Questa volta il viaggio virtuale è molto breve e vicino a noi, in Liguria, ad Altare, un paese di circa duemila abitanti nell’alta Val Bormida,
nell’entroterra savonese, famoso soprattutto per la lavorazione del vetro. Il protagonista della curiosa storia è monsignor Giuseppe Giovanni Bertolotti, che qui svolse la sua attività di parroco dal 1869 al 1931. Dopo un periodo iniziale trascorso a Serole, in provincia di Asti, assunse l’incarico di parroco presso la chiesa di Sant’Eugenio ad Altare a cui legò indissolubilmente il proprio nome. Cominciò a farsi conoscere per la sua attività di saggista con la pubblicazione di diverse opere a carattere religioso, ma le cose cominciarono a cambiare intorno al 1875, quando iniziò a spendere somme ingenti per la ristrutturazione e l’ampliamento degli edifici parrocchiali. A questo primo investimento ne seguirono presto altri: per ciascuna delle sue sorelle, Enrichetta e Rosalia, fece edificare, tra il 1901 e il 1906, due lussuose ville, Villa Agar e Villa Rosa. Queste costruzioni, poste una di fronte all’altra, sono ancora oggi visibili e hanno assunto diverse destinazioni: la prima è diventata a partire dagli anni ‘90 sede di una casa di riposo, mentre la seconda ospita il Museo del Vetro. Ad una terza sorella, Cesarina, regalò un palazzo storico nel pieno centro del paese. Monsignor Bertolotti non si limitò solo a sistemare i familiari: sempre attingendo a questa ricchezza quasi favolosa, comprò vari immobili, elargì numerosi contributi ad enti caritatevoli ed istituti religiosi e fece costruire due asili, uno ad Altare e l’altro nella vicina Cairo Montenotte.
Sempre in quegli anni finanziò la realizzazione di un centro meteorologico e sismico,. Grazie alle frequentazioni con importanti personalità dell’epoca, ricevette prestigiose onorificenze, sia civili che ecclesiastiche. Pio X lo nominò addirittura cardinale vicario della basilica di San Giovanni in Laterano, a Roma, carica che monsignor Bertolotti incredibilmente rifiutò, preferendo rimanere a fare il parroco nella piccola cittadina ligure vicino al suo ingente patrimonio di cui rimane ancora irrisolta la questione della provenienza. Alla sua morte, infatti, l’enorme flusso di denaro che era giunto nel paese si fermò di colpo, così come i versamenti per beneficenza e per mecenatismo. Tra i finanziatori, che lo avrebbero aiutato nel corso degli anni, la più celebre sarebbe stata Maria Brignole Sale, duchessa di Galliera, filantropa e moglie del marchese Raffaele De Ferrari, banchiere e mecenate. La duchessa lo avrebbe finanziato in segno di riconoscenza, dopo che il parroco l’aveva aiutata a recuperare una parte del patrimonio sottrattole da un amministratore infedele.
Tutto ciò appare plausibile, ma, data l’entità delle somme in ballo, non basta a spiegare completamente la vicenda. Così ecco emergere un’altra tesi, che puntualmente viene a galla in altri casi simili (come la più celebre vicenda di Bérenger Saunière, parroco francese di Rennes le Chatêau) e cioè la scoperta di un tesoro templare che il Bertolotti avrebbe trovato, non si sa bene come e dove, e che avrebbe utilizzato per i suoi scopi filantropici. Questa teoria si basa su alcuni elementi iconografici presenti nelle edificazioni volute dal Bertolotti, come ad esempio la Via Crucis al contrario (caratteristica presente in alcune chiese dell’ordine monastico-cavalleresco) e alcune vetrate di Villa Rosa, dove sono curiosamente rappresentati alcuni cavalieri medievali, probabilmente proprio templari. Mancano tuttavia prove documentali e il mistero rimane lasciando aperte le ipotesi più fantasiose.
Giuseppe Odetto