisione adatta ad una famiglia della piccola borghesia quale eravamo per cui, quando ho fatto questa scelta, i miei genitori erano molto contenti. Di certo, libri e scuola costavano molto, ma son riuscito a barcamenarmi tra borse di studio e altro.
La data del conferimento della mia laurea fu quella del 21 luglio 1963, proprio quest’anno ricorre il 60° dalla mia prima laurea. Alla discussione della tesi mi presentai da solo. Non ero rimasto improvvisamente orfano, se vogliamo fare una battuta. Tuttavia restava il fatto che non avessi detto nulla dell’evento ai miei genitori, volevo far loro una sorpresa.
Come medico ho iniziato a fare sostituzioni, coprendo colleghi non solo per un turno, ma in occasione di più turni, in coincidenza con le feste comandate. E così mi sentivo sempre chiedere: “Piovano, mi sostituisci?”. Non ricordo bene se mi davano venticinque lire l’ora e comunque piccole cifre. I colleghi non potevano che vedermi di buon occhio, perché svolgendo i turni al posto loro li sgravavo dal lavorare durante le varie festività”.
Poi il periodo di professione medica (mutualistica e privata) presso l’ambulatorio di via Juvarra, dal 1968 sino al 2016…
“Sì, ho svolto la mia attività di medico soprattutto a Nichelino. Quando nel 2016 ho tirato giù per l’ultima volta la serranda dello studio sono stato travolto da messaggi di ringraziamento da parte di tantissime persone che ancora oggi mi salutano con piacere quando mi incontrano. Una grande esperienza, nella quale mi è stata anche utile la seconda laurea in psicologia, perché tutti noi siamo mente e corpo e i due aspetti viaggiano insieme”.
Altra esperienza fondamentale della tua vita quella da sindaco, eletto in due legislature, sempre al primo turno con maggioranze bulgare…
“Ho ancora a casa inquadrato il manifesto della campagna elettorale che ricordo con piacere. Lo slogan era “SE CI SEI CI SIAMO”, attorno a me una serie di volti di persone comuni. Ricordo la biciclettata dei ragazzi, quasi un centinaio, che indossavano la maglietta “Vota Piovano Sindaco”. A dire il vero ero un po’ indeciso se accettare o meno, poi ho deciso per il sì. Come in ogni esperienza di vita il bello e il brutto tempo si sono avvicendati. Ci sono state l’alluvione del Sangone, l’esplosione alla fabbrica chimica LIRI, la grana del censimento immobiliare, ma anche Nichelino che è diventata città, l’incontro con il Presidente della Repubblica, Giochi senza frontiere a Stupinigi e soprattutto la rinascita del Teatro Superga, la costruzione della nuova piscina Comunale e della nuova sede ASL, l’incontro con il Papa.
C’è poi il Pier Bartolo volontario che ancora ora è impegnato nella vita associativa, nelle lezioni Unitre che hai voluto fortemente 34 anni fa. Altrettanto possiamo dire della tua attività nella Croce Rossa locale, dove tutt’ora mantieni l’incarico di Responsabile sanitario.
Personalmente, tra le lezioni di Medicina e soprattutto quelle del corso di Psicologia, penso di aver fatto più di 400 lezioni all’Unitre. Ho imparato che il Volontariato non è soltanto quello delle grandi imprese, dei grandi eventi, delle grandi idee, ma ci sono anche delle forme molto più banali, molto più semplici, come quello di andare a trovare i vicini di casa anziani quanto me, di andare a bussare alla porta, il volontariato parrocchiale. Si spende tempo e qualche volta si trascura anche un po’ la famiglia, ma dal punto di vista psicologico tutto rientra come gratificazione personale, contenti di aver dato un servizio a un’associazione, a una città, a un Ente. ma soprattutto alle persone.
Una cosa fondamentale che mi sento di trasmettere è l’importanza di relazionarsi con la gente. Si dà e si riceve e questa è la grande funzione che ha la persona umana”.
Dove si può trovare il libro?
“Per chi ha piacere di leggerlo si può trovare su Amazon. È la storia della mia vita, forse sarebbe più esatto dire “tante storie”, in tempi diversi, che narrano eventi, accadimenti, avventure e disavventure, ma anche sogni e fantasie. Sono il pprotagonista, ma lo sono anche, in ultima analisi, i luoghi che mi hanno visto, per così dire, almeno nei tempi più recenti, nel ruolo di attore. Centinaia di persone con cui ho condiviso, empaticamente, gioie e speranza, dolori e sofferenze fisiche, disagi psicologici, ma anche momenti socio/culturali di rilievo. Ed ho fatto tutto ciò da semplice, comune ed umile cittadino, ma anche come “cittadino di servizio” nella cosa pubblica.
Paolo Colombo